Legge elettorale, forse si riparte. Il dubbio è lecito considerati gli ultimi ritardi. Dopo aver dimenticato per anni la riforma del Porcellum in qualche cassetto di Palazzo Madama, i partiti provano a riprendere la trattativa. È la terza volta in pochi mesi. Prima il tavolo guidato da Luciano Violante e l’indicazione di un sistema misto tedesco-spagnolo, precipitosamente abbandonato subito dopo le ultime amministrative. Poi la trattativa a fari spenti affidata a un gruppo ristretto di esponenti di Pd, Pdl e Udc (tra questi Maurizio Migliavacca e Denis Verdini). Anch’essa naufragata. Ora il duro monito di Giorgio Napolitano riapre la partita. Ieri il presidente della Repubblica ha esortato le forze politiche a mettere mano al Porcellum con una riforma «non più rinviabile». Una richiesta con un’importante novità. Basta soluzioni condivise: pur di cambiare legge elettorale, si proceda all’approvazione di un testo «rimettendo a quella che sarà la volontà maggioritaria delle Camere – così la lettera di Napolitano ai presidenti delle Camere – la decisione sui punti che non risultassero oggetto di più larga intesa preventiva».
La riforma partirà dal Senato, dove era già incardinata da tempo. Lo hanno stabilito questo pomeriggio Gianfranco Fini e Renato Schifani dopo un breve colloquio. La conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama ha deciso che la commissione Affari costituzionali avrà dieci giorni di tempo per preparare un testo base da sottoporre all’Aula. Compito non facile, date le distanze tra i partiti. Si parte dai 39 disegni di legge dalle 21 petizioni depositati negli ultimi quattro anni in commissione. Ma anche dalle cinque audizioni svolte tra aprile e giugno dello scorso anno, sempre nella commissione presieduta da Carlo Vizzini.
All’ultimo tentativo i partiti riusciranno a trovare un compromesso? È ancora presto per capirlo. Certo, il fallimento delle ultime trattative non suggerisce grandi ottimismi. Ecco perché la nuova legge elettorale – ammesso che le Camere riescano ad approvarne una – potrebbe nascere grazie al voto di una sola parte del Parlamento (come d’altronde era avvenuto in occasione del Porcellum). Portandosi dietro un inevitabile strascico di polemiche.
Per ora le posizioni dei partiti restano note, e distanti. Il Partito democratico torna a proporre il doppio turno di collegio. «Per noi si parte da lì» conferma il segretario Pierluigi Bersani. No alle preferenze e superamento delle liste bloccate con la reintroduzione di collegi uninominali. Ma soprattutto un premio di maggioranza rilevante, in grado di consegnare alla coalizione vincente i numeri per governare. Preoccupato dai rischi di riportare il Paese tra «tangentopoli e la Grecia» Bersani ammette realisticamente: «In Parlamento non abbiamo la maggioranza e si dovranno rispettare le decisioni…». Diverse le indicazioni di Pdl e Udc. Nonostante le ipotesi di una prossima intesa tra Pd e centristi, sul tema legge elettorale i vecchi alleati Berlusconi e Casini fanno fronte comune. Entrambi favorevoli – con poche resistenza interne – alla reintroduzione delle preferenze. Ma anche a un premio di maggioranza il più piccolo possibile. Questa sera, intanto, il Cavaliere incontrerà a Palazzo Grazioli i vertici del partito per trovare una linea comune e studiare una strategia in vista del confronto
Insomma, la missione affidata alla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama sembra davvero difficile. Questa la road map: entro le prossime ore il presidente Carlo Vizzini dovrà istituire un comitato ristretto. Sarà quest’organo, rappresentativo di tutti i partiti presenti in Parlamento, a lavorare con il relatore Lucio Malan per approntare una prima bozza di testo. La riforma sarà presentata il prima possibile all’intera commissione. Entro dieci giorni il disegno di legge dovrà arrivare in Aula. Come riuscire a sintetizzare le diverse posizioni in un’unica proposta, per ora resta un mistero.
A complicare la vicenda ci sono le riforme costituzionali. Il Popolo della libertà chiede che la nuova legge elettorale venga ancorata al tema del Senato federale e del semipresidenzialismo. Il Pd, contrario, propone di accantonare le riforme costituzionali per accelerare sulla legge che dovrà sostituire il Porcellum. Stralciando semmai, solo la norma sulla riduzione dei parlamentari. In serata è l’Aula di Palazzo Madama a dare una prima indicazione: con 149 voti favorevoli e 122 contrari viene respinta la proposta di Pd, Idv, Api e Udc di modificare il calendario dei lavori cancellando dall’agenda della prossima settimana l’esame delle riforme costituzionali. Il percorso della nuova legge elettorale parte in salita.