Silvio Berlusconi alza la voce, il partito obbedisce. Nel giro di un paio di giorni la linea di Angelino Alfano è travolta. Via l’appoggio al governo Monti, chiusa ogni strada all’intesa con i centristi di Pier Ferdinando Casini. Soprattutto, basta primarie. Ecco il vero affronto. Il giovane segretario ci aveva messo la faccia sulle primarie. Dovevano rappresentare la sua incoronazione alla guida del partito. Il definitivo riconoscimento della sua leadership.
E invece niente da fare. Silvio Berlusconi cambia idea, si impunta e ordina. I parlamentari e vertici di partito – Alfano compreso – ne prendono atto e si adeguano. Eppure il segretario avrebbe la possibilità di ribellarsi. A permetterlo è lo statuto del Pdl. Carte alla mano, se volesse sfidare il Cavaliere potrebbe farlo.
1° luglio 2010. Roma, Auditorium della Conciliazione. In un momento di generosità, Berlusconi convoca l’assemblea nazionale del partito per designare il suo successore. L’incontro passerà alla storia per quel “partito degli onesti” che Alfano ammette di voler dirigere. Per un giorno, sono tutti con il giovane delfino. L’elezione del segretario è accolta da un’ovazione. Tra gli applausi, la sala festante approva le modifiche statutarie illustrate da Denis Verdini.
L’articolo 15 dello Statuto descrive ruolo e poteri del presidente nazionale, Silvio Berlusconi. Il Cavaliere è il padrone incontrastato del Popolo della libertà. «Ha la rappresentanza politica del partito – si legge – Lo rappresenta in tutte le sedi istituzionali, ne dirige l’ordinato funzionamento e la definizione delle delle linee politiche e programmatiche». Insomma, fa tutto lui. L’articolo 16-bis, aggiunto all’Auditorium della Conciliazione, è tutto incentrato sulla figura del segretario politico nazionale. Angelino Alfano. «Dura in carica per un periodo massimo di tre anni», «È rieleggibile», «Sovrintende a tutta l’attività della struttura nazionale degli organi territoriali».
Scorrendo le righe si arriva a un passaggio fondamentale. «È conferito al segretario politico nazionale il potere di utilizzare i contrassegni elettorali del Popolo della Libertà e di presentare e depositare le liste e le candidature elettorali». Se Angelino Alfano vuole smarcarsi dal Cavaliere e presentarsi alle elezioni per conto suo, può farlo. Il simbolo del Pdl è nelle sue disponibilità, così come le liste elettorali. In linea teorica è il giovane segretario a scegliere chi candidare e chi fare fuori. Berlusconi non vuole fare le primarie? In un impeto di ribellione Alfano potrebbe persino depennarlo dalle liste.
Certo, se al Cavaliere gira storto nulla gli impedisce di fondare un altro partito. Una nuova Forza Italia. I fondi non gli mancano, i fedelissimi da candidare neppure. Nel centrodestra dicono che il carisma e i voti gli appartengono quasi di diritto. Al segretario resterebbero il logo del Pdl – peraltro mai amato da Berlusconi – e un gruppo di dirigenti senza troppe prospettive. Messa così, forse ad Alfano conviene assecondare il capo.