Il rilancio passa dall’Italia. Sergio Marchionne ha confermato che nel futuro di Fiat c’è il suo Paese natio. Nessuna chiusura degli stabilimenti italiani, come invece si era stimato per via dell’evidente gap nella sovraproduzione di vetture. Parte di questa, ha sottolineato l’amministratore delegato di Fiat e Chrysler, sarà destinata al resto del mondo. «Abbiamo calcolato che il 15% della capacità produttiva sarà per l’export», ha rimarcato Marchionne, seguendo le linee guida generali elaborate con Palazzo Chigi dopo l’abbandono del progetto Fabbrica Italia.
La scommessa è grande, la crisi profonda, gli obiettivi fin troppo ambiziosi. Dopo una trimestrale migliore delle attese, è ora di parlare del futuro industriale del gruppo. E lo smarcamento di Fiat e Fiat Industrial è netto. Forte nel mondo, debole in Europa. Non è un caso che, al netto dei ricavi provenienti da Chrysler (che ieri ha registrato un +80% nelle vendite, ndr), ci sia una perdita di 281 milioni di euro, con i ricavi europei in crollo del 13 per cento. In positivo le stime per l’intero 2012: ricavi per 83 miliardi di euro, utile netto oltre i 1,2 miliardi, utile della gestione ordinaria di 3,8 miliardi e una riduzione del debito a 6,5 miliardi. Poco positive le stime per il 2014, con ricavi compresi fra 94 e 98 miliardi di euro, contro i 104 previsti nel 2010, e un risultato operativo in un range tra 4,7 e 5,2 miliardi di euro, assai meno dei 7,5 stimati nel 2010. In Piazza Affari, il titolo ha chiuso con il segno meno, lasciando sul terreno il 4,66% a quota 3,93 euro.
Ma il capitolo più pesante è quello sui volumi di vendita. Se nel piano industriale di due anni fa si prevedevano 6 milioni di vetture prodotte l’anno, ora le previsioni per il 2014 sono comprese fra i 4,6 e i 4,8 milioni di unità, inclusa Chrysler. In netto calo l’Europa. Nell’area Emea (Europa, Medio Oriente, Africa) sono state vendute 206.000 autovetture, un quinto del totale. Pesante la contrazione rispetto allo stesso periodo del 2011, circa il 15 per cento. Queste sono cifre in linea con i Piani operativi di settembre, anticipati da Linkiesta. In questi, si prevedeva un 2012 con una produzione di 734.000 unità negli stabilimenti europei (Mirafiori, Melfi, Pomigliano d’Arco, Cassino, Tychy e Kragujevac), circa il 40% cento in meno rispetto a tre anni fa. Un piccolo aumento dovrebbe avvenire nel corso del 2013, dato che le prime stime parlano di circa 826.400 auto. E poi bisogna aggiungere i nuovi modelli che ha oggi annunciato Marchionne. Uno di questi sarà la 500X, suv compatto destinato a sostituire la Fiat Sedici prodotta insieme alla Suzuki e che potrebbe essere venduto anche a marchio Alfa Romeo per entrare in competizione con la Mini Countryman.
Se è vero che il nome di questo modello era contenuto nei Piani operativi di settembre in riferimento a Mirafiori, è altrettanto vero che non c’era alcuna indicazione sulla partenza della produzione. C’è poi la 500L Long, che entrerà in linea a Kragujevac nel 2013 per circa 17.400 unità. Infine, i nuovi modelli Maserati, una nuova berlina e, probabilmente, il suv di lusso per rubare quote di mercato alla Porsche Cayenne, la cui piattaforma sarà utilizzata anche da Jeep. Poi, nei prossimi tre anni, si vedrà. La segmentazione di Fiat, lo ha detto chiaramente Marchionne, dovrà tenere conto del nuovo mondo in cui si muove l’automotive.
Proprio in quest’ottica, sarà portato avanti il rilancio di Alfa Romeo, marchio ancora spendibile negli Usa per via del suo appeal, e di Maserati. Per la storica casa di Arese arriverà la piccola coupé 4C, i cui esemplari sono già in prova nelle strade fra Torino e Balocco, dove ha sede il circuito di test del Lingotto. E per Maserati, la vera scommessa. Aggredire mercati saturi come quello delle suv di lusso non sarà facile, come anche mantenere le proprie quote nel segmento delle berline di lusso ad alte prestazioni. E come previsto, il lento declino di Lancia è ormai completo. Rimarrà, forse, solo sul segmento delle piccole, tramite la Ypsilon.
Nessuna auto del segmento premium, quindi, né per Lancia né per Fiat. Le ammiraglie del gruppo saranno la Alfa Romeo Giulia (anche se non è chiaro quando sarà lanciata) e la Maserati Quattroporte. La reale incognita di Fiat è la sua liquidità. Stando ai dati diramati oggi dal Lingotto, il gruppo può contare su 20 miliardi di euro di liquidità, compresi circa 3 miliardi in linee di credito non ancora utilizzate. Tanto, ha spiegato anche Goldman Sachs, che si attendeva cifre minori. Ma è elevato anche il debito, passato dai 5,4 miliardi di euro di giugno ai 6,7 miliardi di oggi. Un risultato fuori dalle aspettative.
I soldi per investimenti e risanamento del debito ci sono. Ma meglio attendere che il clima economico diventi più propizio. Nel frattempo, è però possibile l’esplorazione di nuove vie di collaborazione con altri costruttori, come Peugeot e Opel. Il ragionamento che Marchionne fa spesso coi suoi collaboratori è chiaro: se non c’è domanda, non ci può essere offerta. Lo si è visto con Peugeot, Citröen e Ford, tre colossi dell’auto che negli ultimi dodici mesi hanno lanciato diversi nuovi modelli, rimasti poi sui piazzali. La prima ha dovuto chiedere l’apertura di una linea di credito al governo francese. La seconda è vicina a farlo. La terza ha deciso di chiudere tre stabilimenti: Dagenham, Genk e Southampton. E perfino il gigante Volkswagen ha ammesso che la Up!, la piccola utilitaria che doveva sbancare su tutti i mercati europei, ha fallito gli obiettivi. Fiat, almeno, non ha chiuso stabilimenti, né chiesto aiuti di Stato. Per ora.