STRASBURGO – Niente aiuti all’Italia. Per ora. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, e il ministro delle Finanze, Vittorio Grilli, lo hanno detto chiaramente. I rendimenti dei titoli di Stato italiani sul mercato obbligazionario primario e secondario, almeno per adesso, non giustificano un intervento della Banca centrale europea (Bce). Eppure, Mario Draghi sarebbe pronto ad attivare le nuove Outright monetary transaction (Omt), le operazioni di acquisto di bond governativi dei Paesi in difficoltà. Caricato il bazooka, bisogna mirare. E per ora, nel target della Bce c’è solo la Spagna. Per adesso l’ha avuta vinta il Tesoro italiano.
Il ministro delle Finanze, Vittorio Grilli, è stato uno dei primi a ribadire che l’Italia non avrebbe avuto bisogno di un supporto internazionale, benché dal suo stesso ministero avessero analizzato qualsiasi scenario, compreso quello di una richiesta di sostegno. Come sottolinea a Linkiesta un funzionario del dipartimento del Debito pubblico del Tesoro, «l’Italia è riuscita a sopravvivere all’estate, c’è da esserne contenti, dato che le premesse erano nefaste». Il Tesoro non è il solo che vede rosa. La banca statunitense J.P. Morgan ritiene che «non ci siano le condizioni per una richiesta di aiuti da parte dell’Italia». A sottolinearlo è stato John Normand, numero uno della divisione Global FX Strategy di J.P. Morgan.
«È comprensibile che Roma non chieda il sostegno, dato che la comunicazione di Monti è stata precisa: le riforme hanno bisogno di tempo per far vedere i propri effetti», spiega Normand. In altre parole, anche J.P. Morgan ritiene che l’impennata dei tassi d’interesse italiani siano correlati alla richiesta di sostengo della Spagna, arrivata in giugno. «Il contagio iberico ha fatto molto, anche se le zone d’ombra sono elevate», continua Normand. Nessuna crescita, riforme dai frutti visibili a lungo termine, debito pubblico in aumento, tasso di disoccupazione in aumento, instabilità politica: i problemi arriveranno nel 2013, avverte J.P. Morgan. Parere analogo per Deutsche Bank. «La mossa di Draghi ha tranquillizzato gli investitori, ma si tratta solo di un trasferimento dei rischi», fanno notare gli analisti. Ancora una volta il capo della Bce ha fatto presente ai mercati finanziari che, nel caso ci sarà bisogno, lui farà la sua parte. Ma il grande del lavoro dovranno farlo i singoli governi.
E nel caso dell’Italia, dovrà farlo il prossimo esecutivo. «La crisi finanziaria si può curare con il supporto della Bce, ma quella economica e quella sociale possono essere sconfitte solo dai governi», fa notare la banca tedesca. Ecco perché c’è molta preoccupazione su chi sarà il successore di Monti a Palazzo Chigi. Il timore è che le derive anti-europeiste possano prendere il sopravvento. «Lega Nord e Movimento 5 Stelle sono due facce della stessa medaglia, entrambi hanno a cuore le classi più deboli e per guadagnare i loro voti vanno contro l’euro», spiega Deutsche Bank. Come fu per la Grecia nelle ultime elezioni, l’Italia affronta l’avanzata dei populismi. E, a meno di un preventivo accordo fra i principali partiti politici per un Monti Bis, è facile immaginare una guerra tra favorevoli e contrari all’euro. Il tutto con lo spettro degli aiuti da richiedere alla Bce dietro stretta condizionalità. Draghi ha preso tempo, ma sarà abbastanza? Forse no.
«Senza ritorno alla crescita, l’Italia dovrà affrontare presto il problema di come alimentare le proprie entrate», spiega James Nixon, economista di Société Générale. In altre parole, Roma dovrà decidere cosa fare. «La via più facile è quella di introdurre nuove tasse, quella più difficile è invece l’alienazione dei beni pubblici, come già previsto dal Tesoro», continua la nota della banca transalpina. Eppure, come ha sottolineato dal Forum Ambrosetti il ministro Grilli, l’obiettivo del Tesoro rimane fisso: ricavare circa 15/20 miliardi di euro l’anno in cinque anni dalla vendita dei beni pubblici. Il tutto in modo da ridurre il debito pubblico italiano del 20% in cinque anni. Il prossimo anno, stando alle stime del Fondo monetario internazionale (Fmi), il rapporto debito/Pil italiano raggiungerà il massimo storico a quota 126,4 per cento. «Noi prevediamo nel nostro scenario di base che si superi quota 127% e non sembrano esserci le condizioni per le dismissioni previste», affermano da SocGen. E allora tasse, con tutte i noti effetti depressivi a livello economico.
Nel frattempo, cresce l’attesa per un altro tassello del mosaico europeo contro la crisi. Mancano infatti meno di 24 ore per capire se lo scudo europeo, ovvero il fondo European stability mechanism (Esm), sarà attivato entro fine anno oppure no. Tutto resta subordinato alla decisione della Corte costituzionale tedesca, che si dovrà esprimere sullo Esm. C’è ottimismo intorno alla scelta dei giudici di Karlsruhe, che però potrebbero introdurre un referendum sullo Esm. Una decisione che non stupirebbe, secondo Goldman Sachs. «Come successo per lo European financial stability facility (Efsf), le cui erogazioni devono essere votate dal Bundestag tedesco (il Parlamento, ndr), la Corte costituzionale potrebbe imporre limiti formali e discrezionali allo Esm», fanno notare gli strategist di Goldman Sachs. Il risultato potrebbe essere quello di un bazooka da 500 miliardi di euro tanto machiavellico nella procedura d’attivazione quanto limitato nella potenza di fuoco, come già affermato dal Fmi. Sempre meglio che niente.