Con la maschera da teschio, il soldato francese denuncia la violenza in Mali

Con la maschera da teschio, il soldato francese denuncia la violenza in Mali

Il Tenente Simon “Ghost” Riley è ancora vivo. Stavolta però sul serio, non sullo schermo di un pc o di un televisore ma in Mali, con l’esercito francese. Un soldato dall’identità ancora sconosciuta si è messo infatti in posa imbracciando il fucile e facendosi fotografare davanti a un carro armato con il volto coperto dalla maschera di Call of Duty Modern Warfare 2, uno dei filoni di successo del videogioco di guerra più famoso al mondo. MW2 è il sesto capitolo della saga Call of Duty, è uscito nel 2009 e finora ha venduto 22 milioni di copie. Per l’Activision è il secondo videogioco più venduto di sempre in Usa e in Uk.

L’immagine è del fotoreporter Issouf Sanogo (Afp) ma la maschera di morte è stata immortalata anche da un altro inviato. Lo scatto sta ora rimbalzando pericolosamente su Twitter, Libération ha già un articolo online. Il passamontagna si può acquistare ovunque da Amazon a Ebay, venduto come accessorio ufficiale ma anche rimodellato dai fan: un semplice gadget per molti giocatori, una realtà come altri travestimenti per gli appassionati di soft air. Ora però lo si ritrova indosso a dei militari veri e non dentro una caserma nei momenti di riposo.

La maschera di morte è un esplicito messaggio che ribadisce lo stato di emergenza in Mali. L’associazione macabra rivela anche l’esorcismo del soldato, visto che il tenente Ghost in MW2 è destinato a morire. Le foto sono state scattate ieri a Niono, una città di 15.000 abitanti, un avamposto in cui le forse francesi e quelle del Mali sono unite contro gruppi di combattenti islamici che controllano il nord del paese. A Niono sono di stanza 200 soldati francesi, compresi i membri della Marina fanteria e legionari a cui potrebbe appartenere il militare. 

Lo Stato maggiore francese, tramite il suo portavoce, il colonnello Thierry Burkhard, ha condannato il comportamento del militare definito come «inaccettabile», un gesto che «non rappresenta l’azione condotta dalla Francia in Mali». Proprio oggi il ministero degli Affari esteri di Parigi ha fatto sapere che l’impegno francese in Mali costerà 340 milioni di euro. Centoventi milioni serviranno per l’addestramento dei militari maliani e 220 milioni per la MISMA (Missione internazionale di sostegno al Mali). Secondo il fotografo dell’Afp sarà difficile rintracciare il soldato.

Non è la prima volta che un teschio minaccioso viene usato sopra le mimetiche ma ora pallottole e videogiochi si confondono. Non a caso Modern Warfare segna il distacco dagli scenari della seconda guerra mondiale sui cui ha fondato il suo iniziale successo la serie Call of Duty, parallelamente alla serie rivale di Medal of Honor, nata grazie a Steven Spielberg dopo l’iperrealistico Soldato Ryan. Ieri si riproduceva online il conflitto tra Alleati e Nazisti, con molti giocatori organizzati in feroci ed esclusivi clan. Oggi questi videogiochi, che sempre più assomigliano a dei veri action movie (includono filmati d’archivio, ricostruzioni accurate ma anche tanti luoghi comuni, compresa l’esistenza dell’impero del Male) raccontano le vicende di reparti di marines e forze speciali britanniche, come il tenente Ghost, contro ultranazionalisti russi, mercenari e terroristi islamici. L’apocalisse dei conflitti mondiali rivive ogni giorno in consolle, senza consultare i maya: se n’è accorto anche il finanziario Forbes, anche perchè l’entertainment per adulti non conosce crisi né pirateria.

Ed è proprio per aver informato i progettisti del gioco Medal of Honor Warfighter che a novembre scorso sette Marines dei Navy Seals sono stati puniti disciplinarmente: uno di loro nel 2011 ha partecipato all’operazione che portò alla morte di Osama Bin Laden. Per eccesso di realismo si sta formando quindi un circolo vizioso: il soldato speciale consiglia il programmatore per fare aderire al meglio la realtà con la virtualità. Il programmatore poi restituisce la sua versione con cui il soldato finisce per identificarsi, giocando. Un iperrealismo che ha raccontato il regista Janus Metz nel suo documentario Armadillo (premio della Settimana della Critica a Cannes nel 2010), con le vicende di una base danese in Afghanistan dove nei momenti di riposo i soldati continuano a stare in guerra con i videogiochi: «Armadillo mostra la realtà non come la guardiamo noi, da qui, ma come la guardano quei ragazzi. Un misto di suggestioni che vengono dai videogame, da internet, dai reality televisivi e dalla caduta di una serie di tabù, propria di condizioni estreme». 

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