Roma-Lugano senza mai fare pipì. Bisogna non soffrire di prostata per essere spalloni efficienti. Oppure arrangiarsi con una bottiglia tagliata da tenere in macchina in caso di necessità improcrastinabili. Perché si fa presto a dire evasione, ma su come i soldi arrivino all’estero c’è molto da imparare.
Per evitare il rischio di controlli della polizia o di un furto vista l’ingente quantità di denaro al seguito i due spalloni non si fermavano neanche per i bisogni fisiologici. Nelle conversazioni intercettate ironizzano anzi sulla richiesta da fare al loro superiore: “Dobbiamo chiedere al capo se ci può fornire di un paio di pappagalli per il viaggio così non ci fermiamo neanche a pi…are, eh?”. Poi i due giovani spalloni discutono del tempo di percorrenza da Roma e della velocità a cui vanno e dei timori ad andare troppo forte: “C…o non ci abbiamo messo neanche cinque ore a arrivare, quattro ore e quaranta… dall’uscita della banca al casello. Abbiamo perso un po’ di tempo a Roma”. Replica l’altro: “C’è da dire che andar piano rende più di andar forte”. “No, io sono andato dai 150 ai 180 all’ora, secondo me non c’è bisogno che vai ai 200 all’ora, conta che poi vai in c…o alle macchine. Posso dirti la mia, con te che ho una certa confidenza? Io c’ho paura e preferirei non ammazzarmi con la macchina”.
L’attività della banca però è frenetica e appuntamenti e ritiri di soldi si susseguono a ritmo sostenuto. È così che vengono trasferiti almeno 30 milioni di euro di vari clienti con diversi viaggi in macchina. Le modalità con cui imprenditori (ma anche privati e artigiani) dribblano controlli e normative anti riciclaggio saltano fuori in tutta la loro casereccia concretezza dalle intercettazioni del Gico (Gruppo investigazione criminalità organizzata) della guardia di finanza.
Il procedimento riguarda il Banco Desio e coinvolge una sua controllata elvetica, il Credito privato commerciale (oggi in liquidazione) che rappresentava l’approdo finale di decine di milioni di euro provenienti dall’Italia. Dalle indagini è emerso che Banco Desio offriva questo singolare servizio di raccolta contanti in tutta Italia (soprattutto a Roma, Milano, Firenze e Modena) per portarli in una filiale di Lugano, dove venivano depositati su conti cifrati. Bat mobile e Mozzarella. E ancora Pasqualino, Re Ciccio, Positività e Diadema. Si tratterà pure di grigie operazioni finanziarie, illecite in molti casi, ma la fantasia nel dare i nomi ai conti è unica: si va da Ba bau e Bat mobile (riconducibili a una società di Milano che, annotano gli investigatori, fa un prelievo di 150mila euro in contanti) a Professore (con un versamento da 550mila euro decisamente sopra le righe per lo stipendio di un docente). Ci sono poi My dog e uno sfrontato Cabrio. Per arrivare ai toni lirici di Rosso di sera, Sunrise e Faraglioni (i famosi scogli di Capri nascondono una disponibilità di 300mila euro). Un po’ più trucido Sailcazzo, Byron e Flipper riconducibili a un commerciante romano che predispone un prelievo da 200 mila euro. Altra classe invece per Chateaux Garfagnana, Chateaux Leslie e Chateaux Vicchio (versamenti da un milione di dollari e conto facente capo alla ereditiera di una grande catena di supermercati americana).
L’informativa della guardia di finanza è corredata dalle dichiarazioni dei redditi dei soggetti in esame che mostravano ben altro tenore di vita. Da qui sono scattate le sanzioni per l’esportazione illegale di valuta ed evasione, che tutti gli intestatari dei conti individuati sono stati costretti a pagare (40% dell’importo evaso) di fronte all’inoppugnabilità delle prove (tipo dichiarazione da 70mila euro e versamenti sul conto cifrato da 500mila). Le telefonate di richiesta del servizio avvenivano attraverso cabine telefoniche e schede intestate a utenze svizzere fornite dalla stessa banca, che la finanza non ha avuto difficoltà a rintracciare lo stesso. Lo pseudo linguaggio in codice, non lascia spazio a troppi dubbi per gli inquirenti. “Avrei 30 noccioline (30mila euro)” si sente dire in una conversazione o “dovrei trasportare una cassa da 250 chili (250mila euro)”. Una volta capito che si tratta di banconote di piccolo taglio, la replica è che “i ragazzi potranno ritirarne solo 100mila”. In certi casi poi non basta nemmeno la macchina.
Roberto Perazzetti, direttore generale del Credito Privato Commerciale ai tempi dei fatti contestati parla al telefono con un collega della filiale di Roma dicendo che un cliente vuole aprire un “conto societario, però ci sono dei soldi a Ginevra… Possiamo andare noi a prenderli questi depositi? Contanti? Quanti sono? Tre testoni? E cazzo devo prendere la Securitas per quelle cifre lì. Lo sai che in Svizzera non fregano un c…o, ma non mi fido. Poi me li danno? Mi deve dare una procura. Mi deve dare qualcosa? Bisogna vedere. Prendo un furgone, prendo due guardie giurate prendo un funzionario può parlare de visu che è meglio. La società la prepariamo ma non la apriamo”.
Sempre Perazzetti commenta al telefono con Dacci, allora amministratore delegato del Banco di Desio e della Brianza un articolo del Sole 24 Ore sui Paesi da inserire nella black list della scarsa trasparenza bancaria. D: “Allora contento che sta andando sulla black list?” P: “Sono contentissimo io. Lo dico da sempre, almeno ci mettessero nella black list. Il popolo svizzero si incazza e decisamente tutte le rogatorie vengono respinte una dietro l’altra e quindi possiamo fare quello che vogliamo… Signor Dacci, a mali estremi, estremi rimedi! Tanto io continuerò a fare i soldi… non ci avremo più la rottura di maroni di magistrati bigoli che danno l’assistenza per cose inesistenti così anziché avere 1,4 miliardi di raccolta ne avremo 3,5!”. Risate. Ma non sempre la movimentazione del denaro avveniva in contanti. Anzi, per ridurre al minimo il rischio di furti o controlli era stato inventato un sistema di «compensazione».
Il denaro infatti solo di rado varcava materialmente la frontiera. Chi voleva trasferire le somme le consegnava personalmente al funzionario di banca che, a sua volta, le metteva a disposizione di altri clienti bisognosi di denaro liquido da spendere in Italia. Qualche giorno dopo, le operazioni venivano registrate presso la banca estera, a credito e a debito a seconda dei casi e per i contanti movimentati. Altro servizio offerto dalla banca era il cambio, in totale anonimato, di valuta estera e la messa a disposizione, presso le filiali italiane del gruppo, di cassette di sicurezza, dove i clienti potevano parcheggiare le mazzette di contanti, senza il rischio di segnalazioni, prima che fossero raccolti dallo spallone di turno e trasferiti in Svizzera.
Per i più sofisticati si potevano costituire società di cartolarizzazione o società fantasma in paradisi fiscali, attraverso fiduciarie in Svizzera e in Lussemburgo, che venivano utilizzate per l’emissione di fatture false relative a finte consulenze allo scopo di trasferire all’estero il denaro. Perché tutto si può dire agli italiani, ma non che manchino di creatività.