«Mi sento amareggiata perché non sono stata capita e perché le mie parole sono state decontestualizzate: non intendevano offendere nessuno. Ho solo raccontato la mia esperienza personale, che è simile a quella di molte ballerine. Non avrei mai pensato che potesse essere visto il male in questo, al contrario ho sempre creduto che informare e informarsi sia l’inizio di una guarigione importante». Eccola, Mariafrancesca Garritano in arte Marygarret.
Fino a pochi giorni era ballerina solista alla Scala di Milano, assunta a tempo indeterminato. Poi, all’improvviso, è arrivato il licenziamento “per giusta causa” con l’accusa di «lesione dell’immagine del Teatro e della sua Scuola di Ballo», spiega un comunicato del Piermarini. La lesione deriva da «dichiarazioni pubbliche da lei rilasciate ripetutamente in un ampio arco di tempo», a loro volta riguardanti il rischio anoressia che infesta il mondo della danza. Doveroso fare un piccolo passo indietro: nel 2010 Mariafrancesca ha pubblicato un libro, La verità, vi prego, sulla danza!, disegnando un quadro fatto di diete assurde (un frutto e uno yogurt in 24 ore), cicli mestruali scomparsi, «storie di corruzione, minacce e compromessi per un posto sul palco», finte immagini che occultano profondi disagi.
Mariafrancesca Garritano ha messo in piazza il proprio vissuto spinta dal «desiderio di riflettere su molti aspetti della danza e della vita del ballerino, che spesso non sono affrontati come dovrebbero e sui quali non sempre ci si sofferma, forse perché incantati dall’aspetto esteriore di questo mondo». Non sono state quelle pagine a provocare il licenziamento. No, la terribile punizione è scaturita da interviste successive, in particolare quella all’Observer (fatta lo scorso dicembre), in cui la 33enne calabrese ha rafforzato l’allarme. Sul giornale in questione è apparso il titolo “una danzatrice della Scala su cinque soffre di disturbi alimentari”. D’effetto, sì, ma lei assicura che non corrisponde con esattezza a una sua frase. Insomma, la parola “Scala” non sarebbe stata collocata proprio là. Il passaparola ha comunque varcato i confini. I datori di lavoro di Mariafrancesca l’hanno presa malissimo, ritenendo che «il necessario rapporto fiduciario» fosse ormai spezzato e decidendo di allontanarla. Così la solista, che nell’arco della carriera ha collezionato successi e prestigiosi traguardi a livello internazionale, si è ritrovata senza posto.
Si aspettava delle reazioni, «perché non sempre è facile comprendere quanto articolato sia il discorso sui disturbi alimentari e a quali conseguenze possano portare»; però non immaginava che si arrivasse a tanto. La questione è affidata agli avvocati, lei non si ferma: «Sono socio onorario dell’associazione Mi nutro di vita, che fa prevenzione e informazione sui disturbi alimentari. Il 15 marzo a Genova ci sarà la prima Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata appunto ai disturbi alimentari». Intanto piovono attestati di solidarietà: «È incredibile, mi rendo conto ogni giorno di più che questa solidarietà è sincera perché spontanea. Ed è per tutte queste persone che vado avanti».
Fra coloro che le si stringono intorno, però, il numero delle colleghe è piuttosto ridotto. Così come è ridotto il numero di ballerine che confermano la sua denuncia sociale. Alla Scala, la negazione è imperante. E se si prova ad allargare il raggio d’azione, cercando testimonianze, il risultato non cambia: «Ti sembrerà strano – giura Francesca, sulle punte da molti anni – ma non ho mai visto nessuna ballerina con questi problemi, neanche quando studiavo all’Accademia nazionale (a Roma, ndr). Forse succede a chi lavora ad altissimi livelli, nei teatri…». «Non voglio parlare di queste cose», tronca Lucia, oggi insegnante in Calabria. Ma il suo nervosismo lascia perplessi.
Le difese, invece, si abbassano fra chi non deve più andare in scena. Allora la Garritano smette di essere solo una che cerca pubblicità o che ha generalizzato un problema personale. Allora la Garritano diventa una voce da avvalorare: «Quello della danza classica è un universo complesso, che può scatenare brutti meccanismi mentali», dice Benedicta Boccoli, showgirl e attrice teatrale. “Io ho iniziato a studiare a sette anni e ho ballato a lungo. La mia struttura mi ha aiutato, non ho mai avuto forme eccessive. Le ballerine devono essere esili, leggere, e questo è innegabile. Spesso, però, invece di plasmare il fisico con un’alimentazione corretta, tendono a perdere l’equilibrio. È successo anche a me: facevo colazione, poi nel resto della giornata mandavo giù una mela e uno yogurt. Oppure prendevo due compresse di vitamine a pranzo e una fettina di carne con insalata a cena. E mi allenavo anche per otto ore di fila. Tutto questo è pericolosissimo, mi sono sentita male più di una volta. Le ballerine dovrebbero essere seguite da staff di specialisti, proprio come avviene nel calcio».
«Se non ti spiace, vorrei evitare di dire il mio nome», esordisce un’ex allieva della scuola del Balletto di Roma che chiameremo Silvia. Oggi fa un mestiere completamente diverso, «ma mi sono diplomata lì e poi ho lavorato come assistente per diversi anni». Concorda sul fatto che la ballerina ha l’obbligo di mantenere una «determinata connotazione fisica e articolare. Insomma, c’è una magrezza standard da rispettare»; ma questo dictat pesa molto in un’età delicata come quella dell’adolescenza, e come se non bastasse «l’ambiente della danza è popolato da primedonne. Anche nelle scuole, la vocazione principale è quella di emergere. Diventare la più brava, la preferita dall’insegnante, essere perfetta. La competizione è altissima, inizia negli spogliatoi e crea una pressione continua». Facile, dunque, «che si costruisca un rapporto deviato col cibo. Perché ti dicono che devi essere magra, sì, ma nessuno t’insegna a mangiare». Poi Silvia ammette: «Mi sono ritrovata in tutto ciò che ha detto Mariafrancesca. Nonostante sia sempre stata una persona tranquilla e gioiosa, anche io ho rischiato molto. Sono arrivata a non mangiare e non bere per due giorni di fila, era l’adrenalina a tenermi in piedi. Purtroppo, simili comportamenti ti restano addosso anche quando smetti di ballare. È solo da un paio d’anni che ho imparato ad alimentarmi nel modo giusto».
Elena Delmastro, ballerina e insegnante di danza classica accademica diplomata al Teatro alla Scala di Milano e alla Royal Academy of Dance di Londra, ha calcato le scene di molti teatri italiani e dirige il Centro Danza Royal di Torino. «Personalmente, per fortuna, mi sono sempre nutrita con serenità. Però non posso negare l’esistenza di questo problema nella danza, anche se credo che finisca nel tunnel chi è predisposto: Ragazzine fragili, borderline». Secondo Elena, dunque, non è giusto fare l’equazione danza=anoressia; la danza, tuttavia, può essere la miccia che scatena un disagio già latente. Ed è vero che, a volte, anche gli insegnanti hanno una parte di responsabilità: «Sono trascorsi molti anni, ma mi è capitato di vedere colleghe di corso costrette a salire ogni giorno sulla bilancia, davanti alle altre. Spero che queste cose non accadano più». Forse ora non si arriva a tanto, ma viene da pensare che il confine fra passione e ossessione, spesso, diventi troppo sottile.