Lo cercava da giorni. Giorni nei quali gli sherpa dalemiani sono andati a bussare alla porta di Palazzo Vecchio per chiedere un incontro “istituzionale” con il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Perché «se c’è una cosa che Massimo non desidera – spiega in Transatlantico un fedelissimo dell’ex Presidente del Consiglio – è proprio la fine del Partito democratico». Il leader maximo, «la testa pensante di Largo del Nazareno», è stato a lungo in silenzio, ha lasciato che Pier Luigi andasse a sbattere contro il muro grillino «per ben due volte».
Poi ha deciso: «Ritorno in campo per salvare il Pd», avrebbe mormorato ai suoi. Del resto il rischio scissione non era più una mera notizia riportata dai retroscena giornalistici. Da giorni i segnali che arrivavano da Largo del Nazareno, sede nazionale del Pd, erano piuttosto chiari. Dario Franceschini, ex capogruppo Pd alla Camera, intervenendo ad “Otto e mezzo”, non escludeva più nulla: «Sì, per la prima volta sono preoccupato per il rischio scissione nel Pd, sarebbe un dramma non per il Pd ma per il Paese». Dalle colonne de La Stampa Rosi Bindi tuonava: «A me sembra che il partito si stia allontanando dalla sua ispirazione originaria. Il congresso è di fatto aperto, e ci sono troppe spinte per la ricostruzione del partito della sinistra italiana… Non è la via del Pd. Ma non mi convince nemmeno una spinta disinvolta allo spirito del tempo». I giovani turchi, ultimo prodotto della cosiddetta «scuola dalemiana», scalpitavano: «Diamoci tutti una calmata». Come dire, anche Bersani sta esagerando.
Ecco perché Massimo ha voluto “fortemente” incontrare il sindaco di Firenze. Proprio quel Matteo Renzi che durante la campagna elettorale per le primarie del centrosinistra rappresentava «l’irrompere del qualunquismo populista nel nostro campo, il rischio di una vera mutazione, e l’intromissione di un rampantismo senza radici e senza principi». Da fine politico qual è, D’Alema «si è pentito di quelle parole», racconta un dalemiano della prima ora. Ha subìto l’ascesa del giovane sindaco di Firenze, e non ha chiesto alcuna deroga per entrare nuovamente Parlamento.
E oggi per salvare la «ditta» si è recato da lui, il sindaco di Firenze. Un incontro durato cinquanta minuti, ufficialmente «istituzionale», nel quale i due big del Pd hanno sorseggiato un caffè e discusso delle sorti del Pd e del prossimo inquilino del Quirinale. D’Alema ha fatto da “pontiere” per chetare gli animi. O, come dice un democristiano della prima ora nei corridoi di Montecitorio, «per salvare il Pd e per ammorbidire la linea di Bersani». Perché «Matteo è una personalità importante di questo partito», spiega l’ex presidente del Consiglio a conclusione dell’incontro. Ed è stato «un errore» escluderlo come grande elettore per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Un «errore» che ha ferito Renzi, ed acuito la distanza fra l’ala renziana e l’inner circle del segretario Bersani, il cosiddetto “tortellino magico”. Ma D’Alema, come racconta un renziano fiorentino, ha rilanciato portando sul tavolo di Palazzo Vecchio una promessa: «Sarai tu il prossimo candidato premier».
Ed è questa «promessa» che fa rientrare il pericolo «scissione» al Nazareno. Tant’è che il sindaco di Firenze, intervenendo al tgLa7, ha detto: «Io non accetterò mai l’idea che siccome qualcuno non mi vuole, me ne vado io». A Matteo non piacciono «i partiti personali». D’altronde «in questo Paese ci sono già troppi partiti. Per me ce ne dovrebbero essere solo due: uno di centrodestra, e uno di centrosinistra». Ma adesso il problema è un altro, e riguarda il segretario: «Deve scegliere: o con Berlusconi o elezioni». Chiaro.
E ciò dipenderà da cosa succederà per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. In queste ore a Montecitorio starebbe prendendo forma proprio la candidatura di Massimo D’Alema. «Questa volta potrebbe toccare a lui», sussurra alla buvette un berlusconiano di ferro. D’Alema, probabilmente per scaramanzia, si sfila: «Io non sono candidato a nulla, non ci sono candidati». Ma un fedelissimo dell’ex Presidente del Consiglio confida a Linkiesta: «Tutte i nomi che circolano sono in campo. Nessuno escluso».
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