I tifosi del Cagliari restano senza stadio. E senza squadra. Dopo aver saltato la prima partita in casa contro l’Atalanta, ieri i fedelissimi rossoblù hanno dovuto rinunciare anche alla seconda gara casalinga, contro la Roma. Lo stadio Sant’Elia non è più agibile da diversi mesi. L’impianto Is Arenas di Quartu Sant’Elena, dove la società sarda sognava di trasferire la squadra, neppure. E dire che il presidente Massimo Cellino ci aveva provato, invitando comunque poche ore prima del match i tifosi ad accorrere numerosi allo stadio (presa di posizione poco gradita alla Prefettura, che per tutta risposta ha annullato la partita).
Per i quattromila tifosi che hanno sottoscritto l’abbonamento non c’è niente da fare. Resta la speranza che i problemi legati all’impianto sportivo si risolvano il prima possibile. Diversa la situazione per una cinquantina di cagliaritani, che allo stadio non potranno andare neppure quando la situazione sarà risolta. Loro a vedere la squadra di Conti e Pinilla rischiano di non andarci più. Quest’estate la società sarda gli ha negato la possibilità di sottoscrivere l’abbonamento. Come se non bastasse, da qualche settimana hanno scoperto che gli è stato precluso anche l’acquisto di singoli biglietti.
Il presidente Cellino ha inserito i cinquanta in una black list. Un elenco di tifosi non graditi. Un inedito, per quanto riguarda il calcio italiano (di solito a diffidare i tifosi sono le questure, non le società). La spiegazione risale allo scorso campionato. Quando mancano quattro gare casalinghe alla fine del torneo – contro Catania, Inter, Juventus, Chievo – lo stadio Sant’Elia viene dichiarato inagibile. La squadra deve trasferirsi allo stadio Nereo Rocco di Trieste. Il presidente Cellino prova a venire incontro ai tifosi: apre all’ipotesi di rimborsare i biglietti, si offre persino di aiutare gli abbonati nell’organizzazione delle trasferte. Ma Trieste è lontana, e alcuni rinunciano.
Una cinquantina di tifosi, esasperati, decide di fare causa alla società. Una Class action portata avanti dall’associazione Casa dei diritti di Cagliari. Insieme al rimborso dei biglietti, gli abbonati rimasti a casa chiedono il ristoro del danno morale. Tra le partite che hanno perso ci sono anche due incontri di cartello: quelli con Juve e Inter. «Inizialmente i tifosi interessati alla Class action erano almeno un centinaio» racconta l’avvocato Renato Chiesa, che insieme al collega Mauro Sollai sta seguendo la vicenda per conto dell’associazione la casa dei diritti. I danni morali? «In realtà si tratta di danni non materiali – continua l’avvocato – Legati al turbamento e alla sofferenza che tanti tifosi hanno subìto per non aver potuto assistere alle partite della propria squadra». Una vicenda ancora in corso – la prima udienza presso il giudice di pace di Cagliari è attesa per il prossimo 17 ottobre – che al presidente Cellino deve essere andata di traverso.
In estate i cinquanta cercano di rinnovare l’abbonamento. Senza riuscirci. Scaduti i termini per la prelazione, con relativo sconto, provano a sottoscrivere una nuova tessera. Solo allora capiscono che i loro nominativi sono stati segnalati dalla società. Non sono più graditi allo stadio. «Non voglio dire che si tratta di ritorsione – spiega l’avvocato Chiesa – Mi limito ai fatti. Quando ad agosto i nostri assistiti si sono presentati nei punti vendita per acquistare l’abbonamento, gli è stato impedito. Gli addetti alla biglietteria hanno spiegato che i loro nomi erano stati inseriti in una black list. Quando venivano inseriti, il sistema informatizzato si bloccava».
Dopo i mancati abbonamenti, il tentativo di fare i biglietti. «E qui la seconda sorpresa. Al botteghino, stesso discorso. A fronte di quei nominativi non si potevano emettere tagliandi» racconta ancora l’avvocato. Alla fine si trova l’escamotage. I cinquanta tifosi riescono ad acquistare i tagliandi – peraltro inutili, data la perdurante inagibilità dello stadio – attraverso il circuito Lottomatica. Ma non tutto è risolto. Adesso si temono ritorsioni. «Per ora il Cagliari continua a non giocare in casa – spiega preoccupato Chiesa – Ma quando finalmente si svolgerà una partita voglio proprio vedere se ai nostri assistiti sarà consentito entrare allo stadio».