Ci voleva la Lega Nord di Roberto Maroni per ridare un incarico di spessore all’onorevole del Popolo della Libertà Aldo Brancher. Quello che fu il ministro lampo del Federalismo nell’estate del 2010 – su indicazione dell’ex ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli – aveva perso ogni speranza nei primi giorni del luglio di quest’anno, quando l’ente parastatale Odi «Organismo di indirizzo» era stato soppresso dall’articolo 12 del decreto sulla spending review: il governo di Mario Monti aveva fatto piazza pulita nel nome dei tagli alla spesa pubblica.
Ma lui, il presidente Brancher, non si era dato per vinto. E come al solito, da «uomo del sottobosco», con a carico una condanna di due anni per la scalata Antonveneta di Giampiero Fiorani, ha lavorato in questi mesi affinché questo ente con in cassa 80 milioni di euro non scomparisse. «Lavoriamo tutti gratis, senza neanche un rimborso spese, non ci siamo comprati neanche la macchinetta per farci il caffè», spiegò quando lo detronizzarono.
Detto, fatto. Proprio ieri nella commissione Bilancio al Senato – dove la Lega è riuscita persino ad assicurare un altro anno di presidenza in Aero Club al senatore Giuseppe Leoni – un emendamento del leghista Gianvittore Vaccari ha ripristinato l’Odi. «Il governo diceva che era per risparmiare – ha detto Vaccari – ma l’Odi, presieduto da Aldo Brancher, non costava nulla infatti all’interno dell’Odi sono in 8, e lavorano tutti gratis, senza neanche un rimborso spese, non ci sono dipendenti, non ci sono strutture, niente di niente».
La questione rischia di creare polemiche di ogni tipo, sia con le province autonome di Trento e Bolzano – che si devono addossare le spese – sia con i tanti comuni che in questi mesi hanno dato battaglia sottolineando «inutilità dell’ente». Tra i progetti in cantiere pure quello nel comune di Enego: un comprensorio sciistico per collegare le Melette (Gallio) e Val Maron (Enego) passando per la piana di Marcesina. Legambiente lo ha definito ultimamente da bandiera nera: «Farà diventare la piana solo un grande parcheggio»
L’Aldo da Belluno, già prete Paolino, poi manager di Publitalia, braccio destro di Fedele Confalonieri negli anni ’90 e amico di Marcello Dell’Utri, era stato nominato nel 2011 con un apposito decreto firmato da Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, all’epoca premier e ministro dell’Economia. Giusto tre settimane prima, Brancher si era visto confermare dalla Corte d’appello la condanna a due anni di reclusione, graziati dall’indulto, con l’accusa di aver intascato fondi neri per 827 mila euro.
Il giorno della presentazione dell’Odi, il 21 maggio del 2011 a Belluno, l’ex ministro per il Federalismo aveva pensato bene di invitare Stefano Bonet, «lo shampato» imprenditore tornato alla ribalta nello scandalo sull’ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito. Secondo gli investigatori, Bonet – indagato per riciclaggio, appropriazione indebita e truffa ai danni dello stato – ha partecipato all’operazione degli investimenti in Tanzania. In un’intercettazione della Dia di Reggio Calabria che indaga sui collegamenti tra Belsito e la ‘ndrangheta mentre è al telefono con Paolo Scala, il cappellone veronese definisce Belsito «uno stronzo figlio di puttana».
Quando fu presentato l’Odi, Bonet accompagnò il presidente come titolare del Consorzio Polare, una società che si occupa di bandi europei. Brancher lo fece anche parlare durante l’incontro con l’imprenditoria veneta: E Bonet, accompagnato da due «ragazze appariscenti» – come raccontò il consigliere regionale del Pd Sergio Reolon – spiegò alcuni “trucchi” per presentare bandi vincenti tra l’incredulità degli imprenditori accorsi da Verona, Brescia e Dolomiti.
Nato con l’obiettivo di fermare la secessione dei centri di montagna, che progettavano di abbandonare le regioni padane per entrare nelle province a statuto speciale, il nuovo ente ha pieni poteri sulla distribuzione dei soldi. I progetti devono essere presentati dai comuni e sono valutati dalla Cap, la «Commissione autorizzazione progetti». Il presidente è sempre Brancher, mentre al suo fianco ci sono esponenti di Pdl e Lega Nord, tra cui Mattia Losego e Daniele Molgora. Quest’ultimo continua a collezionare incarichi invece di perderne: è deputato, presidente della provincia di Brescia e quindi consigliere dell’Odi.
Insomma, la nuova Lega di Maroni, sorta sulle ceneri di quella di Umberto Bossi e votata all’antiberlusconismo più spinto, si ritrova sempre di più a sostenere l’antica alleanza con il Pdl. Dopo aver approvato il semipresidenzialismo a Montecitorio e al Senato, dopo la conferma dell’appoggio al presidente di regione Lombardia Roberto Formigoni, ora torna in auge persino Brancher. Del resto, era stato proprio l’ex ministro per il Federalismo, nel 2001, a sottoscrivere il patto d’acciaio tra Bossi e Berlusconi. Con Maroni non sembra cambiato niente. Anzi, si litiga di meno.