Napoli brucia tra scandali, rabbia sociale, immobilismo della classe dirigente e malgoverno. La rivoluzione arancione del sindaco “masaniello”, Luigi de Magistris, si sta rivelando una bolla pericolosa e inconcludente. Troppe le aspettative sollevate e miseramente tradite. L’altro giorno ne abbiamo dato conto in un lungo reportage. Eppure non contento del disastro decennale che si perpetua e che non è per nulla riuscito a ridurre, anzi, ieri sera l’ex magistrato ha twittato un messaggio che sa di sudamerica d’antan, più adatto ad un capopopolo che ad un sindaco di una grande città italiana. Testuale: «Le città sono in ginocchio senza fondi, il paese è senza guida e governo, il conflitto sociale sta esplodendo, noi ci schieriamo con la lotta…». Domanda: può un primo cittadino, una figura istituzionale importante, usare questo linguaggio minaccioso e limaccioso? Può un sindaco aizzare la lotta e il conflitto sociale? Lo ripetiamo da qualche settimana: le parole sono pietre e chi le usa dovrebbe sempre ponderarne effetti e significato. Tanto più se vengono da un personaggio che in questi due anni, a detta di moltissimi napoletani, ha fatto pochissimo per alleviare quel disagio che oggi denuncia con fare bolivarista…
15 Aprile 2013