Tre giorni non sono sufficienti per cancellare un anno. Ma il pericolo è concreto. La crisi di governo che si è aperta fra giovedì e sabato della settimana appena finita rischia di destabilizzare l’Italia e, con essa, l’eurozona. A tal punto che perfino il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, non ha usato mezzi termini per esprimere le sue preoccupazioni: «L’Europa ha bisogno di stabilità e Silvio Berlusconi è il contrario della stabilità». Parole di fuoco, ma che testimoniano un sentimento comune fra euroburocrati e investitori internazionali. Il ritorno di Silvio Berlusconi e le dimissioni di Mario Monti ha rotto l’equilibrio trovato dall’Italia negli ultimi quattro mesi. E non è ancora chiara l’entità del danno.
Le dimissioni di un capo di governo sono uno di quegli eventi che hanno un potenziale distruttivo per un Paese. Tanto più se il Paese in questione è l’Italia e se il capo di governo si chiama Mario Monti. L’inizio di dicembre è stato all’insegna della positività. I rendimenti dei Btp con scadenza decennale sul mercato secondario è tornato sotto quota 4,5 per cento. I tassi d’interesse oltre il 7% del novembre 2011? Un ricordo. Il rendimento del 6,65% fatto segnare a fine luglio, prima del discorso di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea (Bce), alla Global investment conference di Londra? Idem come sopra. Con la ridiscesa in campo di Berlusconi, è quasi scontato che ci sarà un sussulto sul mercato obbligazionario.
Il timore è che tutto il percorso intrapreso dall’Italia negli ultimi dodici mesi possa rallentare, o interrompersi. Come ha fatto notare Barclays sul finale di settimana, le elezioni anticipate in Italia non erano un evento così imprevedibile. Anzi. Quello che conta, rimarca la banca britannica, sono due elementi: la stabilità del Paese e il clima di approccio alla tornata elettorale. Un finale di legislatura da brividi, tra le sfuriate dei politici contro le misure adottate da Monti e annunci populisti contro il naturale processo di integrazione europea, è quello peggiore. «L’Italia torna sulle prime pagine dei giornali con lo stile di sempre», dice invece Nordea. La banca scandinava ritiene che stia prendendo piede l’eventualità di uno stallo politico simile a quello visto in Grecia prima dell’estate. Una possibilità che quindi apre le porte a un ritorno di Monti a capo di una grande coalizione.
«È difficile immaginare uno scenario più intricato di quello odierno», dice un private banker di Julius Bär. Il motivo è da ricercarsi nella schizofrenia dei partiti politici italiani. Da un lato c’è Berlusconi, i cui piani politici ancora avvolti nel mistero. «La sua candidatura sempre essere certa, ma quale programma porterà di fronte agli elettori? Attaccherà l’euro? Cancellerà le riforme introdotte da Monti?», si chiede il banchiere. Dall’altro c’è Pier Luigi Bersani, leader del Partito Democratico, che continua la sua cavalcata senza troppi colpi di testa. Ma anche in questo caso, sono troppi i punti oscuri del programma, a cominciare dalla patrimoniale. «L’imposta sulla ricchezza è diventato uno dei leit motiv del centrosinistra europeo, ma sono più i danni che i benefici», avverte il banchiere.
La settimana che inizia oggi vedrà l’Italia di nuovo sotto i riflettori dei mercati finanziari. La supremazia di Bersani nei sondaggi non è per ora in discussione. La maggiore incognita per gli investitori è rappresentata sull’appeal che Berlusconi ha ancora nei confronti del suo elettorato storico. E poi c’è Beppe Grillo. Il Movimento 5 Stelle è a ridosso del 20% su base nazionali, secondo la totalità dei sondaggi. Ma, come avverte UBS, dato il crescente sentimento di antipolitica è possibile che, dati gli ultimi sviluppi, possa esserci un exploit improvviso. Uno scenario non certo apprezzato dagli operatori finanziari. E dire che un minimo di fiducia era tornata.
Negli ultimi due mesi diversi investitori istituzionali hanno deciso di comprare titoli di Stato italiani. Gli acquisti sono stati numerosi: da Goldman Sachs a Pimco, il più grande fondo obbligazionario mondiale, passando per J.P. Morgan e BlackRock, il maggiore gestore di fondi a livello globale. Una scommessa notevole. L’idea è che, dopo un rally positivo sull’onda delle rassicurazioni del presidente della Bce Mario Draghi sulla tenuta dell’euro come valuta, l’Italia avrebbe tratto giovamento dall’eventuale richiesta di aiuto della Spagna tramite le Outright monetary transaction (Omt), le operazioni di acquisto di bond governativi da parte della Bce.
La realtà è che, di fronte alle dimissioni di Monti e al ritorno in campo di Berlusconi, tutte le posizioni aperte finora dalle banche d’investimento potrebbero essere chiuse. In tanti, del resto, hanno già chiuso i rubinetti. Il fondo sovrano norvegese pochi giorni fa ha comunicato di aver chiuso l’80 delle posizioni aperte sull’Italia. In Svizzera Lombard & Odier, Pictet, Sarasin e UBS hanno ridotto al minimo l’esposizione ai bond italiani. Ma il più lungimirante è stata la banca anglo-asiatica HSBC. A inizio novembre, in una nota riservata ai clienti istituzionali, fu schietta: «Consigliamo di ridurre l’esposizione ai bond italiani. Nonostante la calma apparente dettata dalle azioni della Bce, lo scenario italiano è destinato a evolversi negativamente in pochi mesi, in vista della tornata elettorale». Detto, fatto.