«Vedrete, abbiamo preparato alcune sorprese. Nell’ultimo periodo abbiamo fatto i bravi ragazzi, almeno fino al confronto tv dell’altra sera. Ma adesso si cambia». I renziani promettono un finale di campagna all’attacco. A dieci giorni dal primo turno delle primarie, si apre l’appuntamento della Leopolda. È il terzo anno. Tre giorni di incontri per avvicinarsi al meglio al voto del 25 novembre. Con un rinnovato ottimismo. «C’è la concreta possibilità di vincere» anticipa ai giornalisti Renzi appena entra in sala.
La parola d’ordine è “contenuti”. La rottamazione da sola non basta. Ecco perché l’appuntamento di Firenze servirà soprattutto per discutere del programma. Il sindaco lo ha annunciato poche ore prima di iniziare, sul suo profilo Facebook: «Chi dice che non abbiamo idee e che vogliamo solo demolire il vecchio, provi ad ascoltarci. Magari non ci vota. Però scoprirà che abbiamo idee e concretezza, non solo entusiasmo e cuore».
Gli interventi programmati per la prima serata dell’evento non sono casuali. C’è il senatore Pietro Ichino, uno dei primi ad arrivare alla Leopolda. La sua riforma del lavoro, basata sulla flex-security, ha già conquistato Renzi. Idee, non poltrone. Mentre aspetta l’inizio dei lavori seduto in prima fila Ichino spiega. «Io responsabile del Lavoro? Sarei pronto, ma penso che ci sarebbero altri ottimi ministri. Bisogna fare posto ai 30-40enni: io di anni ne ho 63».
Dopo di lui parla Davide Serra, il finanziere che qualche settimana fa ha organizzato una cena di raccolta fondi per Renzi a Milano. Evento finito al centro delle polemiche, anche per la decisione di svolgere il confronto a porte chiuse. Oggi si cambia. Serra ci mette la faccia, racconta la sua storia, difende il suo lavoro. «Vogliamo proporre proposte chiare su economia e finanza – spiega Renzi parlando con i giornalisti poco prima di iniziare – Un rapporto diverso con le banche. Andremo a prendere i soldi portati in Svizzera. Non vogliamo i nomi di chi ce li ha portati, ma vogliamo quei soldi».
C’è ottimismo tra i renziani. In vista del primo turno sono già nati oltre duemila comitati elettorali in tutta Italia. Anche l’appuntamento fiorentino pensa in grande. Lo scorso anno erano intervenuti seimila curiosi. Stavolta dovrebbero essere circa diecimila (almeno così assicurano dall’organizzazione). Stasera ce ne sono un migliaio. Ma come ripete Renzi, «c’è la concreta possibilità di vincere: non è un modo di dire, vedendo i dati è a portata di mano». È solo pretattica?
La Leopolda chiude ufficialmente la fase del camper. Il grande giro in tutta Italia che negli ultimi due mesi ha portato il sindaco in 108 province. Anzi, di quella campagna elettorale on the road la tre giorni fiorentina è la celebrazione. Fuori dall’ingresso principale è stato parcheggiato il camper griffato Renzi, un po’ trofeo un po’ reliquia. Dentro, sulle pareti, le gigantografie dei dinosauri che avevano caratterizzato la scorsa edizione sono state sostituite da grandi poster: ricordano le tappe più suggestive del viaggio. Ovunque immagini di teatri pieni. Sorrisi e strette di mano.
Un allestimento sobrio. Un anno fa sul palco c’era un divano, un tavolo. Uno scenario quasi casalingo. Stavolta il palco è vuoto. Solo un podio trasparente. Dietro un maxischermo, a lettere cubitali, lo slogan dell’evento. “Viva l’Italia viva”. Obamiano il titolo: “Il meglio deve ancora venire” (la prima citazione del presidente americano dopo la rielezione).
È davvero partita una nuova fase della campagna elettorale? Il sindaco torna a fare il cattivo ragazzo? È presto per dirlo. Intanto dopo tanti attestati di stima, nel pomeriggio Renzi torna a polemizzare con la dirigenza del partito. Al centro dello scontro i due euro che gli elettori dovranno versare nei gazebo. «Un contributo che secondo me potevano risparmiarsi. Soldi che, credo, se li prenda l’organizzazione delle primarie ma, sinceramente, non ho la minima idea a che cosa servano». Immediata la replica stizzita del coordinatore Nico Stumpo «Senza polemiche con Renzi, ma per precisione, tutto ciò è stato deciso insieme e consapevolmente».
La vicenda permette al sindaco di Firenze di tornare a parlare di uno dei punti forti del suo progetto. L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Forte dei 142 mila euro raccolti durante i primi due mesi della campagna elettorale, sulla newsletter di oggi il sindaco precisa: «Io sono l’unico tra i cinque candidati, che vuole l’abolizione». Si parla di trasparenza. Il capo dello staff renziano Roberto Reggi attacca Pier Luigi Bersani. L’ex sindaco di Piacenza apre i lavori della Leopolda poco prima delle 19 – quasi un’ora di ritardo rispetto al programma – e se la prende con il segretario Pd.
«Abbiamo detto che noi rinunciamo a grandi contributi, come quello della famiglia Riva, proprietaria dell’Ilva, e chiediamo al segretario Bersani di rinunciare anche lui a contributi significativi che riceve dalla famiglia Riva e di chiedere alla famiglia Riva di destinare quei soldi alla bonifica dell’Ilva di Taranto».
Su trasparenza e regolamento delle primarie Reggi se la prende – ma non è una novità – con il segretario. «Continuiamo a guardare ogni cinque minuti il tuo sito e non vediamo come spendi i tuoi soldi». Torna il tormentone delle regole delle primarie: «Regole frutto di una paura sconsiderata, che mettono a rischio la partecipazione». Le polemiche sono destinate ad andare avanti. «Siamo molto indietro con le registrazioni – prosegue Reggi parlando delle operazioni di voto – Si prefigura un caos totale per il giorno delle primarie».
Riforma del Porcellum, election day. Nuove bordate contro i gruppi parlamentari, anche democrat. «Trovo imbarazzante che non solo non si riesca a fare una legge elettorale degna di questo nome – spiega Renzi alla stampa – ma si litighi anche sulla data del voto».
In sala c’è Giorgio Gori, a dispetto del presunto scontro con Renzi. Sul palco si alternano, tra gli altri, Giuliano Da Empoli, il deputato Pd Ermete Realacci, il giornalista Tiberio Timperi. Tra gli oratori più applauditi, Pietro Ichino. Anche da parte sua, una forte critica alla dirigenza Pd. «Credo che i leader della sinistra degli ultimi anni – spiega il senatore – dovrebbero rendere conto del proprio operato». E ancora: «Se per sinistra si intende uguaglianza, lotta alle disuguaglianze, il bilancio della sinistra italiana è fortemente deficitario. Abbiamo bisogno di una sinistra in grado di mandare al macero le duemila pagine del nostro diritto del lavoro, che nessuno è più in grado di leggere». Ichino chiede ai vertici «umiltà», «autocritica».
Renzi si limita a commentare su twitter: «C’è più sinistra in cinque minuti di Ichino che in dieci anni di discussione dei soliti noti».