Il Cav pronto al voto, ma spera in un’intesa sul Colle

Dieci giorni per il lavoro dei saggi, 10 giorni per il via alla successione di Napolitano

Il leader Pd Pier Luigi Bersani rifiuta l’ipotesi del voto anticipato e rilancia il governo di cambiamento. Il segretario Pdl Angelino Alfano insiste sulla necessità di un esecutivo di larghe intese minacciando il ritorno alle urne. Si procede così, un veto dopo l’altro.

Da centrodestra e centrosinistra continuano a giungere proposte inconciliabili, le stesse che hanno bloccato la nascita di un nuovo governo. E al centro del dibattito politico torna l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. La decisione del capo dello Stato di confermare l’esecutivo Monti e convocare due gruppi di lavoro per individuare possibili riforme condivise riporta il Colle al centro della scena. Posticipato il confronto sul nuovo governo, l’elezione del presidente della Repubblica diventa il primo appuntamento nel calendario istituzionale. Si comincia il 15 aprile, quando le Camere convocate in seduta comune inizieranno a votare il futuro inquilino del Quirinale.

La nomina del presidente riaccende lo scontro tra centrodestra e centrosinistra. Tra i berlusconiani il timore, neppure troppo nascosto, è che il Partito democratico possa eleggere al Quirinale un proprio candidato. L’ennesimo presidente “di sinistra” ostile a Berlusconi, come lamentano nel Pdl. I numeri non sarebbero d’ostacolo. Nelle prime tre votazioni, per eleggere il capo dello Stato serviranno i due terzi dei votanti. Dalla quarta votazione, sarà sufficiente la maggioranza assoluta dell’assemblea. Pd e Sel sono vicini. Per raggiungere la cifra necessaria basterebbe il voto di una manciata di parlamentari a Cinque Stelle. Per Berlusconi torna l’incubo Romano Prodi. Al Colle potrebbe salire l’ex premier, l’unico ad aver sconfitto due volte il Cavaliere. Un’elezione che servirebbe al segretario democrat – così alcune indiscrezioni giornalistiche che hanno mandato nel panico diversi pidiellini – anche per fermare qualsiasi ipotesi di larghe intese.

Nel Pdl si guarda con preoccupazione quello che succede nel campo avverso. Stamattina era in programma Montecitorio un incontro dei gruppi parlamentari berlusconiani per fare il punto della situazione. Vertice saltato all’ultimo. Il Cavaliere è rimasto a Villa San Martino, ad Arcore, dove nel pomeriggio ha incontrato il dirigenti del partito: segretario, capigruppo, coordinatori. Al centro del confronto c’è l’avvio dei lavori nelle commissioni di saggi volute da Napolitano. Un’iniziativa guardata con preoccupazione e malcelati propositi di boicottaggio. Il Cavaliere, in particolare, teme che i gruppi di lavoro siano un pretesto per allontanare la possibilità di un voto anticipato. E privare così il Pdl dell’unica arma a disposizione. Durante il vertice si ipotizza persino di fissare una deadline al lavoro delle commissioni, progetto poi scartato.

Il nervosismo è evidente. Certo, Berlusconi continua a sperare in un accordo con il Pd sul Quirinale, ma il timore che Bersani giochi da solo la partita è forte. Non c’è solo il nome di Prodi. Un’intesa tra democrat e M5S potrebbe favorire la salita al Colle di Gustavo Zagrebelsy (anche se tra gli esponenti grillini sembra in crescita il nome del fondatore di Emergency Gino Strada). Per tutta la giornata si avvicendano dichiarazioni allarmate. E se per Maurizio Gasparri, già capogruppo Pdl al Senato, «sarebbe un atteggiamento irresponsabile del Pd fare il pieno delle cariche con un solo terzo dei voti», l’ex ministro Altero Matteoli denuncia senza troppi giri di parole il rischio di «rotture politiche traumatiche pericolosissime per la tenuta stessa della democrazia». Si continua a insistere sulle larghe intese. I dirigenti Pdl sbandierano la propria disponibilità a partecipare a un governo aperto alle principali forze politiche. Continui i riferimenti all’elettorato berlusconiano, quei dieci milioni di italiani ignorati dal Partito democratico. Numerosi parlamentari diffondono comunicati minacciando il voto anticipato. 

Il segretario Pd Pier Luigi Bersani tiene il punto. Nessuna possibilità di un governo con il Pdl, anche se assicura che il Pd non forzerà la mano sul nome del prossimo presidente della Repubblica. «Prendeteci in parola – spiega nel pomeriggio in una conferenza stampa a Largo del Nazareno – Noi siamo ligi alla Costituzione che ci chiama a lavorare onestamente per una soluzione di larga o larghissima convergenza parlamentare e fino a prova contraria lavoriamo così». L’intesa con il Cavaliere? «Inaccettabile la proposta del Pdl di trattare sul Quirinale». Anche se «sono pronto a vedere Berlusconi – ammette Bersani – ma in un luogo istituzionale, né ad Arcore né a Palazzo Grazioli».

Una risposta che ad Arcore viene guardata con attenzione. Ma evidentemente non è ancora sufficiente. Pochi minuti dopo la conferenza stampa il segretario Pdl Alfano torna ad alzare il livello dello scontro. «Ho ascoltato Bersani con doverosa attenzione, anche con la viva speranza di sentire una parola nuova, un cenno di buonsenso. Invece devo dire, con grande rammarico, ho ascoltato le stesse parole ostinate, chiuse, fuori dalla realtà dei numeri del Parlamento, che ripete da 36 giorni». 

Mentre i berlusconiani accusano il Pd di voler occupare le cariche istituzionali, da Largo del Nazareno si denuncia il tentativo di un baratto inaccettabile. E all’elezione del prossimo presidente della Repubblica ormai mancano meno di due settimane. 

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