Nella ricchezza dell’emiro i sogni di gloria del Qatar

Il personaggio: Hamad bin Khalif al -Thani

Secondo i racconti delle cronache d’oggi, c’è un impero che sta sorgendo dalle sabbie del deserto, dai bordi di una penisola incuneata nel golfo della Persia. È un impero costruito, giorno dopo giorno, senza eserciti e militari, e che raggiunge i confini delle Americhe e della Cina. Una creatura delicata, fatta di rapporti e patti, e soprattutto, di acquisti ed elargizioni. È il portafoglio la sua vera arma: l’emiro Hamad bin Khalif al -Thani, che di questo impero è l’imperatore, lo sa bene. Ma prima ancora, è il gas liquefatto naturale, cioè la risorsa che ha reso il suo stato minuscolo, il Qatar, penisola di una penisola, uno dei più ricchi del mondo.

Mentre gli antichi imperi sono fiaccati nell’economia, Hamad bin Khalif al-Thani ha deciso di uscire allo scoperto. Si è sottratto all’ombra della vicina Arabia Saudita e si è espanso nel resto del mondo, tanto che non c’è paese importante che non abbia a che fare con lui. Incantate e lusinghiere, le cronache raccontano le imprese compiute grazie alla sua infinita riserva di denaro, di cui fa mostra volentieri.

Una scia di milioni che lo portano a creare una rete di amicizie e di alleanze, costellate da una serie di stravaganze. Tra i suoi ultimi acquisti, sei isole greche, prese a soli 8,5 milioni di euro. Si è preso tutto un intero arcipelago di fronte a Itaca, destinato all’uso privato della sua famiglia (che è numerosa: sono tre mogli e 24 figli), per il quale costruirà una tubatura sottomarina, collegata alla terraferma, per il trasporto continuo di acqua. Ma una legge («una stupida legge») gli impedirebbe di costruire edifici che superino i 250 metri quadrati. Con sprezzo, ha ricordato che «il suo bagno misura 250 metri quadrati». Un impasse. Ma c’è da credere che una soluzione si troverà. Anche perché l’affare, che è finora il più grande investimento privato fatto in Grecia dall’inizio della crisi, è andato in porto dopo oltre 18 mesi e una (risolutiva) visita di cortesia fatta dal premier greco Samaras alla capitale Doha. È probabile che ne seguiranno altri, come ad esempio l’acquisto dell’aeroporto di Atene (per un futuro hub europeo della Qatar Airways), o della banca d’affari turca Finesbank.

Soldi e affari e, insieme, relazioni internazionali e politiche. Il protagonismo del Qatar funziona così. Prima ancora, l’emiro aveva comprato parte della Costa Smeralda, in Italia. Attraverso le holding nazionali, si era accaparrato il Paris Saint Germain, la squadra di calcio parigina, i magazzini di Harrods, la casa di moda Valentino, la catena di supermercati Sainbsury, hotel e ville di lusso in tutta Europa. Alla galassia si aggiungono quote di Barclays e Total, la Porsche e il Villaggio Olimpico londinese. E questi sono solo degli esempi. Con il peso della sua forza economica, l’emiro ha fondato, a metà degli anni ’90, la televisione Al Jazeera: l’obiettivo era di farla diventare dominante a livello culturale in tutta la regione. E, con la forza dei suoi legami, ha ottenuto (secondo alcuni francesi in modo poco pulito) anche l’assegnazione dei mondiali nel 2020, proprio al Qatar. Un segno di prestigio per il suo paese e, insieme, una grande soddisfazione per un uomo che ha sempre amato lo sport.

Ma non solo. Dietro a tutto c’è un consapevole progetto politico di potenza. Hamad, che è stato educato all’accademia militare di Sandhurst, in Gran Bretagna, ha fatto proprio un concetto di internazionalità moderno e importante per il suo paese. E dopo essere stato ministro della difesa dal 1977, prende il potere nel 1995, grazie a un colpo di stato (incruento) con cui si sostituisce al padre, in quel momento in Svizzera. Da quel momento, ogni suo sforzo è stato dettato dalla volontà di allargare la sua influenza nel mondo arabo. Si serve del denaro, ma anche di un intenso pragmatismo politico, e grazie a investimenti e accordi, interviene nelle vicende di Egitto, Tunisia e Palestina. Dietro alla sua mano, ci sarebbero finanziamenti ai ribelli delle primavere arabe (del resto seguite con grande cura da Al Jazeera), ai guerriglieri siriani anti-Assad, a Hamas, alle truppe contro Gheddafi. La sua visita di ottobre a Gaza, la prima di un capo di stato dal 2006, provocò sconcerto: la promessa di investimenti nella striscia fu molto contestata, in particolare da Israele, che pure nel Qatar aveva trovato per anni (fino al 2009) l’unica sponda di dialogo nel golfo Persico. Con lui, il suo minuscolo paese, penisola di una penisola, sta diventando il perno geopolitico del medioriente.

Ma il raggio di azione non si ferma qui: l’emiro guarda sia a oriente e alla nuova potenza cinese che a occidente e al gigante americano: qui fa scelte che seguono il buon senso e una certa dose di realpolitik: 100 milioni di dollari per riparare ai danni dell’uragano Katrina. Un aiuto generoso, ma anche un vincolo per gli Usa, nel momento in cui dovesse capitare ai qatarioti di aver bisogno di loro.

Con questa macchina complessa, che ricalca il network della sua televisione, il Qatar è uscito dai propri confini nazionali per avvolgere il mondo intero. E anche se conta solo due milioni di abitanti, di cui pochissimi sono originari del paese, conta sempre di più. Proprio come vuole e decide il suo sovrano, l’emiro Hamed bin Khalifa al-Thani.