La Frecciarossa da Roma in su, la “freccia rotta” da Roma in giù. Non è una battuta: se gli italiani possono usare l’Eurostar per arrivare a Reggio Calabria, in Sicilia è tutt’altro. «Eurostar? – racconta a Linkiesta un dipendente della Ferrovie dello Stato – Qui è come se ci fosse ancora la littorina». E le battute si sprecano: «Io la chiamo da sempre “freccia lenta”, e sorrido quando vedo le pubblicità sul Frecciarossa e su Italo, che impiegano tre ore scarse da Milano a Roma. Caro reporter, qui in Sicilia non è così. Qui, la aspetta un lungo viaggio».
Inizia con questo augurio il “lungo viaggio” che attraversa l’isola “più sprecona d’Italia”, l’isola che il presidente del Consiglio Mario Monti vorrebbe commissariare, l’isola nella quale «è stato privilegiato il trasporto su gomma», e per percorrere all’incirca 700 km in treno sono servite ventuno ore e trenta minuti.
Si parte è martedì 17 luglio, ore 6:00 del mattino, alla Stazione Centrale di Caltanissetta. Una stazione che ha ben poco di centrale: non c’è un bar, né un’edicola. C’è un bagno, ma è chiuso. Una stazione che di centrale dovrebbe essere «uno snodo», visto che Caltanissetta viene definita «baricentrica fra le tutte le province dell’isola». Ma da Caltanissetta non esiste un treno, dicasi uno, che vada a Trapani. In sostanza, non esiste un collegamento diretto fra i due capoluoghi di provincia. Ma, se si fa un attento studio all’interno del sito di Trenitalia, si scopre che nella Sicilia di Raffaele Lombardo tutto questo è la prassi.
Un treno arriva alla stazione di Caltanissetta, punto di inizio e fine del viaggio
Alle 6:09 si prende il primo treno del “lungo viaggio”. Direzione: stazione di Trapani-Centrale. Sarebbe allora logico che, per arrivare a Trapani, il treno si dirigesse verso Palermo. Invece che fa? Si allontana da Palermo. Sul treno, intanto ci sono solo tre extracomunitari. «Noi lo prendiamo ogni mattina perché lavoriamo a Canicattì», spiegano. Vengono dal Marocco, vivono a Caltanissetta da circa quattro anni, hanno famiglia e «lavoriamo soltanto nel periodo della raccolta».
Dopo sei fermate (sono le 7:15) si arriva alla stazione di Aragona-Caldare, dalla quale si cambia, per il primo treno diretto alla stazione di Palermo-centrale. Ma, tra un treno e l’altro, passa un’ora e quindici minuti, cioè, «partirà alle 8:35». Intanto, alla stazione di Aragona si trova soltanto una persona seduta nella sala d’attesa. Anche qui non c’è nulla: né un bar, né una macchinetta del caffè. Il bagno non è chiuso: non c’è proprio. «Una volta qui si poteva fare un’ottima colazione», dice a Linkiesta il signore seduto nella sala d’attesa. «Era frequentato: alle 10:30 c’era un sacco di gente. Soprattutto quando c’era la scuola». E adesso? «Altro che colazione: mi posso andare a mangiare la ricotta du zi’ Luigi, du picuraro», continua il signore, nostalgico, del “famoso barrino della Stazione di Aragona-Caldare”. Insomma, ci si dovrà accontentare del caffè preso qualche ora prima a casa. E la toilette? Macché. «Qui si fa all’antica: se proprio deve, vada in quell’angolino. Tanto da qui non passa nessuno».
Ma perché i bagni di quasi tutte le stazioni siciliane sono chiusi? «Succede – spiega il capostazione di Aragona – che non abbiamo soldi per pagare le imprese di pulizie. Quindi il bagno resta chiuso. Anche alla stazione di Termini Imerese, e a quella di Sant’Agata di Militello, li hanno chiusi, per lo stesso motivo». Tutto ciò, nonostante la “stazione di Aragona” sia sempre «uno snodo importante: da qui passano tutti i treni per Palermo ed Agrigento». In realtà è una «stazione fantasma» perché «ti sembra di trovare tutto, e non c’è niente».
Finalmente, scocca l’ora x. Sono le 8:30. In cinque minuti arriva alla stazione di Aragona il treno regionale diretto a Palermo. Eccolo, il “minuetto”. Sopra, ci saranno in tutto una ventina di persone, eppure «è il più veloce che poteva trovare», dicono. C’è una suora, che legge attentamente l’Avvenire, una dozzina di turisti, e poi alcune persone delle zona, che utilizzano il treno per piccoli spostamenti.
