Nel Pd laziale sono in tanti a considerare le prossime elezioni regionali una competizione inutile. Una sfida superflua. «Dopo tutti gli scandali della giunta Polverini – scherzava in mattinata un deputato democrat a Montecitorio – sarà come tirare a porta vuota». Difficile non essere d’accordo. Le vicende di Batman Fiorito, dei festini in maschera e delle cene a base di ostriche sembrano aver già deciso l’esito delle urne. Stavolta il partito di Bersani non può perdere. Persino prima della campagna elettorale è chiaro a tutti che presto – a meno di clamorosi autogol – la Regione Lazio tornerà al centrosinistra.
E così subito dopo le dimissioni di Renata Polverini hanno iniziato a diffondersi i nomi dei papabili successori. Voci, certo. In alcuni casi messe in giro dai diretti interessati per accreditarsi. Ma il risultato è disarmante: a 24 ore dall’addio della governatrice è già partito l’arrembaggio dei dirigenti Pd alla Regione. Secondo le indiscrezioni sarebbero impegnati nella corsa il segretario regionale Enrico Gasbarra e il veltroniano Jean Leonard Touadi, ma anche David Sassoli ed Esterino Montino. Qualcuno ha ripescato gli ex ministri Paolo Gentiloni e Giovanna Melandri. E c’è persino chi ipotizza che Nicola Zingaretti possa abbandonare la strada per il Campidoglio e puntare dritto alla poltrona di governatore del Lazio.
Un assalto alla Pisana in grande stile. Che oggi ha costretto i vertici del partito a fare marcia indietro. Nessuna candidatura, nessun toto-nome. È ancora presto, bisogna imparare a contenere gli entusiasmi. «Il fatto che dopo pochi minuti dalle dimissioni di Renata Polverini fiocchino già, con un tempismo degno di miglior causa, i nomi dei possibili candidati o auto-candidati del centrosinistra alla Presidenza della Regione Lazio è parte del male che stiamo vivendo – si lamenta in mattinata il deputato Pd Roberto Morassut alla Camera – La Regione Lazio è distrutta, le istituzioni romane sono al punto più basso della loro storia nella credibilità pubblica, eppure c’è già una folla di candidati che inonda i giornali e molti sono al lavoro per sé stessi prima che per gli altri».
È la linea ufficiale. Intervenendo a un incontro pubblico a Palazzo Valentini, in tarda mattinata il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti conferma: «Serve responsabilità. È il tempo in cui dobbiamo fare un passo indietro di fronte a personalismi e protagonismi». Alcuni dei possibili candidati iniziano a sfilarsi. È il caso di Jean Leonard Touadi, deputato veltroniano, ex titolare della Sicurezza al Campidoglio. In molti lo consideravano in pole position per l’incarico. Originario del Congo, la Repubblica ne aveva già iniziato a parlare come il «Barack Obama della Pisana». Lui smentisce le indiscrezioni con un sorriso. Intercettato in Transatlantico allarga le braccia: «Nessuna candidatura, queste cose le mettete in giro voi giornalisti».
Declina con cortesia la candidatura anche il segretario regionale, Enrico Gasbarra. Da poco eletto alla guida del partito locale attraverso le primarie, in una competizione elettorale di questo tipo rappresenta l’usato sicuro (in passato ha già amministrato la Provincia di Roma). Per tutti resta ancora il candidato numero uno. Ma dal suo staff quasi si arrabbiano. «Gasbarra candidato alla presidenza della Regione? Assolutamente no». Spiegano che è ancora troppo presto, è successo tutto molto in fretta, non c’è ancora stato tempo per una approfondita riflessione…
Fuorigioco anche il capogruppo in Regione Esterino Montino. A scanso di equivoci lui assicura che una volta sciolto il Consiglio, non si presenterà più alla Pisana. «La Regione è rimasta paralizzata per due anni e mezzo – spiega al telefono – La maggioranza è caduta clamorosamente, in maniera vergognosa. Adesso evitiamo di puntare tutta la campagna elettorale guardando al passato. C’è bisogno di rinnovamento, di volti nuovi. Io ho già dato abbastanza». Il capogruppo Pd al Parlamento europeo David Sassoli è un altro dei nomi più chiacchierati. Vicino al capogruppo alla Camera Dario Franceschini, sarebbe il terzo giornalista Rai alla guida della Regione (Dopo Piero Badaloni e Piero Marrazzo). Anche lui oggi preferisce rimanere dietro le scene. È a Bruxelles, racconta la sua segreteria. Sarà impegnato con il congresso del Pse fino al weekend.
Nessuno si espone, ma su una cosa sono tutti d’accordo. «Bisogna andare rapidamente al voto» assicurano. Il prima possibile. Stando alla legge regionale 2/2005, nei casi di scioglimento del Consiglio regionale si procede a nuove elezioni del consiglio e del presidente della Regione entro tre mesi. «Si deve votare entro la fine di novembre» taglia corto il capogruppo Pd alla Pisana Montino – Tecnicamente si può e si deve fare».
E le primarie? Il candidato alla presidenza della Regione Lazio verrà scelto dalla segreteria del partito o sarà selezionato dal popolo democrat? Nel partito quasi tutti assicurano che ci sarà un’elezione interna. Peccato che il tempo a disposizione potrebbe non essere sufficiente (le primarie per il Campidoglio si terranno il 20 gennaio, ma il quel caso le elezioni sono previste per aprile). Montino spiega che votando per le Regionali alla fine di novembre, sarà possibile svolgere le primarie l’ultimo weekend di ottobre. Touadi non è così sicuro: «Non so se ci sarà il tempo. Ma al di là dello strumento, il Pd non rinuncerà a meccanismi di partecipazione».
Di certo le primarie serviranno anche per trovare una sintesi con gli alleati di centrosinistra. Nessuno lo dice apertamente, ma è chiaro che al prossimo giro si rischia di dover fare i conti anche con l’Udc (oggi alleato del Pdl in regione ma domani, probabilmente, vicino al Partito democratico). Qualcuno ipotizza già a un accordo. Magari una spartizione delle poltrone con un candidato centrista al Campidoglio e uno Pd alla Regione (o viceversa). «Non ci pensiamo nemmeno – dice un democrat alla Camera – Noi corriamo con i nostri uomini». Esterino Montino non è d’accordo. «Il candidato alla Regione non deve essere per forza espressione del Pd. La sua deve essere una figura gradita alla coalizione. Ci deve essere un elemento di rispetto per gli esponenti del vecchio centrosinistra, ma anche per le nuove forze che condivideranno con noi un programma e una fase di transizione». Uno scenario suggestivo, che ha già dato vita alla prima ipotesi. Per la successione di Renata Polverini il nome che potrebbe mettere tutti d’accordo sarebbe quello di un ministro tecnico del governo Monti: il responsabile della Cooperazione internazionale Andrea Riccardi. Il diretto interessato sembra aver già smentito. In linea con le indicazioni dei dirigenti Pd.