Tra Monti e Berlusconi ci siamo scordati che il favorito è Bersani

Tra Monti e Berlusconi ci siamo scordati che il favorito è Bersani

Una sfida tra presidenti del Consiglio. Lo scontro elettorale va in scena di prima mattina, in diretta tv. Su Canale 5 c’è Silvio Berlusconi, tornato improvvisamente in corsa. Il Cavaliere se la prende con il governo tecnico, con lo spread che considera «un imbroglio», con la politica germanocentrica dell’esecutivo. Poco dopo dagli schermi di Rai Uno gli risponde Mario Monti. Il Professore rappresenta la serietà e il rigore. Il suo intervento è una dura critica ai populismi e alle ricette magiche.

Giornali e osservatori internazionali si concentrano sul duello. Per tutta la giornata Berlusconi e Monti si spartiscono critiche e attestati di stima. Tengono banco le battute del premier sul nipotino che all’asilo è soprannominato “spread”, le bacchettate di Angela Merkel al Cavaliere, i moniti del Partito popolare europeo. E Pierluigi Bersani? A leggere i quotidiani il segretario del Pd sembra quasi uno spettatore esterno. Interessato, certo. Ma lontano dallo scontro e dai destini del Paese.

In realtà non è proprio così. Se c’è un protagonista della campagna elettorale italiana, quello è proprio il segretario Pd. Lo dicono i numeri, prima di tutto. Secondo i sondaggi più recenti il Partito democratico è ampiamente sopra i 30 punti percentuali. Con gli alleati di Sinistra Ecologia e Libertà e le altre liste cui si sta lavorando non è assurdo immaginare un risultato ancora più robusto, c’è chi ambisce a sfiorare il 40%. Percentuali che Berlusconi e Monti neanche si sognano. Il Cavaliere è fermo al 16 per cento, in leggera risalita. Il presidente del Consiglio – o meglio le liste che al momento assicurano di volerlo sostenere – non superano neppure il 10.

Dalla parte di Bersani ci sono i sondaggi, ma non solo quelli. Al momento il segretario Pd è anche l’unico aspirante premier legittimato dal voto popolare. È stato scelto non più tardi di dieci giorni fa da circa tre milioni di elettori, durante le primarie del centrosinistra. Primarie che per la prima volta sono state teatro di uno scontro vero. Contro un avversario importante come Matteo Renzi. Peraltro Bersani partecipava alla competizione da segretario del partito. Un ruolo conquistato solo tre anni prima, sempre attraverso il voto degli elettori di centrosinistra. Gli altri due? Mario Monti ha carisma e prestigio, oltre a un’autorevolezza riconosciuta a livellointernazionale, ma finora non è mai stato votato da nessuno (se non dai partiti che in Parlamento gli hanno accordato, e poi tolto, la fiducia). Silvio Berlusconi è stato eletto dagli italiani ormai quattro anni e mezzo fa. Il suo consenso tra gli italiani è praticamente crollato. L’unico suo successo politico, se successo si può chiamare, è stato il boicottaggio delle primarie che il segretario Alfano sperava di organizzare anche nel centrodestra.

Al momento Bersani è anche l’unico candidato certo di correre per Palazzo Chigi. Monti ancora aspetta ad annunciare la sua discesa in campo. I suoi sostenitori assicurano che il Professore scioglierà i nodi un minuto dopo l’approvazione della legge di Stabilità. Per il momento il premier prende tempo, tra l’imbarazzo dei partiti che lo aspettano. Non è difficile immaginare che i timidi risultati nei sondaggi – Udc, Fli e Montezemolo non arriverebbero al 10 per cento – ancora lo frenano. Anche se con una sua effettiva discesa in campo, quella percentuale di certo crescerà, e non poco.

Silvio Berlusconi ha assicurato che correrà. Ma le tante giravolte degli ultimi mesi autorizzano qualche dubbio in merito. Ad Arcore, raccontano, non sono ancora finite le ricerche. Occhi aperti per trovare un giovane imprenditore in grado di sostituire il Cavaliere (e convincere la Lega Nord all’accordo). E poi c’è Beppe Grillo. Il suo Movimento Cinque Stelle potrebbe diventare la seconda forza politica italiana. Oggi i sondaggi danno il blogger genovese al 17 per cento. Ma neppure le discusse “parlamentarie” con cui sono stati scelti gli aspiranti deputati e senatori hanno chiarito chi sarà il candidato premier del movimento.

Certo, la strada di Bersani non è più così semplice. Andare al voto con il Porcellum contro un candidato di centrodestra – meglio se Berlusconi – lo avrebbe premiato senza penare troppo. L’eventuale discesa in campo di Monti complica non poco le cose. Il rischio di un pareggio, soprattutto al Senato, è concreto. L’incubo di ripercorrere l’esperienza dell’ultimo governo Prodi esiste. Non è un mistero che una candidatura del Professore potrebbe danneggiare soprattutto Bersani. Attirando i voti, ad esempio, di tanti elettori renziani. Anche per questo ieri il segretario Pd ha invitato, in modo un po’ irrituale va detto, ufficialmente al presidente del Consiglio di rimanere fuori dal confronto elettorale. Continuando a rivestire un ruolo super partes che potrebbe essere riconosciuto al momento di eleggere il prossimo presidente della Repubblica (uno dei primi compiti della nuova legislatura).

Intanto Pierluigi Bersani prosegue la sua corsa verso Palazzo Chigi. Il professor Mario Monti è un personaggio di caratura internazionale? Sabato il segretario Pd organizzerà a Roma la prima conferenza internazionale dell’Alleanza dei Progressisti. Un appuntamento a cui lavora da tempo il responsabile esteri del partito Lapo Pistelli, che vedrà la partecipazione di numerosi leader politici progressisti da tutto il mondo. Un modo come un altro per costruire l’immagine internazionale di Bersani. Un ruolo spendibile prima e dopo la campagna elettorale. La macchina del partito è in moto per risolvere alcuni potenziali intoppi. È il caso delle primarie dei parlamentari e, soprattutto, delle imbarazzanti ricandidature dei dirigenti più “anziani”. Oggi si sono riunite alcune direzioni regionali. Domani Bersani incontrerà i segretari regionali del partito. Lunedì 17 si terrà a Roma la Direzione nazionale. Saranno questi tre appuntamenti a dipingere la cornice normativa entro cui si svolgerà la scelta dei candidati democrat al prossimo parlamento.

In particolare si ragiona sulla possibilità di svolgere elezioni primarie per scegliere gli aspiranti deputati e senatori. Il voto a febbraio rischia di far saltare l’appuntamento (anche se in queste ore Salvatore Vassallo e Pippo Civati stanno raccogliendo le firme per organizzare ugualmente la competizione). Bersani assicura che in un modo o nell’altro si troverà «una chiave di partecipazione, anche se i tempi sono stretti». Il motivo è tutt’altro che banale. Le ultime primarie per la premiership, e l’annesso dibattito, hanno rilanciato il Pd nei sondaggi. Un altro evento di questo tipo potrebbe regalare al partito percentuali ancora maggiori. 

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