Conte ci aveva provato: tre mesi di squalifica e 200mila euro di multa. Il prezzo è giusto? Secondo la Commissione Disciplinare, no. La proposta, come prevede il procedimento, era stata formulata d’accordo con il procuratore federale Stefano Palazzi ed è stata respinta. Ora, tra gli avvocati della Juventus e la giustizia sportiva è cominciata una guerra. Richiedono lo stralcio della posizione di Conte, visto che, a loro avviso, rifiutando il patteggiamento, la Commissione ha già espresso un giudizio e quindi non potrebbe, secondo il regolamento, «giudicare Conte». Richiedono la ricusazione, che però è respinta e che, in ogni caso, lo stesso Palazzi ha già definito infondata. Conte può presentare una nuova richiesta di patteggiamento, magari con una pena più alta, oppure infilarsi lungo tutti i gradi della giustizia sportiva, fino al tribunale nazionale di arbitrato dello sport.
Così funziona la giustizia sportiva, in Italia. Si ispira alla giustizia ordinaria, e permette al giudice di controllare le proposte casi di patteggiamento e, se in caso, respingerli, come spiega l’avvocato Paolino Ardìa. Diversa da quella americana, lascia al giudice la possibilità di intervenire e controllare. Antonio Conte era stato deferito per doppia omessa denuncia, cioè la mancata denuncia dell’illecito sportivo compiuto ai tempi del Siena (cioè le partite Novara-Siena, finita 2-2, AlbinoLeffe-Siena, finita 1-0, del campionato di Serie B 2010-11) e su cui Conte avrebbe chiuso un occhio. Ma questa è una violazione che richiede una sanzione da parte della Commissione.
Da qui nascono le proteste dei tifosi juventini: perché per Stefano Carobbio, calciatore giudicato autore della combine del Siena, quattro mesi sono giudicati congrui, e per Conte, che ha compiuto un illecito minore, tre mesi non lo sono? Forse c’è un complotto anti-Juventus? Forse no. «Ci sono diverse possibilità. Forse non è stata giudicata precisa la qualificazione del reato. Ma più probabilmente, è stata giudicato che tre mesi, più una multa, fossero troppo poco». E se questo può lasciare perplessi, Ardia aggiunge: «Bisogna tener conto in mente che la giustizia sportiva e quella ordinaria sono due cose diverse. Sono diverse le norme sostanziali, anche se a volte ci sono dei punti di contatto». Ad esempio, per la frode sportiva, come è capitato a Moggi. In quel caso si tratta di un reato previsto anche nell’ordinamento penale, e quindi giudicato in entrambi i contesti.
In generale, rispetto alla giustizia ordinaria «sono diversi i parametri con cui vengono giudicate le azioni». La giustizia sportiva «è concentrata su questioni come probità e lealtà, rispetto per l’avversario e per la squadra», continua Ardìa. Cioè su cose che costituiscono fatti disciplinari importanti e da rispettare, ma che nell’ordinamento ordinario non rappresentano illecito, di nessun tipo. Forse la chiave è proprio qui. «Nel caso di Conte, è possibile che la Commissione abbia ritenuto grave la sua doppia omissione anche per il ruolo che rivestiva come allenatore». La sua funzione prevede una maggiore responsabilità, tra cui quella di controllare i giocatori, di occuparsi della disciplina dello spogliatoio e individuale. E invece, secondo le accuse, «pur sapendo che era stata organizzata una combine, ha scelto di far giocare lo stesso i giocatori responsabili, mentre poteva impedirlo». E allora, anche se la sua condotta è meno compromettente rispetto a quella di Carobbio, resta grave.
E chissà, forse da qui i giudici sportivi vogliono lanciare un messaggio nuovo al sistema del calcio: chi sbaglia paga, purché sia colpevole. E questo allontana ogni sospetto su complotti contro la Juve, malgrado quello che dicono i tifosi. Ma il tifo, si sa, è di parte e irrazionale, ed è giusto che sia così. La giustizia è un’altra cosa.