Dopo sette fermate, e tre lunghe ore di viaggio, ecco la stazione centrale di Palermo. Dovrebbe essere la stazione più importante della Sicilia, essendo Palermo capoluogo di regione. Stavolta il bar c’è, per mangiare o per prendere il caffè, ma il tempo è tiranno e il gioco complicato delle coincidenze anche: il treno per Trapani parte dopo pochi minuti. Cinque, per la precisione. Ma non è un diretto. Per Trapani si deve cambiare alla stazione di Piraineto.
All’arrivo alla stazione di cambio di Piraineto
Sono le 10:35. La fermata Piraineto è la penultima. Ma non c’è un treno che collega Palermo e Trapani senza cambiare? Risponde un operatore delle Ferrovie dello Stato «Qualcuno la sera c’è, che porta direttamente a Trapani, altrimenti non c’è altra soluzione che fare scalo a Piraineto». A questo punto bisogna ricordarsi che anche la stazione di Piraineto è «uno snodo centrale per il trasporto ferroviario siciliano». Sarà una stazione efficientissima con tutti i servizi, un bar decente, e tanto altro? Basta un’ora per scoprirlo (si arriva alle 11:35) per vedere che, anche a Piraineto, non c’è nulla. Anzi, no. C’è un cane randagio, “un bastardello”, che vigila la stazione.
Sopra di lui, il sole comincia a diventare cocente. Sono le 11.40. E anche a Piraineto non c’è traccia di un bar (e quindi non nemmeno di un caffè). Per fortuna, l’attesa non è lunga. La “vocina” delle Ferrovie dello Stato annuncia l’arrivo del treno diretto a Trapani. È puntuale, e dovrebbe partire alle 11:50. Un ragazzo, di circa trent’anni, racconta che prenderà il medesimo treno, ma si fermerà prima, appena dopo l’aeroporto: a Terrasini, sul mare. «Sono di Carini [dell’interno] ma sto andando dalla mia ragazza, lei vive a Terrasini. È una zona stupenda, c’è vita notturna, il mare e si mangia dell’ottimo pesce. Peccato – aggiunge – per i collegamenti. Pensi ad un turista che arriva all’aeroporto di Palermo e vuole andare a Terrasini». Pensandoci, l’unico modo, in treno, è questo: il treno che cambia a Piraineto.
Dopo qualche minuto di conversazione, sale sul Piraineto-Trapani Centrale. Solito treno: è un “minuetto” con aria condizionata. Pulito, va detto. Ma c’è un perché. Come un passeggero tiene a precisare, «siete stati fortunati. Il minuetto è il numero uno. Se aveste preso il treno successivo sarebbe stato un disastro». Insomma, in Sicilia salire su in “minuetto” è roba da ricchi.
Una visione del minuetto, il treno migliore della rete ferroviaria siciliana
Attraversando tutta la costa da Piraineto a Trapani, si passa per Partinico, Trappeto, Balestrate, Alcamo, la Salemi (ex di Vittorio Sgarbi), Castelvetrano, Mazara del Vallo e Marsala. Il paesaggio è meraviglioso, ma il tempo scorre. Sono le 14:00, e dopo circa otto ore di viaggio Trapani è ancora lontana. Il Frecciarossa avrebbe già percorso mezzo stivale per ben due volte. Alle 14:20, ecco Birgi, a pochi chilometri dall’aeroporto internazionale di Trapani-Birgi. Da qui partono, con Ryanair, una serie di voli per Spagna, Gran Bretagna, Olanda e Germania. «La fermata Birgi è a circa due chilometri dall’omonimo aeroporto. Ma tra stazione e aeroporto non c’è un collegamento. Il turista che deve prendere un volo da Birgi è costretto ad arrivare a Trapani, e poi da Trapani prendere un bus per l’aeroporto. Cosa da pazzi!», sbotta un passeggero. «Io prendo questo treno ogni giorno per motivi di lavoro. Ma sa in questi mesi quanti pendolari si sono organizzati con le auto?». D’altronde – continua – la tendenza delle ferrovie dello Stato è proprio questa: scoraggiare l’utente, indurlo a non prendere più il treno. Qui in Sicilia si tende a potenziare esclusivamente il trasporto su gomma. Hanno perfino tolto il treno delle 19:30 che partiva da Trapani, facendo un danno incalcolabile ai pendolari».
