Pier Luigi Bersani non perde tempo. Appena ricevuto l’incarico «di verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo» – così scandisce letteralmente il capo dello Stato – il segretario Pd inizia i suoi incontri. Il tempo di uscire dal Quirinale e si reca al Senato, dove vede Pietro Grasso. Poi di corsa a Montecitorio, per un vertice con Laura Boldrini. Si continua domani, con le parti sociali. A seguire saranno organizzati alla Camera dei deputati gli incontri con i gruppi parlamentari. La strada è stretta e tortuosa. Le possibilità che nasca un governo in tempi brevi restano poche. Ma il segretario vuole provarci ugualmente.
A tracciare il perimetro dell’azione di Bersani è il presidente della Repubblica. Vero protagonista della difficile fase istituzionale. Spetta a Napolitano vincolare la missione del segretario Pd a precise condizioni. Lo si capisce subito, per l’irritualità con cui il capo dello Stato conferisce il mandato al segretario democrat. Sono le 17.30 quando, dopo un breve colloquio al Quirinale, i giornalisti attendono che il segretario generale della Presidenza Donato Marra dia lettura dell’incarico. Invece nella Loggia d’onore si presenta Napolitano. Il presidente spiega la sua scelta in un lungo discorso. Vuole motivare la decisione presa. Come in molti attendevano, il mandato a Bersani non è pieno. Ma vincolato ai numeri che il segretario sarà in grado di fornire nel giro di qualche giorno. Nessun azzardo: il presidente della Repubblica vuole essere certo che il governo possa ottenere la fiducia delle Camere.
Nonostante la necessità di chiudere la pratica «al più presto», Napolitano viene incontro al segretario. «Mi riferirà sull’esito della verifica compiuta appena possibile» spiega prima di salutare i giornalisti. C’è tempo fino a metà della prossima settimana. Sarà Bersani a cercare di uscire dalla fase di stallo. A lui il compito di dare un governo all’Italia. Anche se forse Napolitano avrebbe preferito una soluzione diversa. Per quanto riguarda le prossime, necessarie, riforme politiche e costituzionali e le grandi questioni internazionali, il presidente insiste «sulla necessità di larghe intese». Ma concede al segretario di gestire la fase di formazione del governo «in ambiti più ristretti».
«Si parta intanto con l’impegno a far nascere un nuovo governo» chiarisce il presidente della Repubblica. Sottolineando la necessità che Bersani proceda «attraverso tutti gli opportuni contatti con le altre forze politiche rappresentate in Parlamento». Dal Movimento Cinque Stelle al Popolo della Libertà. Sui numeri infatti non si discute. Per sciogliere la riserva e accettare l’incarico, Bersani dovrà dimostrare di poter superare l’esame del Parlamento. Insomma, il Pd deve trovare un’intesa con gli altri partiti. Con il centrodestra i contatti sono in corso già da ieri. E se al Nazareno c’è ancora chi spera nel sostegno in extremis del Movimento di Grillo, il dialogo coni berlusconiani si fa sempre più necessario. «Senza di noi non è possibile alcuna maggioranza – spiega in serata il Cavaliere – Bersani ne deve prendere atto». L’impressione è che la trattativa sia iniziata. Al centro del confronto c’è il nome del nuovo presidente della Repubblica.
Paradossi istituzionali: per arrivare a una soluzione a Palazzo Chigi è necessario risolvere il rebus del Quirinale. L’individuazione di un candidato gradito al Cavaliere è la chiave della vicenda. «Diciamola così – sintetizza un senatore democrat – Se il governo Bersani ottiene la fiducia a Palazzo Madama vuol dire che si è trovata un’intesa sul prossimo presidente della Repubblica». Magari la riconferma di Napolitano, che i pidiellini vorrebbero ancora al Colle. Un’ipotesi più volte smentita dal diretto interessato, eppure ancora attuale.
In caso di accordo, il governo potrebbe almeno iniziare il suo cammino. Data la situazione al Senato il condizionale è d’obbligo. A Palazzo Madama mancano i numeri. Tanti gli scenari – più o meno realistici – che girano in queste ore. C’è chi assicura che la Lega potrebbe uscire dall’Aula al momento del voto. Ma in realtà anche questo accorgimento non sarebbe sufficiente. Perché il governo ottenga la fiducia servono altre assenze “tecniche”. Quante? Almeno una decina di senatori tra Pdl e Movimento Cinque Stelle. La missione sembra quasi impossibile.
Entro la prossima settimana Bersani tornerà al Colle. Se la soluzione trovata convincerà Napolitano, seguirà il giuramento del nuovo governo. E subito dopo Pasqua l’esecutivo si presenterà alle Camere per la fiducia. In caso di fallimento, la parola tornerà al Quirinale. Ancora una volta.