Fini, quella casa è di suo cognato. Mantenga la parola e si dimetta

Fini, quella casa è di suo cognato. Mantenga la parola e si dimetta

Bastano poche e semplici parole, in certi casi. Basta ricordare a un uomo politico l’impegno che aveva preso a suo tempo. Aveva detto, il presidente della Camera Gianfranco Fini, che se fosse emersa l’evidenza della proprietà della casa di Montecarlo di Giancarlo Tulliani, fratello di sua moglie Elisabetta, lo stesso Fini si sarebbe dimesso.

La storia, complicata dal punto di vista tecnico e dei passaggi di danaro e proprietà tra faccendieri chiacchierati e cognati altrettanto chiacchierati, è in realtà piuttosto semplice. Quella casa era nelle disponibilità di chi amministrava i beni dell’ex Movimento Sociale Italiano, di cui Fini era stato l’ultimo segretario. Quella casa era stata donata da una ricca nobildonna al partito, a quella causa. Tanto tempo dopo, venne fuori che Giancarlo Tulliani – chissà a che titolo, e su che mandato – aveva trovato acquirenti interessati per quella casa.

Si scopre – acqua calda, per molti, ma comprovata dal buon lavoro giornalistico de L’Espresso e del Fatto – che quell’acquirente era Tulliani stesso, che forse per pudore si era dimenticato di dirlo al cognato. Che quindi, nel migliore dei casi e fino a prova contraria, si era fatto fregare. 

Ora, quei mesi li ricordiamo tutti: la battaglia politica che si preparava per la fine politica del berlusconismo; il ruolo border line, rispetto all’istituzione che rappresentava, mentre fondava un partito e agitava una maggioranza democraticamente eletta; le tante cose vere che Fini diceva – sempre sostenuto da un’ottima stampa, che anche oggi è assai timida nel riprendere lo scoop de L’Espresso.

Ma il punto qui è un altro. Fini ha dato la sua parola: «Se quella casa è di mio cognato mi dimetto». Ecco, presidente, quella casa è di suo cognato. Ormai lo sanno anche i muri. Si dimitterà o aspetterà i tempi biblici di una sentenza definitiva? Sarebbe assai doloroso constatare che il presidente della Camera non onora la parola data trincerandosi dietro ai cronici problemi del sistema Italia.

(Per adesioni a questo appello, scrivete a [email protected] e diffondete sui social network)

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