Ore 14:45: il treno arriva, finalmente, alla stazione centrale di Trapani. dall’inizio del viaggio sono passate otto ore e 37 minuti di treno. Qui, però, le cose vanno meglio: si può mangiare un boccone, e anche bere un caffè. Ma i treni siciliani piacciono poco ai turisti, come spiega uno di loro, al bar della stazione. «Sembriamo nel Burundi!», sospira con accento nordico. «Sono venuto in Sicilia per ammirare le vostre bellezze e il vostro mare, ma mi sa tanto che non ci verrò più», racconta al barista che gli sta servendo un caffè. Prenderà il primo treno per Palermo, che partirà solo alle 16:05, anche se, per quell’ora, è già pronto al binario-due della stazione di Trapani. Piccolo particolare: è costituito da un solo vagone.
I treni siciliani, però, piacciono poco anche a chi ci lavora. Un dipendente delle ferrovie dello Stato, curiosando, domanda: «Lei è venuto fin qui per dimostrare che i treni siciliani fanno pena? Poteva restare dov’era. Cosa vuole che le dica? Fanno schifo i treni siciliani. Io lo dico sempre ai potenziali passeggeri: prendete l’autobus!». E mica ha tutti i torti. Per la solita storia che in Sicilia si è preferito potenziare il trasporto su gomma, da Trapani a Palermo c’è un autobus ogni ora. Ma si è dovuto scegliere: «Se potenziano i bus, i treni li tagliano. E, se va avanti così, non ci saranno più treni in Sicilia».
Ore 16:05, parte il Trapani-Palermo, ma anche questa volta deve cambiare a Piraineto. È un treno “monovagone”, non è un minuetto, strapieno, dove non funzione l’aria condizionata, e dove, manco a dirlo, «non c’è neanche un bagno», sottolinea un passeggero. All’interno del “monovagone”: c’è chi dormicchia, c’è chi parla di lavoro, c’è chi parla di attualità, e c’è anche chi gioca a carte. E urla: «Scopa! E anche questa partita l’ho vinta io!». C’è anche un dipendente delle Ferrovie dello Stato : «Guardi, lei si sta occupando di una cosa vergognosa. I nostri treni sono penosi. Ma in Sicilia c’è un problema legato alle infrastrutture. Anche se qui portasse un Frecciarossa andrebbe sempre a 60 km/h».
Il dipendente delle FS ha fra le mani un libro sul commissario Montalbano. «Mi piace leggere Camilleri, rappresenta la mia terra come nessuno». Per i treni, però, ha solo parole di scherno. «Altro che Frecciarossa. Io la chiamo “freccia lenta”, o, come dice un collega, “freccia rotta”». Durante la tratta Trapani-Piraineto, si comincia a discutere di attualità. Mario Monti vuole commissariare la Sicilia. Un passeggero rincara la dose: «Farebbe bene. Basta con i politici siciliani». Un altro, più ottimista, cerca di stemperare i toni: «La Sicilia commissariata? Basterebbe un po’ di buona e sana politica». Una signora risponde all’ottimista: «Buona e sana politica? Ma dove, in Sicilia?».
La stazione di Trapani
Il treno monovagoneIl treno monovagone
Alle 18:30, di nuovo la stazione di Piraineto. Il solito “cane randagio” è sempre lì, fermo, a vigilare. Una coppia di Sondrio, con bimba al seguito, mostra una certa incredulità sulla (poca) efficienza dei treni siciliani: «Pensavamo fossero migliori. È davvero straziante salire su questi treni. Durante la traversata i paesaggi saranno pure suggestivi, ma si perdono giorni in treno. Metà della nostra vacanza la stiamo trascorrendo così». Una signora siciliana ascolta e ci scherza su: «Lo facciamo per allontanare i turisti».
E alle 19:05, mezz’ora dopo, parte il treno per tornare a Palermo. Sarà per l’orario, ma è tutto pieno. In tanti restano in piedi per tutta la tratta. Il treno da Piraineto a Palermo funziona, per il capoluogo siciliano, come una metropolitana. Fra le fermate, ad esempio, c’è anche la “D’Orleans” a pochi passi da Palazzo D’Orléans, dove continuano a far fioccare le nomine di persone vicine al governatore regionale (e a sprecare risorse economiche). A bordo, anche alcuni studenti universitari. Si riconoscono perché ridono e scherzano sugli esami. «Studiare? Quello che è fatto, ormai è fatto. Adesso andiamoci a mangiare una bella arancina». È quasi l’ora di cena, quando il treno arriva alla stazione centrale di Palermo. In tutta la giornata, per fare all’incirca 300 km sono servite poco più di dodici ore. Ma il viaggio sui “treni di Sicilia”, non è ancora finito. Per l’indomani, si riparte in direzione di Messina.
