«Cosa pensa, che la nostra sia una città sfigata?». Avvicinato in Transatlantico il parlamentare genovese si stupisce. Ci pensa, dopo un attimo corregge il tiro: «Non scherziamo, secondo me è solo una coincidenza». Sarà. Eppure le amministrative del capoluogo ligure stanno mettendo in grande difficoltà sia il Pd che il Pdl. I due principali partiti italiani. Qualche settimana fa alle primarie del centrosinistra i democrat hanno presentato due candidate. E si sono visti superare dall’unico rappresentante di Sel. ll Pdl ha il problema opposto, non riesce a trovare un aspirante sindaco. L’ultimo ha fatto marcia indietro solo ieri: secondo i bene informati sarebbe il sesto.
Chi non ha candidati e chi ne ha troppi. Ma liquidare la vicenda genovese con una questione numerica forse non è sufficiente. Sotto la Lanterna sono andati in crisi i partiti tradizionali. E chissà che il nuovo corso politico inaugurato dal governo Monti non sia del tutto estraneo alla faccenda.
Archiviate le difficoltà del Partito democratico, oggi è il giorno dei mal di pancia pidiellini. La rinuncia del manager Giancarlo Vinacci ha scatenato le polemiche nel centrodestra ligure. «Una situazione imbarazzante» raccontano i berlusconiani genovesi. A complicare la vicenda c’è un giallo. Secondo le indiscrezioni che girano in città, Vinacci aveva già anticipato il suo passo indietro qualche giorno fa. Un rifiuto motivato in una lettera che i vertici del Pdl genovese avrebbero deciso di tenere segreta.
Tra i pidiellini qualcuno già si rode. «Con il Pd fuori dai giochi, forse questa era la volta buona…». Sì, perché la corsa del vendoliano Marco Doria, a sentire loro, darebbe qualche possibilità di vittoria in più all’area moderata. Anche per questo nel Pdl genovese vogliono candidare un esponente della società civile. «Perlomeno uno che non abbia mai fatto politica. Un nome nuovo. È la scelta giusta per battere la sinistra». Intanto le defezioni cominciano ad accumularsi. Quella di Vinacci è la più recente. Prima di lui si erano già sfilati l’ad del Genoa Alessandro Zarbano («ma lui non è mai stato troppo convinto dell’ipotesi» racconta chi lo conosce) e il numero uno dell’Acquario Giuseppe Costa. Solo per fare due nomi. «Il problema – ammette un parlamentare ligure – è che la borghesia genovese non ha voglia di esporsi». E così qualcuno se la prende anche con la città. «Città comunista – continua il parlamentare – in cui il Pdl ha sempre avuto difficoltà».
C’è chi scommette che alla fine a metterci la faccia possa essere Sandro Biasotti. Deputato genovese e già presidente della Regione. L’uomo – insieme al senatore Luigi Grillo – dietro alla candidatura di Giancarlo Vinacci. «Lui giura di no – racconta un collega – ma sono sicuro che in assenza di alternative, all’ultimo momento potrebbe prendere seriamente in considerazione l’ipotesi di candidarsi». L’altra strada porta a Pierluigi Vinai, il vicepresidente della fondazione Carige e segretario dell’Anci ligure. Il suo nome era già uscito nei giorni scorsi. Sponsorizzato, dicono, dall’ex ministro Claudio Scajola. Intanto il tempo stringe. A due mesi dal voto il Pdl si ritrova senza un candidato sindaco, come a Palermo. Una situazione delicata, tanto che poche ore fa Silvio Berlusconi ha convocato a Palazzo Grazioli lo stato maggiore del Pdl. Per fare il punto anche sulle prossime amministrative.
E così a Genova si inizia a ragionare sulle possibili alleanze. Difficile convergere sul senatore Enrico Musso. Eletto con il Pdl, da due anni ha lasciato il gruppo del Cavaliere. Alle amministrative del capoluogo ligure sarà sostenuto dall’Udc. Poi c’è il candidato de La Destra, Susy De Martini. Già pidiellina, da qualche tempo sta provando a convincere l’elettorato moderato: «La candidata di centrodestra sono io». Il rischio è che i suoi appelli finiscano per sfaldare un fronte già esiguo. Resta la Lega. Il candidato padano è il capogruppo in Consiglio regionale Edoardo Rixi. Ufficialmente tra i due partiti non c’è stato alcun contatto. Ma dal Pdl ligure qualcuno ammette: «Stiamo tentando di capire se è possibile convergere su di lui». L’alleanza con il Carroccio non era finita? «Rixi è un ragazzo preparato e ragionevole – spiegano – in tempi non sospetti avevamo già ragionato sulla sua nomina come candidato unitario».