«Chi non sostiene il Pd, soprattutto al Senato e in alcune regioni, fa un favore a Berlusconi». Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani sintetizza così il concetto di voto utile. Il suo partito rischia di diventare vittima del fuoco amico. Impallinato dalla lista Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. A quaranta giorni dalle elezioni, iI paradosso inizia a spaventare i democrat. Una forte presenza dei partiti di sinistra guidati dal pm palermitano – fanno parte dell’intesa Rifondazione Comunista, Comunisti italiani, Italia dei Valori, Verdi, Movimento arancione – potrebbe togliere consensi al Pd. Consegnando al Cavaliere la vittoria nelle circoscrizioni chiave.
Nei giorni scorsi a Largo del Nazareno qualcuno aveva ipotizzato un accordo con Ingroia. Un ritiro delle liste di Rivoluzione Civile nelle regioni più in bilico, in cambio di qualche posto al Senato. Nessuna richiesta ufficiale, si sono affrettati a chiarire gli uomini di Bersani. Oggi la strada sembra meno percorribile. I leader politici di Rivoluzione Civile negano ogni progetto di desistenza. E così, per evitare di perdere il premio di maggioranza nelle circoscrizioni decisive, Bersani inizia a cavalcare il tema del voto utile.
«Non facciamo nessun patto con posizioni politiche che vanno in diverse direzioni – spiega il segretario Pd dalla Calabria – Il Pd e i progressisti reggono la sfida alla destra, a Berlusconi e alla Lega. Questo è l’oggetto della campagna elettorale. C’è bisogno di una riflessione e ciascuno deve prendersi le sue responsabilità. Qualcun altro può dire che da solo batte Berlusconi? Solo noi». Parte il rimpallo di responsabilità. I protagonisti di Rivoluzione Civile ricordano il tentativo di Ingroia – a più riprese – di trovare un’intesa con Bersani. Proposte e inviti a cui il segretario non avrebbe mai dato seguito. «Adesso che cresciamo nei sondaggi – raccontano – Il Pd si è accorto di noi».
La lista di Ingroia vede aumentare visibilità e consensi, è vero. I sondaggi attribuiscono al movimento una percentuale tra il 4,5 e il 5,5 per cento. «Alcuni ci danno già al 6,5 per cento». Un consenso più che sufficiente per entrare a Montecitorio (qui la soglia di sbarramento per le liste non coalizzate è pari al 4 per cento). Ma è a Palazzo Madama che Ingroia rischia di modificare pesantemente gli equilibri. In Sicilia e Campania Rivoluzione Civile potrebbe superare la soglia dell’otto per cento ed eleggere alcuni rappresentanti. Ottimi risultati – secondo i sondaggi in mano ai partiti in lista – dovrebbero arrivare anche in Toscana. Ma è in Lombardia che la presenza di Ingroia potrebbe essere decisiva. Qui la coalizione che vince conquista 27 seggi al Senato. Con centrodestra e centrosinistra appaiati, la lista del magistrato finirebbe per sottrarre al Pd i voti necessari per vincere. Chi l’ha capito è Silvio Berlusconi. Non è un caso se nelle ultime apparizioni televisive il Cavaliere non ha mai dimenticato di lanciare qualche frecciata all’ex pm. Attaccando Rivoluzione Civile, Berlusconi regala visibilità all’avversario. Indebolendo, di fatto, il Partito democratico.
Da qui le polemiche sulla desistenza. Intervenuto a Radio 2, nel pomeriggio Ingroia lascia trapelare una certa disponibilità. «In politica non si esclude quasi nulla. Caro Pier Luigi vuoi il voto utile? Il nostro è il voto utile. Parliamone». I suoi alleati non sembrano altrettanto concilianti. «Desistenza con il Pd? Nemmeno morti – chiarisce il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero, capolista alla Camera in Piemonte – Prima il partito democratico rompa con Monti». «Noi siamo per la resistenza e la riscossa – spiega più tardi l’altro ex magistrato della coalizione, il sindaco di Napoli Luigi de Magistris – Quella della desistenza è un’ipotesi che per quanto mi riguarda non è pensabile. In caso non ci sarebbe il sostegno del Movimento Arancione alla Rivoluzione Civile». Persino il più possibilista Antonio Di Pietro chiude la porta. Nessun ritiro delle liste, «piuttosto un’alleanza programmatica di governo. Se non prima, almeno dopo il voto».
Un’alleanza tra Pd e Rivoluzione Civile non sembra così facile. Dario Franceschini, indicato da molti come prossimo presidente della Camera, spera in un «atto di responsabilità» di Ingroia. Ma specifica: «Quel movimento è su posizioni troppo lontane da noi per costruire qualsiasi accordo politico». Preoccupato dall’ingresso di nuovi alleati, anche il socialista Nencini tuona: «Con il progetto riformista che il centrosinistra sta preparando, la lista di Ingroia non ha nulla a che fare». Intanto Rivoluzione Civile continua il lavoro in vista di domenica, quando dovranno essere consegnate le liste elettorali. «Abbiamo quasi finito – raccontano – tra domani e dopodomani le candidature saranno rese note». Molti nomi sono già pubblici. È il caso del giornalista Sandro Ruotolo, dell’ex consigliere regionale grillino Giovanni Favia. Oggi si scopre che nelle liste ci saranno anche il fotografo Antonello Zappadu, diventato famoso per gli scatti rubati al Cavaliere a Villa Certosa in Sardegna. E il dottor Mario Riccio, il medico legato alla vicenda di Piergiorgio Welby. I leader dei principali partiti alleati saranno candidati a Montecitorio. Troppo alto il rischio di non raggiungere la soglia di sbarramento al Senato, anche nelle circoscrizioni più abbordabili. Sperando che la campagna Pd sul voto utile non renda irraggiungibile anche l’ingresso a Montecitorio.