Un referendum contro la moneta unica. È l’ultima battaglia della Lega Nord. L’estremo tentativo dei dirigenti del Carroccio per riconquistare parte dell’elettorato perduto. Il segretario Roberto Maroni l’ha annunciato pochi giorni fa a Repubblica: «A fine agosto presenteremo in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare per abbinare alle politiche del 2013 un referendum consultivo nel quale i cittadini italiani possano esprimersi sull’euro». Un’iniziativa suggestiva. Ma bocciata da alcuni costituzionalisti. «Stiamo parlando di un istituto che neppure esiste», spiega Andrea Morrone, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Bologna. Per celebrare un referendum consultivo di questo tipo, si dovrebbe modificare la Costituzione italiana.
Tra i militanti della Lega Nord l’iniziativa è stata salutata con entusiasmo. Un po’ meno tra i big del partito. «Già nel passato avevamo fatto delle proposte di legge per iniziative popolari, ma si sono perse di vista. Ci stiamo lavorando», spiega un dirigente di prima fascia di via Bellerio. L’impressione è che la proposta di Bobo possa cadere presto nel vuoto. O meglio, che difficilmente possa essere istituzionalizzata. Il sogno del segretario resta quello di portare il referendum contro la moneta unica nella cabina elettorale alle Politiche del 2013. Per questo motivo la consultazione “No Euro” potrebbe rientrare in una serie di iniziative che la Lega Nord lancerà a settembre in vista delle elezioni. L’antipasto è la festa che si svolgerà sabato in Trentino Alto Adige, ad Avio. Il tradizionale incontro del Carroccio, organizzato dal vicecapogruppo alla Camera Maurizio Fugatti, in cui quest’anno sarà possibile usare la «compianta lira» per comprare birre e salamelle.
Altri argomenti forti. Dopo la moneta unica toccherà all’abolizione del canone Rai, alla cancellazione della legge Merlin e altro ancora. Tutto sarà stabilito durante il primo consiglio federale di settembre, quando i quadri del Carroccio si raduneranno dopo le vacanze, prima degli stati generali del Nord che si svolgeranno a Torino il 28 e 29 dello stesso mese. Maroni ha invitato il ministro per lo Sviluppo Corrado Passera, ma anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi e il giornalista Oscar Giannino. Nel frattempo l’europarlamentare Mario Borghezio si offre di dare una mano per l’iniziativa “No Euro”. «Noi indipendentisti siamo a completa disposizione del segretario per organizzare gazebo in tutta la Padania e avviare una raccolta firme – racconta – Siamo in contatto con gli altri partiti europei e guardiamo con interesse alle prossime elezioni in Germania per capire cosa potrebbe succedere in Europa». In sostanza, si naviga a vista in attesa di ricevere qualche suggerimento oltre confine. Non a caso Maroni, nella sua intervista a Repubblica, ha auspicato che il referendum sull’euro si possa svolgere in tutti gli Stati comunitari prima del 2014. Anno in cui si terranno le elezioni europee.
In primavera sarà davvero possibile celebrare il referendum maroniano? Andrea Morrone è convinto di no: «I referendum in Italia sono di tre tipi. I principali sono l’abrogativo e il costituzionale. E poi ci sono quelli finalizzati alla fusione o alla creazione di nuove regioni. Il referendum di cui parla Maroni non esiste. È un’invenzione».
Altri dubbi riguardano il tema della proposta referendaria. Un quesito pro o contro l’euro? «Si tratterebbe di un referendum abrogativo in materia fiscale o tributaria. Non è possibile», spiega Nicolò Zanon, ordinario di Diritto costituzionale alla Statale di Milano. Anche in questo caso la bocciatura da parte della Corte Costituzionale è dietro l’angolo. Come chiarisce l’articolo 75 della Carta «non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio». Ma anche per le leggi «di autorizzazione a ratificare trattati internazionali». E la moneta unica potrebbe ricadere in entrambe le circostanze. Morrone è più tranchant: «Il tema del referendum è un problema che non si pone neppure, stiamo parlando di un istituto che non esiste»
Eppure un precedente sembra esserci. Nel giugno 1989 gli italiani sono stati chiamati a conferire al Parlamento europeo il mandato costituente. Nel primo, e finora unico, referendum consultivo della storia repubblicana. Un appello a cui rispose positivamente l’88 per cento dei votanti (l’affluenza superò l’80 per cento). «È vero – spiega Morrone – ma per dar vita a quell’esperienza fu approvata una legge costituzionale ad hoc. Maroni dovrebbe seguire la stessa strada». Peccato che da qui al prossimo scioglimento delle Camere non ci siano i tempi tecnici per l’approvazione di una legge costituzionale. «L’unica strada che la Lega potrebbe percorrere – conclude Morrone – è quella dei referendum locali». Un’iniziativa molto ridotta. E, anche in questo caso, senza alcun valore reale.