Se a Largo del Nazareno qualcuno aveva ancora dei dubbi, da ieri può smettere di sognare. Beppe Grillo ha cancellato anche le ultime speranze. Il Movimento Cinque Stelle non darà alcun sostegno al governo di Pier Luigi Bersani. Più che una decisione politica, un anatema. «Qualora ci fosse un voto di fiducia a chi ha distrutto l’Italia – ha ammonito in serata il blogger genovese – Serenamente, mi ritirerò dalla politica». Punto. L’esecutivo Pd-M5S non nascerà mai. Il segretario democrat se ne faccia una ragione.
Eppure Bersani insiste. Raccontano che il candidato premier del centrosinistra voglia provare fino all’ultimo a rincorrere i grillini. Alla ricerca di quello che ormai potrebbe essere legittimamente considerato un miracolo. Un esecutivo a sua guida, sostenuto dal M5S. Il segretario lo ha ribadito durante la recente Direzione del partito. E dai suoi dirigenti ha ricevuto un mandato a proseguire su questa strada. Ostinato, Bersani continua a parlare della piattaforma programmatica attorno cui costruire il prossimo governo. Otto punti – dal taglio dei costi della politica alla legge sul conflitto di interesse – per convincere i parlamentari a cinque stelle.
Il giorno dopo l’ennesima chiusura di Grillo, che senso ha il tentativo di Bersani? Sicuramente non punta alla nascita del discusso esecutivo. A dispetto delle dichiarazioni del segretario e dei suoi fedelissimi, a questa ipotesi non sembrano crederci più nemmeno loro. Ma le insistenze del leader democrat non sono vane. Preparano il terreno in vista di un prossimo ritorno alle urne, per esempio. Anzi, sono proprio le continue offerte di collaborazione a Grillo che regalano al Pd ottimo materiale da campagna elettorale. L’insistenza con cui Bersani apre al M5S ha una sua logica. Quando il suo progetto di governo fallirà, il segretario potrà accusare direttamente il Movimento Cinque Stelle. E se si tornerà alle urne, Bersani potrà cavalcare un’obiezione ricorrente: il voto dato ai grillini è un voto di protesta. Ma senza alcuna prospettiva. Chi sceglie il Movimento Cinque Stelle mette in pericolo la stabilità del Paese. Ma è difficile dire se in caso di nuove elezioni questo approccio porterà più voti al Partito democratico (dato in calo in quasi tutti i sondaggi post-voto).
Oppure chissà, magari a Palazzo Chigi Bersani ci crede davvero. Realisticamente non lavora più a un coinvolgimento del movimento di Grillo. Ma prova almeno a convincere alcuni dei suoi protagonisti. A Largo del Nazareno si rifiuta con sdegno questa ipotesi. «La nostra offerta è alla luce del sole» spiegano da giorni i dirigenti democrat. Ma non erano stati proprio loro a parlare di “scouting”? Del tentativo – politicamente lecito – di attirare il consenso di alcuni senatori a cinque stelle? Qualcuno parla già di una piccola pattuglia di parlamentari grillini pronti a sostenere un governo di centrosinistra. Sarebbero una decina. Lo stesso leader del M5S ha ammesso di attendere qualche defezione tra i suoi. Dopotutto anche il movimento pentastellato è composto da esseri umani. Numeri alla mano, il segretario democrat dovrà convincere parecchi senatori.
In ogni caso, le continue offerte di Bersani serviranno al segretario per costruirsi un alibi. I grillini chiudono ogni porta e rinunciano alla presidenza di una Camera? Ecco che al Pd – se ne discuterà questo pomeriggio nella riunione con i nuovi parlamentari – già si pensa di eleggere a Palazzo Madama un esponente montiano. Magari l’ex ministro di Prodi Linda Lanzillotta. I rapporti tra Partito democratico e Scelta Civica ne uscirebbero rafforzati. Si costruirebbero le basi per un’intesa tra Bersani e Monti. E l’ipotesi di un’alleanza elettorale tra Pd e centristi diventerebbe molto più concreta.
Alibi per alibi, le intese governative si estendono. Dopo aver insistentemente cercato i voti di Beppe Grillo, di fronte all’ennesimo rifiuto al Partito democratico non resterebbe che affidarsi a Giorgio Napolitano. La strada maestra rimarrebbe quella di un governo del presidente. Un esecutivo magari formato da ministri politici, ma affidato a una personalità trasversalmente apprezzata. Un presidente del Consiglio capace di raccogliere il consenso tanto del centrodestra che del centrosinistra. Insomma, un inciucio. Per dirla con le parole di Beppe Grillo. Bersani sicuramente non sta pensando a questo percorso. Anche se ultimamente ha abbassato i toni da ultimatum, l’ha detto più volte: se il suo governo non otterrà la fiducia si deve tornare al voto. Molti dirigenti Pd però non sono d’accordo. Ecco perché i continui rifiuti di Grillo potrebbero aiutare a salvare le apparenze. «Abbiamo provato a formare un governo di centrosinistra – questo il ragionamento – Ma davanti all’indisponibilità del M5S siamo stati costretti a sostenere un governo di salvezza nazionale. Al fianco del Pdl e di tutte le forze responsabili». Il leader del Movimento Cinque Stelle non aspetta altro.