“Contro Silvio ma senza Monti”: Bersani è in campagna elettorale

“Contro Silvio ma senza Monti”: Bersani è in campagna elettorale

Un ringraziamento sentito a Mario Monti, ma per il presidente del Consiglio sta arrivando il momento di farsi da parte. Basta governi di larghe intese. Il segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani interviene alla festa dell’Unità di Roma e rilancia la sua candidatura a Palazzo Chigi. L’ipotesi Monti bis non è nemmeno presa in considerazione. «L’Italia deve avere il diritto di essere una democrazia normale».

Alle terme di Caracalla va in scena l’appuntamento più atteso della lunga festa del Pd romano. Tanto che un’ora prima dell’incontro non ci sono più posti a sedere. Il successore di Dario Franceschini e Walter Veltroni arriva in ritardo, accolto da grandi applausi. Tono colloquiale. Parla per oltre un’ora e mezza, alternando passaggi più seri a scherzi e battute. Con il pubblico si crea subito un’empatia speciale. Stasera Bersani è il segretario del Partito democratico, ma anche il leader del popolo democrat. Non a caso prima di iniziare l’intervista incontra una delegazione di lavoratori di Cinecittà a rischio licenziamento e alcuni ricercatori precari.

Sul palco si comincia a parlare dell’Italia. Della crisi. Poche battute e il segretario introduce il prossimo programma del centrosinistra di governo. «Siamo diventati uno dei Paesi più diseguali del mondo. Questo ci urta, urta la nostra idea di fondo. Ma urta anche la possibilità di crescita». Ecco perché il programma del centrosinistra di governo non potrà ignorare alcuni punti fermi. A partire dal concetto di redistribuzione della ricchezza. «Dal punto di vista fiscale dovremo caricare di più su grandi patrimoni e alleggerire sul lavoro» spiega Bersani. Non solo. Il welfare: «Davanti al tema della salute, della sicurezza e dell’istruzione non ci deve essere né povero né ricco».

La lista dei propositi futuri non può prescindere da una velata critica al governo Monti. «L’Imu è pesante – ricorda Bersani – Sarebbe stata più leggera se affiancata a un’imposta personale sui grandi patrimoni». Una correzione che, in caso di approdo a Palazzo Chigi, il Pd non tarderà ad attuare. Perché «tutto quello che non è stato fatto si dovrà fare», ammette il segretario.

Sigaro nella mano destra, camicia aperta senza cravatta, Bersani parla al suo popolo. Accende più volte il toscano, ogni tanto tira una boccata di fumo. Seduto vicino a lui il direttore del Messaggero Mario Orfeo – è lui a intervistare il segretario – non lo mette mai in difficoltà. Raramente lo incalza. Molto più spesso gli offre le battute neanche fosse la sua spalla.

Il segretario Pd si avvicina a passi veloci verso la prossima campagna elettorale. Monti bis? Nemmeno per sogno. Il centrosinistra corre per vincere. «Su Monti ho tante cose da dire, e ne dirò», anticipa a un certo punto Bersani. Per carità, nessun attacco diretto al presidente del Consiglio. «Il pompiere può sbagliare, ma chi ha appiccato l’incendio è un altro» spiega ricorrendo a una metafora ultimamente molto in uso. Eppure il leader democrat ci tiene a rimarcare la distanza con il Professore. «Non tutto quel che è stato fatto l’avremmo fatto così». Si torna a parlare della riforma delle pensioni. Dell’errore nel calcolo degli esodati. «Noi l’avevamo detto» rivendica Bersani.

Altro tema di confronto è il provvedimento sulla spending review all’esame del Senato in questi giorni. «Ci sono dentro elementi che proveremo a potenziare: semplificazioni, città metropolitane, accorpamento di comuni. Ma su sanità, scuola e servizi locali ci sono ancora tante cose che non vanno. Quello che potremo modificare lo cambieremo in Parlamento. Dove non ci riusciremo, ci diamo un appuntamento». Quando? Alla primavera del 2013.

I teorici del governo tecnico si possono mettere l’anima in pace. «L’ipotesi di un altro governo Monti?» chiede a un certo punto il direttore del Messaggero Mario Orfeo. Bersani sorride. «Questa è una situazione transitoria» ripete. «Non c’è un’univoca e salda maggioranza parlamentare, manca un indirizzo politico». Per l’ennesima volta Bersani rivendica il diritto dell’Italia di essere «una democrazia normale». Un Paese in cui due progetti politici alternativi, uno di centrodestra e uno di centrosinistra, possano confrontarsi in campagna elettorale.

