No soldi, no commissione. Così si ferma la Vigilanza Rai

No soldi, no commissione. Così si ferma la Vigilanza Rai

La commissione parlamentare di Vigilanza Rai ha sospeso i lavori. Da tre mesi. Ma non se n’è accorto quasi nessuno. A sollevare la questione è il deputato radicale Marco Beltrandi, che da lunedì scorso è in sciopero della fame per protesta. «La bicamerale di cui faccio parte – si lamenta – ha smesso di funzionare a ottobre. Una cosa inaccettabile».

L’assemblea guidata da Sergio Zavoli non è in sciopero, sia chiaro. Piuttosto paga l’ultima stretta agli stipendi dei parlamentari. Lo scorso autunno l’ufficio di Presidenza di Montecitorio ha approvato un nuovo meccanismo per calcolare le buste paga dei deputati. Introducendo una trattenuta sulla diaria di chi non partecipa ai lavori in commissione. Un taglio da 300 a 500 euro, calcolato in base al numero di assenze. I questori hanno deciso di monitorare le giunte, le commissioni permanenti, il comitato per la legislazione. Ma si sono dimenticati di estendere la procedura anche alle commissioni bicamerali.

Le conseguenze sono paradossali. «Poiché le assenze in commissione di vigilanza non vengono conteggiate – continua Beltrandi – qui non viene più nessuno». Il motivo è chiaro. «La vigilanza Rai – spiega il segretario della bicamerale Enzo Carra – si riunisce quasi sempre negli stessi orari delle altre commissioni». Di solito alle prime ore del pomeriggio. Costretti a scegliere, i parlamentari preferiscono partecipare ai lavori delle altre assemblee cui sono iscritti. L’unico modo per evitare riduzioni allo stipendio.

«Da noi funziona così – continua Beltrandi – all’inizio di ogni seduta si raccolgono le firme dei presenti. Se non si raggiunge il numero legale, i lavori non possono avere inizio». Il risultato? «Dopo qualche tempo Zavoli ha smesso di convocare la commissione, ha capito che il numero legale non sarebbe mai stato raggiunto». Il presidente della bicamerale ha provato a scrivere agli uffici di Presidenza di Montecitorio per risolvere il problema. Con lui anche qualche esponente della commissione. La richiesta è semplice: per garantire il regolare svolgimento delle sedute basterebbe equiparare la Vigilanza Rai alle altre commissioni, almeno per il conteggio delle assenze. Oppure, come propone il capogruppo Udc in commissione Roberto Rao, che ha già avanzato il suo progetto ai presidenti di Camera e Senato, sarebbe sufficiente «convocare le bicamerali in orari anche scomodi, ma mai in contemporanea con le altre commissioni». «Di fatto – ammette Carra – è un problema reale, che ad oggi non è stato ancora risolto».

Intanto la Vigilanza Rai è bloccata. «Dal 26 ottobre – racconta Beltrandi – la commissione ha smesso di riunirsi». Stando agli ordini del giorno pubblicati dal sito del Parlamento si scopre qualche eccezione. La scorsa settimana, ad esempio, c’è stata l’audizione del presidente Rai Paolo Garimberti e del direttore generale Lorenza Lei. Poi quasi nulla. Tra ieri e oggi sono previste due audizioni informali ad alcuni rappresentanti sindacali dell’azienda di Viale Mazzini. Appuntamenti per pochi intimi: sono ammessi ai lavori solo i componenti dell’ufficio di Presidenza e i rappresentanti dei gruppi. «È l’unica cosa che si può fare – spiega Beltrandi – perché per le audizioni non serve raggiungere il numero legale».

Qualcuno non è d’accordo. «Se la vigilanza Rai non lavora più – racconta uno dei parlamentari della Vigilanza – il motivo è solo politico. Per mesi c’è stato un lungo braccio di ferro tra la vecchia maggioranza e l’opposizione per un documento sul pluralismo dell’informazione. Ma oggi le ragioni di quel confronto sono venute meno». Miracoli del governo tecnico. Archiviato l’esecutivo Berlusconi (ma anche i “casi” televisivi di Augusto Minzolini, Serena Dandini e Michele Santoro) in commissione non c’è più molto su cui confrontarsi. «Credo che il punto sia la qualità della discussione – continua il parlamentare – Se Zavoli ci facesse votare su questioni importanti l’aula sarebbe sempre piena».  

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