Poteri, amicizie, soldi: il tennis italiano al microscopio

Poteri, amicizie, soldi: il tennis italiano al microscopio

Maggio, scatta l’ora degli Internazionali di tennis. Da sabato 12 a domenica 20 il Foro Italico torna ad ospitare partite e campioni di prima fascia a due passi da un villaggio tutto vip e mondanità. Sostenuto mediaticamente da tre quotidiani (Corriere dello Sport, Gazzetta, Messaggero) e organizzato dalla joint venture Federtennis-ConiServizi, l’evento di gala del tennis italiano è atteso dagli appassionati della terra rossa, pur rappresentando solo un tassello dell’attività pallettara nostrana. Quest’anno i tesserati sono arrivati a quota 213.667, di cui 72.727 agonisti, sotto la supervisione della Federazione Italiana Tennis, presieduta da Angelo Binaghi. Classe 1960, Binaghi è un ex tennista cagliaritano (nel 1982 il numero 16 d’Italia) e siede sullo scranno più alto della FIT dal 2001, affiancato da un consiglio federale di tredici membri.

Nelle ultime settimane i vertici della Federtennis si sono spesi in un gran battage per gli Internazionali d’Italia, evento che genera un fatturato di oltre 17 milioni di euro, seduce sponsor (ultimo arrivato Emirates e stacca migliaia di tagliandi, confermandosi il miglior biglietto da visita da esibire a opinione pubblica e istituzioni. Accantonati per un attimo gli entusiasmi da conferenza stampa, vale la pena dar conto di questioni finanziarie che hanno insospettito addetti ai lavori, giornalisti e pure alcuni deputati. I dubbi si rivolgono ai bilanci della federazione e ai rapporti della stessa con le società partecipate, senza dimenticarne gli uomini chiave e i presunti intrecci di potere che li coinvolgono.

A stilare l’elenco dei sospetti è una pattuglia di parlamentari sponda Pdl che nel mese di marzo ha presentato un’interrogazione al ministro Gnudi, ottenendo con essa un primo risultato. La FIT ha infatti deciso di pubblicare online il suo bilancio , circostanza peraltro già prevista dall’articolo 58 dello statuto. Il documento è relativo all’esercizio 2010 e alla voce ricavi si contano 29.638.681 euro mentre i costi ammontano a 28.700.057 euro, per un utile d’esercizio fissato a 938.624 euro. Le entrate giungono da contributi pubblici, circa 5,9 milioni annuali (il 90% dei quali erogati dal Coni), tasse federali versate da tesserati e circoli, eventi sportivi e sponsor (che però rappresentano solo il 3,37% degli introiti). Nel corso della relazione finanziaria, la Federtennis ostenta soddisfazione ed esibisce i miglioramenti contabili realizzati negli anni, oltre alla spese di autoamministrazione che si fermano al 17,6% del fatturato.

Il pomo della discordia, evidenziato anche nell’interrogazione parlamentare, è però rappresentato dalle tre società partecipate facenti capo alla Federazione Italiana Tennis. Parliamo di FIT Servizi s.r.l., Mario Belardinelli SSD a.r.l. e Sportcast s.r.l., compagini che globalmente occupano 78 dipendenti. Delle tre partecipate, sulla nota pubblicata online dalla FIT si fa riferimento alla sola Sportcast, società che edita la tv tematica Supertennis. Mentre delle altre due non v’è traccia. Eppure FIT Servizi eroga prestazioni amministrative, logistiche e commerciali sia per la Federtennis che per l’altra partecipata, la Mario Belardinelli SSD. Costituita nel gennaio 2007, FIT Servizi conta tre soci: FIT (87,5%), Lega Italiana Tennis (10%) e il ragionier Marco Perciballi (2,5%), il cui studio è stato eletto a sede della stessa FIT Servizi. Perciballi, inoltre, è consulente della Federazione e si occupa dell’amministrazione del personale e della contabilità per tutte le società partecipate. Ennesima curiosità: due sindaci su tre della FIT Servizi sono sardi, corregionali del presidente Binaghi.

Altre nubi si sono addensate sulla Sportcast, società di 20 dipendenti da cui nasce il canale tv Supertennis, con omonima rivista cartacea. Sportcast è presieduta da Carlo Ignazio Fantola, zio di Angelo Binaghi, vicepresidente dell’Unione Sarda, nonché fratello dell’ultimo candidato sindaco Pdl a Cagliari, mentre il collegio sindacale è composto da tre membri, di cui due cagliaritani. Ciliegina sulla torta dal sapore isolano: l’assemblea dei soci si tiene ad Arzachena. La società in questione gestisce anche ufficio stampa e sito internet federali, oltre al marketing istituzionale. Nel 2009 il capitale sociale è stato portato a 6,2 milioni di euro: soldi che, specifica la FIT, sono stati immobilizzati nella partecipazione al capitale di Sportcast, peraltro la Federazione “può in qualsiasi momento tornare immediatamente nella piena disponibilità dei fondi”.

Il canale tv è un gioiello molto caro, almeno a giudicare dai costi di produzione aumentati negli anni, a fronte di una modesta vendita pubblicitaria che nel 2009 ha permesso di incassare solo 212.629 euro da undici sponsor. Gli estensori dell’interrogazione parlamentare scrivono di “abnormi oneri per il bilancio federale”, stimati in un totale di 16,7 milioni di euro di contributi” che la FIT ha concesso al canale televisivo attraverso la Sportcast Srl”. Inoltre, sottolineano i deputati, consigliere delegato è la QA srl, società di comunicazione della famiglia Baccini, laddove “Giancarlo Baccini è anche direttore della tv e del magazine controllato da Sportcast”. Dalla sua, Federtennis vanta la crescita del canale tv (giunto a febbraio con 5.856 spettatori medi giornalieri) sottolineandone il ruolo di promozione del tennis in giro per la penisola, rafforzato dalla numerazione nella lista del digitale terrestre (canale 64) e dalle chicche tecnologiche (in HD dal primo maggio). Poi ci sono anche i diritti tv del torneo femminile degli Internazionali, visto che i maschili ce li ha Sky Sport.

Negli ultimi giorni la Federazione è tornata difendere i propri conti con un comunicato in cui svettano i successi gestionali e sportivi raggiunti negli anni (Roland Garros della Schiavone, incluso). Proseguendo la lettura, si evince una novità: il bilancio 2011 della Sportcast e delle altre controllate sarà certificato dalla multinazionale Ernst&Young “al fine di garantire il massimo livello di trasparenza”. Nel frattempo un manipolo di imprenditori, coach ed ex giocatori (tra cui Adriano Panatta) ha battezzato il progetto “Tennis for Italy”: un manifesto per rilanciare il movimento tennistico italiano partendo dal “forte malumore rispetto alla attuale gestione federale”. Nei dieci punti programmatici si chiede maggiore rispetto per i circoli, un massimo di due mandati per il presidente federale, ma anche più soldi da sponsor ed eventi, anziché attingere al solito serbatoio di circoli e tesserati. E’ giunta l’ora dei rottamatori?

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