Per insegnare storia è meglio essere architetti: scandalo all’Università di Catania

Per insegnare storia è meglio essere architetti: scandalo all'Università di Catania

È possibile insegnare storia contemporanea dopo essersi laureati in architettura? Sì, se l’università che ti assume è italiana. Meglio se hai in comune alcune pubblicazioni con il presidente della commissione d’esame. Ancora di più se in passato l’ateneo che bandisce il concorso ti ha già assegnato altre cattedre.

La surreale vicenda risale allo scorso dicembre. E riguarda il concorso per ricercatore presso la facoltà di lingue e letterature straniere dell’Università di Catania. A fine dicembre il rettore premia la candidata vincitrice. Ma il primo degli esclusi – un esperto del settore disciplinare bandito – si appella al Tar, che accoglie il ricorso. Risultato? La commissione torna riunirsi e conferma la sua scelta. Per insegnare storia contemporanea è meglio un architetto (anche se le sue pubblicazioni scientifiche sono state valutate la metà dei punti di quelle del secondo classificato).

Meritocrazia all’italiana? Il mistero si infittisce, tanto che qualche settimana fa la storia arriva in Parlamento. A presentare un’interrogazione al ministro dell’Università è il Pd Paolo Corsini, che ripercorre la vicenda. Dal testo del documento si scopre che il concorso finito al centro delle polemiche è stato bandito dall’ateneo di Catania lo scorso 11 agosto. Una selezione pubblica per la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato (per un totale di cinque anni) «per lo svolgimento di attività di ricerca, didattica e didattica integrativa» da assegnarsi mediante concorso pubblico. Settore scientifico disciplinare: storia contemporanea.

Il 4 ottobre successivo viene nominata la commissione esaminatrice. Chiamati a scegliere il miglior candidato sono in tre: Luigi Masella dell’Università di Bari, Alessandra Staderini dell’Università di Firenze e Simone Neri Serneri dell’Università di Siena, che viene nominato presidente. Quando a novembre la commissione inizia a scremare le candidature, si stabiliscono le regole. Si decide che le valutazioni debbano tener conto di titoli, curriculum e produzione scientifica degli aspiranti ricercatori. Trenta punti al massimo per la valutazione dei titoli. Settanta per le pubblicazioni, da classificare in base ai seguenti criteri: originalità, innovatività, importanza. E, sembra ovvio: «congruenza con il settore scientifico-disciplinare per il quale è bandita la procedura».

Passa un mese e la commissione individua i sei candidati più meritevoli, che vengono ammessi alla seconda fase del concorso. A dicembre, gli aspiranti ricercatori vengono chiamati per discutere davanti agli esaminatori i titoli e la produzione scientifica. Il 20 dicembre vengono pubblicati i risultati del concorso. La vincitrice è Melania Nucifora, prima classificata con 89,3 punti. Dietro, Giambattista Scirè, con 86,45 punti. Ma quando il secondo classificato chiede di accedere agli atti delle selezioni, il risultato è sorprendente: dai documenti emergono «profili di illegittimità – così il deputato Corsini – e palesi irregolarità».

Si scopre che la vincitrice del concorso è sì laureata, ma in architettura. Un titolo di studio «non attinente o congruo al settore concorsuale bandito». Una «eccentrica» laurea in architettura, come hanno ammesso gli stessi membri della commissione. Non solo. Stando a quanto denuncia Corsini, Melania Nucifora non è neppure in possesso del titolo di dottorato di ricerca. Un male minore: curiosamente, infatti, la commissione d’esame aveva deciso di abbassare da 7 a 4 il punteggio massimo attribuito al titolo di dottore di ricerca. E il candidato escluso? Laureato in storia contemporanea con il massimo dei voti, un dottorato di ricerca in studi storici per l’età moderna e contemporanea e cinque anni di attività da assegnista di ricerca, sempre in storia contemporanea.

C’è dell’altro. La vincitrice del contratto di lavoro ha già avuto incarichi di docenza presso l’Università di Catania. Dove ha insegnato in almeno due facoltà: Ingegneria e Lettere. A destare qualche perplessità, poi, è il rapporto tra Melania Nucifora e il presidente della commissione esaminatrice. «Tra le pubblicazioni della candidata vincitrice – continua l’interrogazione – si evinceva la presenza di due saggi contenuti rispettivamente in due volumi curati dal presidente stesso della commissione, Neri Serneri». Come se non bastasse, qualche anno fa un volume del presidente della commissione era stato inserito nel programma d’esame del corso di Storia dell’architettura tenuto proprio dalla vincitore del concorso. «Ma su questo – racconta Corsini – non mi permetto di avanzare alcun sospetto».

Curiosa la valutazione delle pubblicazioni scientifiche. Giambattista Scirè ottiene 110 punti (ma deve fermarsi a 70, il limite massimo). Melania Nucifora, la vincitrice, ne totalizza 63. Circa la metà. «A permettere questa evidente penalizzazione – scrive Corsini – è la scelta degli specifici criteri di valutazione della commissione, che attribuiva 20 punti, anziché 10, alle singole monografie». E così lui presenta quattro monografie, lei due (peraltro «di evidente non congruità rispetto al settore del concorso»), ma entrambi ottengono più o meno lo stesso punteggio. Altre stranezze. La commissione decide di attribuire 4,8 punti alla partecipazione a convegni – confermata da un’autocertificazione – da parte della Nucifora, e solamente 1,8 punti ai convegni a cui aveva partecipato Scirè. «Una prospettiva di valutazione quanto meno sui generis».

«Anche io insegno storia moderna – racconta al telefono Paolo Corsini – E devo dire che questo caso va al di là di ogni fantasia. Non riesco a capire come sia stato possibile che un candidato senza dottorato di ricerca e senza studi di storia contemporanea sia potuto passare avanti al secondo classificato, di cui conosco personalmente alcune pubblicazioni». Il confronto tra Scirè e la Nucifora? «Assolutamente improponibile».

Intanto Giambattista Scirè decide di ricorrere al Tar di Catania. Il 22 marzo il tribunale accoglie il ricorso, che «presenta – si legge – consistenti profili di fumus in relazione alla dedotta incongruenza nella valutazione dei titoli della contro interessata». Cinque giorni dopo il rettore dell’Università di Catania convoca la commissione «per il riesame analitico e il conseguente ricalcolo del punteggio». Il 4 aprile scorso Masella, Staderini e Neri Serneri si riuniscono presso l’Università di Roma, ma l’esito del concorso viene confermato. L’università italiana ha un problema di meritocrazia? «Personalmente preferisco parlare di meritorietà – chiarisce Corsini – Sì, c’è un problema grande come un grattacielo».

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