Il viaggio in treno permette di vedere i paesaggi siciliani
È mercoledì 18 luglio, ore 10:00, si riparte da qui, dalla stazione di centrale di Palermo. Sui giornali, tutti parlano del “default della Sicilia”, i titoli vanno a colpire la “Sicilia del nominificio Lombardo”. In città si boccheggia dal caldo. Alle 10:09 spaccate dalla stazione di Palermo parte un Intercity (che fortuna, Palermo e Messina sono collegate da un Intercity) che arriverà a Messina alle 13:00.
Ma il dubbio sorge. Perché Palermo e Messina sono collegate da un Intercity? «Semplice – spiega a Linkiesta un dipendente delle FS – la Palermo-Messina è una tratta trafficata: ha un alto flusso di passeggeri. Le ferrovie tagliano dove non c’è flusso». Però anche la tratta Palermo-Trapani è ugualmente trafficata ma, al contrario, resta mal collegata. «Eh. Questi sono i misteri dei treni di Sicilia. Però, le posso dire, che la colpa minore sono le FS. La responsabilità, qui, è dei politici nazionali e regionali». Ah, i politici. Però, interviene un passeggero, «la colpa non è solo dei politici. Perché le ferrovie dello Stato, e adesso anche Montezemolo, investono solo da Roma in su?». Meglio cambiare argomento: si passa al turismo nell’isola. Poi, politica regionale. «Io sono un dirigente regionale. E le posso dire che di tutti questi dirigenti regionali il buon 70% è da buttare». Il dibattito continua, fino a toccare la situazione economica mondiale. Una signora, silente fino a quel momento, rompe gli indugi: «Ah, lo spread. Non se ne può più!».
Poco prima delle 13 il treno arriva a Messina. Il viaggio “fra i treni di Sicilia” è all’incirca a metà. Bilancio? Altre tre ore di viaggio addosso, e altri 200 km percorsi. Ma davanti ci sono ancora 170 km. Tuttavia le ore di viaggio, annoverando anche le soste e i cambi, saranno circa quattro ore e mezzo.
Alle 13:10 si riparte alla volta di Catania. Il treno regionale, lurido, non “condizionato”, e anche eccessivamente lento. La distanza fra tra Messina e Catania è di circa 70 km. Il treno impiegherà un’ora e quarantacinque minuti. Per un giovane catanese che studia all’Università di Messina, questa è la sua esperienza quotidiana. «Il treno è sempre in ritardo. Se avessi un collegamento più rapido studierei persino meglio». Il problema, per lui, è «che la benzina è alla stelle. E francamente il treno costa davvero poco. I miei genitori fanno tanti sacrifici per mantenermi gli studi». Un altro ragazzo la pensa diversamente. «Qui in Sicilia tutti i mezzi funzionano così. Anzi, ultimamente i treni sono in orario. Ma il problema principale dei treni siciliani è uno: c’è un solo binario».
Alle 14:45 ecco Catania. Manca poco per completare il viaggio. L’ultimo step, adesso, è la tratta Catania-Caltanissetta. All’incirca 100 km per due ore di treno. Un’ora di break alla stazione, e poi via di corsa per l’ultimo pezzo. Alle 15:45, parte il penultimo treno. Penultimo, non ultimo, perché alla stazione di Caltanissetta Xirbi c’è un altro cambio da fare, cioè la coincidenza per Caltanissetta-Centrale. Ormai il viaggio è alla fine, ma l’assuefazione fa sentire i suoi effetti. Un “minuetto” adesso sembra un Eurostar semplicemente perché è pulito e c’è l’aria condizionata. Sul treno ci sono quattro studentesse universitarie, che tornano a Caltanissetta, e pochissimi altri, che scendono poco prima di Caltanissetta-Xirbi.
I minuti stavolta scorrono in fretta. Alle 17:10 ecco la stazione di Caltanissetta-Xirbi. La discesa è veloce, ed è naturale, ormai prendere la coincidenza per la centrale di Caltanissetta. È l’ultimo treno, e ha un solo vagone. Una caratteristica comune fra i “treni di Sicilia”. Sono le 17.20 del 18 di luglio. Il viaggio è cominciato il 17 luglio alle 6:09. Un quantità di tempo surreale, se si considera che si sono percorsi poco più di 700 km. Surreale, sì, ma da Roma in su. In Sicilia è la realtà. Dove per viaggiare, hai a disposizione solo la “freccia rotta”.