Sembra che i deputati berlusconiani si siano impuntati. Stavolta non si lasceranno prendere le impronte digitali dai funzionari di Montecitorio. Nessuna schedatura preventiva, sia chiaro. Il rilascio delle “minuzie” – la traccia dei polpastrelli – è stato introdotto quattro anni fa dal presidente Gianfranco Fini. Un procedimento a dire il vero non obbligatorio, ne va della privacy di ogni parlamentare. Ideato per arginare l’annoso problema dei pianisti: i deputati che per solidarietà nei confronti dei colleghi assenti era soliti votare anche per loro.
Questione vecchia, mai del tutto risolta. Un malcostume e una scorrettezza istituzionale. E così nel 2009 Fini decise di ricorrere alla tecnologia più avanzata. Introducendo un sistema di voto “strettamente personale”. Addio vecchia pulsantiera. Da quattro anni, prima di votare, i deputati devono garantire la propria l’identità premendo il polpastrello su un sensore. Una novità costata qualche centinaio di migliaia di euro, che alla fine ha dato i suoi frutti. Basti pensare che nella scorsa legislatura su 630 deputati solo una ventina si è rifiutata di fornire le impronte digitali.
Ma dalla prossima settimana su Montecitorio torna l’incubo dei pianisti. Stando alle dichiarazioni di alcuni parlamentari Pdl, il gruppo berlusconiano avrebbe deciso di disertare la schedatura. Una protesta silenziosa nei confronti dell’offensiva togata contro il Cavaliere? Chissà. Magari si tratta solo di una battaglia di libertà: una semplice obiezione di coscienza a estrema tutela del diritto alla privacy. Intanto l’identità dei votanti rischia di rimanere avvolta nel mistero.
Come rivelano alcuni di loro, la decisione sarebbe stata presa direttamente dai vertici del gruppo. E così al momento di sbrigare la trafila burocratica a cui si sottopongono in questi giorni i nuovi eletti, sembra che i deputati di centrodestra si stiano rifiutando di fornire le proprie “minuzie”. Boicottando il tesserino di riconoscimento con i dati biometrici. «È stata una decisione del gruppo e noi siamo tutti bravi ragazzi diligenti» ha confermato all’Ansa l’ex ministro Gianfranco Rotondi. Non è l’unico.
Nessun rischio per la democrazia. Sui lavori dell’Aula non ci sarà alcuna ripercussione (semmai le votazioni saranno persino più veloci). I deputati che non accettano le nuove tecnologie possono continuare a votare utilizzando il vecchio sistema elettronico. In funzione dal 1971. Al massimo, da domani in Aula si potrebbe avvistare qualche parlamentare più attivo del solito. Magari qualcuno che al momento del voto inizia a sbracciarsi freneticamente da una postazione all’altra. Minuzie.