Il segretario prova più volte – con successo – a strappare l’applauso del pubblico. Il clima è rilassato, si scherza. Ironizza sugli avversari politici: «A Maroni gliel’ho detto tante volte: “Guarda che per un finlandese tu sei un terrone”». Il ritorno in campo del Cavaliere è descritto con sarcasmo. «Berlusconi sta studiando. Sta ancora cercando il nome del formaggino». Bersani ha già ribattezzato il nuovo partito berlusconiano “Viva la mamma”. Lo ripete almeno quattro volte durante la serata. Sollevando ogni volta le risate dei presenti. C’è tempo anche per un passaggio sulla legge Gasparri e il conflitto di interessi del centrodestra: «La governance Rai assomiglia alla legge che la Pepsi Cola farebbe per la gestione della Coca Cola»

Agli avversari politici Bersani non risparmia qualche attacco. A partire dall’ex alleato Antonio Di Pietro. Oggi il leader dell’Italia dei Valori è tornato a criticare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, colpevole di mortificare le istituzioni per il suo atteggiamento nella vicenda delle intercettazioni telefoniche dell’inchiesta di Palermo. Bersani non usa mezzi termini. «Devo essere sincero, le parole di Di Pietro sono indecenti».

Sembra chiaro che il destino politico dell’ex pm è sempre più lontano da quello del Partito democratico. Di Pietro, al pari di Berlusconi e Beppe Grillo, per Pierluigi Bersani rappresenta oggi uno dei massimi esponenti del populismo e della demogogia. «Se a quei due chiedi cos’è la destra e cosa la sinistra – spiega il segretario – ti rispondono che non gli interessa. È l’elemento distintivo del populismo, il tentativo di mescolare tutto. Perché c’è rabbia, c’è crisi e così si cerca di pescare il consenso un po’ dappertutto».

La distanza del Pd da Beppe Grillo non è una novità. Stavolta Bersani attacca il blogger genovese senza neppure nominarlo. Se la prende con «la gente che comanda da dietro, dal tabernacolo, dalla rete. Ma non si candida». A fronte delle derive demagogiche che caratterizzano la politica italiana, il Partito democratico ha l’obbligo di rappresentare la responsabilità e la credibilità. «Ma questo non vuol dire che siamo remissivi – scandisce le parole Bersani – Davanti a certi insulti noi rispondiamo a muso duro».

Nella lista degli avversari del Pd il più citato è senza dubbio – e senza sorpresa – Silvio Berlusconi. Bersani torna a parlare della «notizia agghiacciante» del ritorno del Cavaliere. In alcuni passaggi il segretario Pd sembra già in campagna elettorale. «Davanti a questo ritorno il mondo si chiede: “Ma questi italiani non la capiscono mai?”. Ma noi l’abbiamo capita. Ecco perché Berlusconi può presentarsi enne volte, ma qui in Italia non vince più». Bersani alza la voce. Il popolo democrat appalude.

Si torna a parlare del progetto politico che il centrosinistra presenterà agli italiani. Partendo dalle alleanze. Il Pd rischia di imbarcarsi in un’altra avventura fallimentare, come quella dell’Unione di Prodi? «Facevano parte di quell’esperienza otto o nove formazioni, ma non c’era il Pd» spiega Bersani. Stavolta – nel progetto del segretario – il suo partito dovrà avere un ruolo centrale nella coalizione. Caricarsi la responsabilità di rappresentare ii punto di raccordo tra tutte le forze politiche presenti.

Sono tre i punti cardine da cui dovrà necessariamente partire l’alleanza dei progressisti. «Si sceglie il premier con le primarie – elenca il segretario democrat – e il governo lo fa lui». Basta con i programmi di centinaia di pagine. «Sulle decisioni controverse si cede sovranità all’assemblea dei gruppi parlamentari». Ma soprattutto – «non dovrei neanche dirlo, e non sto parlando di Vendola» – la buona educazione. «Non ci stiamo più a farci insultare». Dopo l’accordo con i progressisti, il dialogo con i moderati. «Chi si è opposto alla deriva berlusconista e leghista è un nostro interlocutore». Il pensiero di tutti va a Pier Ferdinando Casini. L’obiettivo è un patto di legislatura. «Nessuna ammucchiata» prova a rassicurare Bersani.

Alla fine il segretario è costretto a tornare sulle polemiche di sabato scorso. All’Assemblea Pd che ha aperto un fronte di scontro interno sul tema dei matrimoni tra omosessuali. «Potrei dire che siamo l’unico partito che discute e dibatte» spiega Bersani. Subito dopo si corregge: «Ma non sempre modi mi piacciono». Sui diritti civili il leader democrat non si nasconde: «La vera novità è questa: abbiamo deciso che il Pd appoggia le unioni gay – si rivolge al pubblico – È chiaro? È limpido?». Forse sarebbe più corretto sentire il parere di Rosi Bindi. «Lei sarà qui domani – taglia corto il segretario – chiedeteglielo».

Il più applaudito della serata – assieme a Bersani – è Nicola Zingaretti. Il presidente delle provincia di Roma che ieri sera ha ufficializzato la sua candidatura per il Campidoglio. Assente ma citato più volte, nel 2013 sarà lui a sfidare Gianni Alemanno. «Roma merita molto di più» chiude la serata Bersani conquistando un facile applauso. «È avvilente essere governati in questo modo. «Sono molto contento di Nicola», lo chiama per nome, più volte. «È una persona solida, vera. Il suo impegno per la città mi piace molto e sono convinto che sarà un gran successo».