Il Pd chiede di tagliare i fondi destinati a Radio Radicale. Se ne discute in queste ore nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera, dove domani inizierà il voto sugli emendamenti al decreto milleproroghe. Legittima presa di posizione o vendetta politica? Il dubbio a qualcuno è venuto. Anche considerando che non più tardi di cinque giorni fa a Montecitorio si è consumato l’ennesimo strappo tra il Pd e i deputati pannelliani.
Giovedì scorso il voto contrario dei sei radicali ha salvato dall’arresto il deputato Pdl Nicola Cosentino. Tanto è bastato per scatenare la furia di tanti parlamentari Pd, nel cui gruppo sono iscritti gli uomini di Pannella. «I radicali sono stati scorretti, per l’ennesima volta» ha tuonato il presidente democrat Rosy Bindi (che in passato li aveva meno formalmente definiti “stronzi”). «Il Pd? – la risposta di Marco Pannella, la stessa sera – Ci considerino come gli pare. Il problema è tutto loro, sono dei poverini e contano sempre meno». Lo scontro tra i due partiti non è cosa recente. Risale almeno allo scorso 14 ottobre. Quando i sei pannelliani – quel giorno erano cinque – parteciparono al voto di fiducia sul governo Berlusconi, nonostante i partiti di opposizione avessero deciso di disertare l’aula per far mancare il numero legale.
Oggi, secondo alcuni, si compie la vendetta dei democrat. Il pretesto è offerto dall’articolo 28 del decreto milleproroghe, licenziato dal governo Monti prima di Natale. Dove l’esecutivo autorizza la spesa di 7 milioni di euro per prorogare fino alla fine del 2012 la convenzione tra il ministero dello Sviluppo economico e il Centro di produzione s.p.a., titolare dell’emittente Radio Radicale, per la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari. Sette milioni che si aggiungono ai 3 milioni già stanziati dalla legge di stabilità 2012.
Tra gli oltre 800 emendamenti presentati – oggi le commissioni ne hanno dichiarati inammissibili quasi cinquecento – alcuni chiedono di rivedere gli accordi con Radio radicale. È il caso del 28.12, presentato dal deputato Pd Roberto Zaccaria. Una proposta di modifica per affidare il servizio di trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari solo in seguito a una gara pubblica. Il cui bando dovrà essere pubblicato entro il prossimo 31 marzo.
Insomma, stop al monopolio di Radio radicale. Nonostante la scorsa settimana il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo avesse difeso la convenzione. «Io sono in conflitto di interessi – aveva spiegato alla Camera – perché ogni mattina ascolto la rassegna stampa di Radio radicale, che mi consente di guadagnare tempo sul lavoro. Ma a parte questo la gara è un mito. Radio radicale fa un servizio che funziona bene e costa poco. Qual è il problema?».
Intercettato all’uscita della commissione Zaccaria respinge con decisione le insinuazioni. «Il mio un emendamento presentato come conseguenza del voto radicale su Cosentino? Assolutamente no – alza la voce – Il mio emendamento nasce qualche giorno prima. Non ci crede? Lo chieda pure a Beltrandi (Marco, uno dei sei deputati radicali, ndr) che mi ha già telefonato per chiarire questa storia. L’ho spiegato anche a lui».
Nessuna obiezione. Anzi, l’emendamento Pd solleva un tema legittimo. «Certo, la tempistica è singolare» racconta il radicale Maurizio Turco, anche lui appena uscito dalla commissione Affari costituzionali. «Specie considerando il fatto che fino ad oggi non era mai stato presentato un emendamento del genere». Turco non accusa nessuno, o quasi: «Io malizioso? Non direi proprio. Mi limito a guardare le carte».