Le liste bloccate, no. A quelle non ci rinuncia proprio nessuno. Dopo il fallimento dei tentativi di riforma della legge elettorale guidati da Luciano Violante, i partiti sembrano avere ancora la possibilità di archiviare il Porcellum. Senza troppo rumore, da qualche giorno Pd, Pdl e Udc sono al lavoro per preparare una nuova legge.
È ancora presto per sapere se alla fine l’accordo si troverà. Di certo non c’è tempo da perdere. Le riforme costituzionali tanto sbandierate rischiano di arenarsi. Compreso il taglio dei parlamentari. Il nuovo fronte Pdl-Lega a Palazzo Madama ha modificato improvvisamente gli accordi. L’approvazione del Senato federale e, a breve, quella del semipresidenzialismo potrebbero bloccare il pacchetto di norme studiate dalla maggioranza. Ecco perché il superamento del Porcellum resta l’ultima riforma utile per salvare la faccia. Ne è convinto anche Giorgio Napolitano. E non a caso ieri il presidente della Repubblica è tornato a chiedere almeno «un accordo sulla legge elettorale».
Già lunedì i partiti della maggioranza che sostiene il governo potrebbero siglare una prima intesa. Archiviata la stagione degli sherpa e dei vertici nello studio di Violante, a gestire la trattativa sulla legge elettorale restano in pochi. Per il Popolo della libertà ci sono Denis Verdini e Ignazio La Russa. Gianclaudio Bressa e il coordinatore delle segreteria democrat Maurizio Migliavacca per il Pd. Con loro il centrista Lorenzo Cesa.
L’ipotesi del doppio turno avanzata dal Partito democratico non è più sul tavolo. Piuttosto sembra che ci si possa accordare su una soglia di sbarramento sufficientemente alta, attorno al 5 per cento. Magari mitigata da qualche “accorgimento” a tutela della Lega (la presenza in Parlamento dei partiti che raggiungono percentuali importanti in poche regioni). Si discute sul premio di maggioranza. Il Pd lo vorrebbe assegnare al primo partito, il Pdl alla prima coalizione. Si studia un nuovo sistema di collegi uninominali. Un ritorno al Mattarellum che premierebbe il candidato più votato in ogni collegio. Oppure, come chiede qualcuno, i candidati che hanno ottenuto percentuali più alte nella propria lista.
Su una cosa sono tutti d’accordo. Una parte dei seggi dovrà essere assegnata con liste bloccate. Il 25 per cento dei posti. Forse un terzo. I più ottimisti propongono addirittura la metà. È la maledizione del Porcellum. Gli elenchi di candidati selezionati direttamente dalle segreterie di partito e paracadutati in Parlamento continueranno a esistere (del resto erano previsti anche dalla legge Mattarella). Perché va bene ristabilire una connessione più stretta tra cittadino ed eletto. Ma a certe prerogative non sembra voler rinunciare proprio nessuno. Di fatto, è un’assicurazione. Soprattutto per i dirigenti politici, che così sono certi del proprio posto in Parlamento. Anche se gli elettori decidessero di non votarli nei collegi uninominali.
Il risultato è quello di una grande presa in giro. Perché il vero, grande, problema del Porcellum sono proprio le liste bloccate. Quanto meno il problema più sentito (del premio di maggioranza regionale al Senato, il cittadino medio non si fa gran cruccio). Era questa l’unica correzione alla legge elettorale che il Parlamento avrebbe dovuto fare. La vera ingiustizia – così almeno l’hanno percepita buona parte dei cittadini – di cui i partiti non sembrano riuscire a fare a meno.