Il ddl anticorruzione? Con processi così lunghi è del tutto inutile

Il ddl anticorruzione? Con processi così lunghi è del tutto inutile

Mancano poche ore alla probabile approvazione del ddl anticorruzione alla Camera. Preceduto non da un braccio di ferro tra partiti, ma da un’autentica rissa tutti contro tutti, il disegno di legge, purtroppo, spicca per inutilità. O quantomeno per sproporzione tra la sua reale importanza e la cagnara mediatica che ha suscitato. 

Più che sui contenuti del provvedimento, e sui suoi effetti generali, politici e giornali hanno ragionato a lungo delle ripercussioni che avrebbe avuto sul processo Ruby o su altri che coinvolgono imputati eccellenti (ad esempio Penati). Questo vizio italico delle leggi “per” o “contro” qualcuno non accenna a svanire. Sarà che il parlamento attualmente in carica è lo stesso che votò la versione “nipote di Mubarak” del caso Karima El Mahroug.

I contenuti dunque. Nel complesso il ddl anticorruzione “razionalizza” il sistema esistente, appoggiandosi a diverse norme internazionali che l’Italia ha sottoscritto ma mai recepito. C’è un generale innalzamento – contenuto – delle pene, viene creata un’Autorità nazionale anticorruzione (vista la foga con cui i partiti si gettano su quelle che controllano concorrenza o privacy, non si vede come questa potrebbe uscire indenne dalla lottizzazione), sono previste alcune norme per la trasparenza nelle pubbliche amministrazioni, viene sancita l’ineleggibilità dei condannati in terzo grado (che però è rinviata a un disegno di legge successivo) e si introducono alcuni nuovi reati.

La “corruzione tra privati” serve a colmare una lacuna evidente nel nostro ordinamento. Ad oggi esiste solo quella del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio. Se invece un privato allunga la mazzetta ad un altro privato, non si tratta di corruzione. Se passerà il ddl al Senato – cosa di cui sono in molti a dubitare – si rischieranno da 1 a 3 anni di reclusione: una sanzione in pratica inutile, tra poco si dirà il perché. Il “traffico di influenze illecite” serve a evitare che una lecita attività di lobbying degeneri in qualcosa di scorretto. Il confine è labile, e diversi lobbisti non hanno nascosto le proprie preoccupazioni in assenza di una norma che ne disciplini l’attività. Ma la novità che ha fatto più discutere è lo spacchettamento della concussione.

Si tratta di concussione quando un pubblico ufficiale costringe o induce un soggetto a pagare in cambio di un favore. In tal caso la “vittima” della concussione non è punita. La nuova legge stabilisce che nel caso di “induzione” si debba parlare di corruzione (e non di concussione): non c’è una “vittima” e tutte e due i soggetti sono colpevoli. Il clamore mediatico, come detto, dipende dal fatto che Berlusconi è accusato di concussione nel processo Ruby. Ma sul punto è stato chiaro il professor Grosso, dell’Università di Torino, che sulla Stampa ha spiegato che a Berlusconi cambierebbe poco.

Questo ritocco della legge attualmente in vigore è per lo più inutile. Vengono dati ai magistrati alcuni strumenti in più per inquadrare giuridicamente alcuni casi di tangenti e si fanno dei progressi in quanto a trasparenza e pubblicità. Ma il vero problema della corruzione in Italia non viene risolto.

Come già scritto da Linkiesta, il punto è la prescrizione. Con il meccanismo di calcolo introdotto dalla legge ex Cirielli, contando l’aumento delle pene previsto dal ddl, la corruzione propria si prescriverebbe in 8 anni 9 mesi. Le nuove ipotesi di reato, meno gravi, in 6 anni. In Italia un processo penale dura mediamente 4 anni, più il tempo delle indagini preliminari (da 6 mesi a 2 anni). Questo significa che se un pm scopre oggi un episodio di corruzione propria avvenuto nel 2007, conclude le indagini e il processo inizia a gennaio 2013, o si conclude entro fine 2015 o gli imputati andranno impuniti. Se scoprisse un reato di corruzione tra privati, il processo dovrebbe concludersi entro fine 2013. In pratica si tratta di una amnistia generalizzata, un incentivo al crimine. Chiunque corrompa deve solo sperare di non essere scoperto nei 3 o 4 anni successivi, e poi è praticamente certo di farla franca. A fronte di questa situazione, c’è poco da fare: la soluzione, ovvia, di riformare la prescrizione è sotto gli occhi di tutti. Ma chissà perché i politici preferiscono parlare del caso Ruby.

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