“A Roma il partito è vecchio”, Renzi non ci sta a perdere nella capitale

“A Roma il partito è vecchio”, Renzi non ci sta a perdere nella capitale

Matteo Renzi e Roma. Un amore mai nato. Nella Capitale il sindaco di Firenze non sfonda. Anzi, domenica scorsa ha persino rischiato di chiudere il primo turno delle primarie al terzo posto, superato da Nichi Vendola. I rapporti tra l’inventore della rottamazione e la Città Eterna difficilmente miglioreranno. Oggi Renzi si fa intervistare sul quotidiano cittadino, il Messaggero. Sulle pagine del giornale critica duramente il Pd romano. Più tardi, intervenendo in radio, torna a prendersela con uno dei simboli del partito capitolino: il due volte sindaco Walter Veltroni. Mentre i vertici del Pd di Roma si scagliano contro Renzi, i bene informati svelano un curioso dettaglio. All’indomani del primo turno, sorpreso dai risultati, lo staff renziano avrebbe chiesto il riconteggio dei voti nella Città Eterna. Vedendosi togliere altre settanta preferenze.

Poche sorprese. Lo staff del sindaco rottamatore sapeva che a Roma sarebbe stata difficile. «Qui l’apparato è forte». I dirigenti del partito sono tutti con il segretario (lo dimostra la massiccia presenza dei vertici democrat in uno degli ultimi appuntamenti della campagna bersaniana al cinema Farnese). Risultato? In città Bersani ha sfiorato il 50 per cento. Alla fine ha chiuso con il 47,03 per cento dei voti. In alcuni quartieri il segretario Pd ha stravinto. Roma Est: a Centocelle ha ottenuto il 51,29 per cento, a Torre Spaccata e Torre Maura il 52,4, in zona tiburtina è arrivato al 50,77 per cento. Renzi si è fermato ben al di sotto del 30 per cento. Parecchi punti in meno rispetto al dato nazionale. A salvare un risultato altrimenti incredibile solo due municipi. Il secondo, corrispondente al quartiere Parioli. E il ventesimo (Corso Francia, Ponte Milvio, Cassia, Flaminia). Due zone della ricca borghesia romana – salvo qualche eccezione – dove il sindaco di Firenze ha raggiunto rispettivamente il 33,38 e il 36,26 per cento dei voti.

E così sembra che in Toscana qualcuno se la sia presa. Al centro delle polemiche è finito il comitato renziano della Capitale. Incapace di coinvolgere la città. Ma anche i parlamentari romani che si sono schierati con il sindaco. Le cronache raccontano che nella lunga notte dello spoglio – chissà se è vero – alcuni deputati vicini a Renzi avrebbero tentato invano di contattare al telefono il loro candidato. Troppo arrabbiato per rispondere. «Noi che su Roma ci siamo tutti i giorni dovevamo e potevamo forse far meglio per testimoniare la battaglia del sindaco di Firenze: mi assumo in prima persona la responsabilità di un risultato che poteva essere migliore» ha spiegato poche ore fa con coraggio Mario Adinolfi, uno dei parlamentari democrat della Capitale.

Qualche responsabilità, in realtà, spetta anche a Renzi. Non tanto per non aver puntato sull’elettorato cattolico. «Il fatto che sia mancato il voto dei cattolici – ha riconosciuto – è sicuramente anche colpa mia perché tra i cinque candidati ero sicuramente quello con più storia». Quanto per la poca presenza in città. A fine settembre il sindaco di Firenze si era presentato con il suo camper – sfruttando l’occasione offerta da un invito nel salotto di Porta a Porta – assicurando un grande evento in città nelle settimane successive. Esclusa l’inaugurazione del suo comitato elettorale, non è stato organizzato più nulla.

Intanto Renzi se la prende con i vertici Pd di Roma. Un intervento non casuale, a pochi giorni dal voto, proprio sul quotidiano della Capitale. Intervistato dal Messaggero, stamattina il sindaco rottamatore ha ammesso: «A Roma e in tutto il Lazio siamo andati male, non siamo stati sufficientemente bravi». Spiegando, però, che nella Città Eterna «è più difficile sfondare, dopo aver sostenuto che bisogna sfoltire la burocrazia». «Andare contro l’apparato del Pd è stato ed è difficile ovunque, ma a Roma ancora di più». Il centrosinistra romano? «È quello che ha collezionato due sconfitte facendo vincere prima Alemanno e poi la Polverini». Da tempo, peraltro, Renzi è convinto che «nessuno dei consiglieri del Pd» alla Regione Lazio vada ricandidato. «Hanno votato, e si sono spartiti con Fiorito e altri, rimborsi ed emolumenti». Un’intervista che ha sollevato la stizzita reazione del segretario Pd di Roma Marco Miccoli. «Al “nervosetto” Renzi – le sue parole – Non permettiamo di dire inesattezze e falsità».

Per completare l’attacco, più tardi Renzi ha spiegato sul Radio 24: «Se perdo le primarie, siccome non ho niente da chiedere a Bersani, non farò né il ticket con lui né il ministro. Non dirò mai che vado in Africa. Non voglio prendere in giro». Chiaro il riferimento all’ex segretario democrat Walter Veltroni, già sindaco della Capitale, che in passato aveva promesso un suo ritiro nel Continente Nero.

Intanto si avvicina il voto di domenica. Prima del ballottaggio Renzi non tornerà a Roma, come invece avevano chiesto alcuni sostenitori. In città è arrivato Giorgio Gori. Il collaboratore del sindaco ha volantinato oggi assieme ad alcuni ragazzi del comitato “giovani per Renzi” a Ostiense, davanti alla sede di Eataly. Per i prossimi giorni il sindaco di Firenze avrebbe programmato alcune tappe al Sud: in Sicilia e Puglia. Quella romana è una sfida già persa? Lo staff del sindaco assicura di no. Anche sulla base dei risultati del primo turno, i renziani sono certi di poter recuperare qualcosa. Si guarda agli elettori di Nichi Vendola. Ma soprattutto si spera nel voto – qualche ora fa la decisione di ammettere le registrazioni online – di nuovi sostenitori.

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