Chissà se anche nel mondo della Formula 1 vale il detto “Mondiale bagnato, Mondiale fortunato”. E di fortuna, questo nuovo campionato ne ha davvero bisogno. Iniziato con una bufera d’acqua che ha costretto gli organizzatori del Gran Premio d’Australia, prima prova della stagione, a rimandare le qualifiche nel giorno della gara, il nuovo Mondiale si trova ad affrontare una situazione di grande crisi. Dagli sponsor in fuga alle scuderie senza soldi, passando per i piccoli team che si affidano ai piloti paganti per ridurre il gap con le grandi squadre, il modello di business del circus ha bisogno di una decisa revisione.
Alla voce sponsor, il Mondiale boccheggia che è un piacere. Non si può certo dire che le 11 scuderie rimaste a correre il nuovo campionato 2013 (La Hrt ha spento i motori nel 2012) se la passino bene. Sono soprattutto le piccole squadre a vedersela brutta, nonostante il patron della Formula One Managment Bernie Ecclestone abbia deciso di innalzare con la firma del nuovo ‘Patto della concordia’ la quota dei proventi dei diritti tv dal 47 al 63%. «La stretta dipendenza con la crisi del mercato della pubblicità ha reso di anno in anno la sopravvivenza dei team sempre più dura», ha spiegato Martin Whitmarsh, capo della Mclaren e presidente dell’associazione dei Team (Fota). Gli sponsor si sono dati – e si daranno – letteralmente alla fuga: il calo dei proventi dalla pubblicità è stato del 30% negli ultimi 5 anni, complice anche il divieto per sigarette e alcolici di comparire sulle auto del circus.
Gli effetti si notano non solo nei bilanci (uno spazio singolo su ogni monoposto in genere non costava meno di 5 milioni di dollari), ma anche nelle carrozzerie sempre più spoglie. Mettiamoci anche che nel 2012, solo 10 su 13 hanno ricevuto i premi in denaro distribuiti a fine stagione da Ecclestone ai costruttori e il gioco è fatto. Le prime 5 squadre hanno avuto addirittura premi raddoppiati rispetto alle altre: in un campionato dove i costi sono elevatissimi, il rischio è che il numero delle squadre si riduca nel 2014 è sempre più ampio.
Per evitare di fare la fine della Hrt o peggio ancora della Toyota, che nel 2009 ha dovuto chiudere perché costretta a farsi direttamente carico della maggior parte delle spese, i team medio piccoli si affidano sempre più ai piloti paganti. Ovvero a quelli che, seppur mediocri, pagano per correre e allo stesso tempo sono in grado di portare sponsor ancora intenzionati ad investire nel circus. Uno dei casi più clamorosi degli ultimi è stato quello di Pastor Maldonado (che però non è così mediocre), pilota venezuelano prediletto da Chavez e in grado di portare alla Williams i 40 milioni di euro della compagnia petrolifera nazionale di Caracas.
Anche il russo Vitaly Petrov, decisamente meno forte di Maldonado nonostante il soprannome di ‘Razzo di Vyborg’, ha avuto sponsor influenti. Nel 2011 per lui si era scomodato il Cremlino. «Il numero dei fan delle corse automobilistiche cresce continuamente. Petrov è molto amato dai nostri tifosi e ha bisogno di aiuto, in particolare a livello finanziario», aveva spiegato Vladimir Putin, che grazie ai soldi dell’industria hi-tech russa Rostechnologii aveva assicurato a Petrov un volante. Sia chiaro: a Putin, che si intende più di politica che di motori, non interessava tanto coltivare un pilota in erba. Nel 2014, il Mondiale avrà un nuovo Gran Premio. Dove? A Socii, in Russia.
Sergio Perez e Esteban Gutierrez faranno invece da volano al nuovo Gran Premio del Messico, dove la Formula 1 ha intenzione di tornare dopo un’assenza di circa 20 anni. I due piloti corrono grazie alla Telmex, la compagnia telefonica messicana con utile netto di 2,6 miliardi dollari e di proprietà di Carlos Slim Helù, giudicato nel 2010 da “Forbes” come l’uomo più ricco del pianeta. Un investimento simile a quello fatto dalla Force India, team del magnate Vijay Mallya che nel 2010 ha affidato all’indiano Narain Karthikeyan un volante in vista di un Gran Premio d’India che ha già vissuto due edizioni. Su Perez e i sui suoi soldi hamesso gli occhi la McLaren, che quest’anno ha affidato al messicano un volante che magari avrebbe meritato qualcun’altro tecnicamente migliore di lui. Come l’italiano Davide Valsecchi, campione mondiale della Gp2 che nei test rookie di fine anno ha fatto registrare i migliori tempi. Ma Valsecchi, che a 25 anni vanta un titolo senza aver abbandonato gli studi, non ha gli sponsor per fare il grande salto.
Che i soldi in Formula 1 siano tutto e che il circus dipenda ancora troppo dagli sponsor, lo dimostra anche la sfida per i due titoli mondiali (piloti e costruttori) di quest’anno tra Ferrari e Red Bull. Da una parte la scuderia tedesca, che sponsorizzata dalla bevanda energetica austriaca leader nel suo settore dovrà trionfare per difendersi dall’attacco della Coca Cola, che quest’anno marchierà la Lotus con il logo del suo energy drink Burn. Dall’altra Fernando Alonso, che quest’anno farà di tutto per riportare il Mondiale piloti a Maranello per evitare che lo sponsor da lui portato in Ferrari, la Santander, decida di lasciare il rosso anzitempo.