Sognando Monti leader, Pdl e Udc si avvicinano

Sognando Monti leader, Pdl e Udc si avvicinano

Dieci giorni fa l’intervento all’ufficio di presidenza del Partito popolare europeo a Firenze. Venerdì prossimo la partecipazione all’Internazionale democristiana di Roma. Bastano questi due appuntamenti del presidente del Consiglio Mario Monti per scatenare l’entusiasmo di tanti esponenti dell’area “moderata” italiana. Le indiscrezioni girano. Il Professore sarebbe in cerca di una nuova legittimazione politica. Magari un impegno diretto nel Ppe che finirebbe per accelerare la ricomposizione del centrodestra italiano. I più ottimisti già immaginano l’ex commissario europeo alla guida di un esecutivo politico – formato centrodestra – per portare la sua agenda di governo anche nella prossima legislatura.

I diretti interessati invitano alla calma. Venerdì Monti sarà al vertice di Villa Pamphilj, dove incontrerà diversi leader europei del Ppe. Ma solo perché il suo ruolo istituzionale non prevede alternative. Monti vedrà il primo ministro greco Antonis Samaras, il premer irlandese Enda Kenny e il capo di governo spagnolo Mariano Rajoy. «Piuttosto sarebbe strano se Monti non partecipasse». Eppure resta difficile credere che i due incontri a distanza ravvicinata siano solo una coincidenza (anche se il premier assicura che quando il Pse organizzerà un convegno in Italia sarà felice di partecipare anche a quello). Avevano già fatto discutere alcune affermazioni del presidente del Consiglio durante l’incontro di Firenze. In particolare l’ammissione di Monti di aver giocato un ruolo importante nell’operazione di ingresso di Forza Italia nel Ppe. Le suggestioni aumentano. Senza considerare che venerdì il vertice di Roma sarà presieduto proprio da Pier Ferdinando Casini. Il leader dell’Udc da sempre convinto sostenitore di un secondo mandato a Palazzo Chigi per Monti, e per l’occasione leader dell’Internazionale democristiana.

Di certo l’avvicinamento di Monti al Ppe aiuterebbe non poco la ricomposizione del centrodestra. Un’operazione cui, suo malgrado, rischia di contribuire anche Pier Luigi Bersani. Il segretario del Pd è sempre più vicino all’ala sinistra del suo partito (e a Nichi Vendola). Costretto a questo posizionamento dal prossimo duello alle primarie con il sindaco rottamatore Matteo Renzi, più vicino all’area liberal. Ed è difficile immaginare un dialogo – figurarsi un’alleanza – tra un Partito democratico allineato a Sel e i filomontiani dell’Udc.

Un Monti organico al Partito popolare – ipotesi gradita non solo da ex Forza Italia e centristi ma anche da buona parte del mondo d’Oltretevere – potrebbe così agevolare la nascita di un nuovo centrodestra. Risparmiando parecchi imbarazzi ai protagonisti dell’operazione. Per Silvio Berlusconi rappresenterebbe l’unica strada per vincere le elezioni senza avere l’obbligo di candidarsi (ipotesi che il Cavaliere sta ancora vagliando). Da parte sua Pier Ferdinando Casini avrebbe vita facile a giustificare un’intesa di governo con un Pdl “responsabile”. Un partito che ha già sostenuto l’esecutivo tecnico di Mario Monti. Ora senza l’ingombrante presenza del Cavaliere.

Insomma, Pdl e Udc ancora insieme. Ma senza dirlo troppo in giro. Non si tratta di presentarsi insieme alle elezioni, ipotesi oggi non percorribile. Quanto, semmai, di ritrovarsi dopo il voto. Magari in compagnia di altre forze politiche e personalità legate all’attuale governo e al mondo dell’imprenditoria (da Montezemolo a Passera, fino alla Marcegaglia).

Uno scenario non immediato, ma reale. Non è un mistero che parte del mondo berlusconiano – specie gli ex Forza Italia – spinga per questa soluzione. L’unica difficoltà resta la legge elettorale. Se rimanesse in vigore il Porcellum il progetto rischia di non decollare. Diverso il discorso se il prossimo anno si andrà a votare con un sistema proporzionale, magari con un premio di maggioranza limitato. Una legge che obblighi i partiti ad accordarsi in Parlamento, dopo il voto.

Le prime prove di intesa tra Pdl e Udc partiranno proprio da qui. Dalla riforma della legge elettorale che tra pochi giorni inizierà il suo iter al Senato. Un confronto parlamentare – dopo i vani tentativi di trovare un accordo in estate – che vede giocare gli uomini di Berlusconi e Casini nella stessa squadra. Entrambi convinti sostenitori di un impianto proporzionale, di un premio di maggioranza al primo partito non superiore al 10 per cento e – salvo qualche eccezione – d’accordo sull’introduzione delle preferenze. Insieme, in opposizione al Partito democratico. Uno scenario impensabile fino a pochi mesi fa. Ma ora incredibilmente concreto.