Ci mancavano le proposte indecenti del Movimento Cinque Stelle. A complicare le trattative che il segretario Pd Pierluigi Bersani sta conducendo in vista dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica adesso arrivano anche i suggerimenti di Beppe Grillo. Sono passate poche ore dalla pubblicazione dei risultati delle “Quirinarie” del M5S e il blogger genovese lancia l’esca. In un videomessaggio rivolto al segretario democrat propone di far convergere i voti del centrosinistra sulla giornalista Milena Gabanelli, la candidata al Colle più votata dai militanti pentastellati. «Ci pensi Bersani, potrebbe essere l’inizio di una, chissà, collaborazione».
È una polpetta avvelenata o l’inizio di un nuovo percorso politico? Nel Partito democratico si apre il dibattito. Per ora l’obiettivo, spiegano alcuni dirigenti democrat, resta un’intesa con il centrodestra. Ecco perché in pole position rimane il nome di Giuliano Amato. Eppure le aperture dei grillini non cadono nel vuoto. Dopotutto il primo a ipotizzare un dialogo con il M5S è stato proprio il segretario (sostenuto all’unanimità dalla direzione del partito). Nelle strategie studiate a Largo del Nazareno subito dopo le elezioni, il governo di centrosinistra sarebbe dovuto nascere proprio grazie all’accordo con il MoVimento. Ma dopo tutte le porte in faccia ci si può ancora fidare di Grillo?
A Montecitorio sono molti gli scettici. «Grillo non sosterrà un nostro esecutivo neppure se eleggiamo lui al Quirinale» spiega qualcuno. «Non vuole trovare alcun accordo, altrimenti lo avrebbe già fatto. Aveva la possibilità di condizionare pesantemente il governo. Ha preferito evitare qualsiasi contatto con noi». La risposta ufficiale del partito è la stessa. La posizione del Pd non cambia: per eleggere il presidente della Repubblica è necessario trovare un accordo con tutte le forze politiche, Pdl compreso. «Lavoreremo fino all’ultimo per una soluzione largamente condivisa, così come richiede la nostra Costituzione» conferma l’esponente della segreteria Davide Zoggia. Eppure la suggestione di un accordo con Grillo prende piede.
Qualche deputato accoglie con soddisfazione la proposta del blogger genovese. La richiesta di votare Milena Gabanelli viene interpretata con ottimismo. È la discesa dall’Aventino del Movimento Cinque Stelle, la richiesta di un dialogo con il Pd. Paradossalmente, per avviare un confronto non è neppure necessario convergere sulla giornalista Rai. A stuzzicare l’interesse di molti democrat è il terzo classificato alle “Quirinarie”, Stefano Rodotà. Ecco il nome che piace a molti. La vera esca.
Tanti riconoscimenti alla Gabanelli, ma quasi tutti i parlamentari del Pd sono convinti che la sua inesperienza istituzionale sia un ostacolo insuperabile per la nomina al Colle. Diverso lo spessore di Rodotà. Stimato, autorevole, ex garante della privacy. «Forse un po’ troppo tranquillo e posato per un settennato che si preannuncia molto difficile» spiega qualcuno. Eppure, nonostante inevitabili distinguo, il nome piace. E rischia di mettere in seria difficoltà i gruppi parlamentari democrat. Non è un mistero: Rodotà è molto vicino al Partito democratico – ex parlamentare della sinistra indipendente, vicepresidente della Camera, già presidente del Pds – e alla sua base. Una volta arrivati alla quarta votazione, saltato ogni possibile accordo con il centrodestra, per il Pd sarebbe difficile spiegare ai propri militanti una simile bocciatura. Un nome che avrebbe anche l’indubbio merito di cementare l’alleanza con Sinistra Ecologia e Libertà.
Per entrare in gioco, però, l’ex garante della privacy deve attendere il rifiuto dei primi due classificati alle “Quirinarie”. Gabanelli e Gino Strada (in realtà il medico di Emergency ha già fatto sapere di non essere interessato al Colle). «Ma quello che succederà dalla quarta votazione in poi non lo sappiamo neanche noi» ammette una deputata del M5S. Insomma, pur di eleggere un presidente vicino al MoVimento si potrebbe cambiare in corsa e puntare proprio su Rodotà (l’altro nome che gira è il quarto classificato, il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky). «Questo lo decideremo tutti insieme, in assemblea. Come sempre»
E chissà che alla fine il nome di Rodotà non possa rassicurare anche il Cavaliere. Il Pdl non è disposto a votare l’ex garante della privacy. Eppure se le trattative con il Partito democratico dovessero interrompersi, di fronte al rischio di vedere salire al Colle Romano Prodi, anche l’indicazione di Rodotà potrebbe essere ben vista. Silvio Berlusconi vuole evitare in tutti i modi l’elezione del Professore al Quirinale. Del resto quella di Prodi resta ancora la candidatura principale in caso di mancato accordo tra Bersani e il Cavaliere (difficile eguagliare il suo profilo internazionale). In fin dei conti Rodotà potrebbe rappresentare il male minore.
Domani sera si saprà qualcosa di più. Mentre è ancora in forse un nuovo vertice tra il segretario Pd e Berlusconi, nel pomeriggio Bersani incontrerà i gruppi parlamentari democrat per annunciare le prime indicazioni di voto. Nulla di definitivo. «Se salta l’intesa con il Pdl, il nome del successore di Napolitano sarà deciso all’ultimo» racconta qualcuno. Chissà che il prossimo presidente della Repubblica non sia scelto in extremis, magari la notte di giovedì, prima della terza e quarta votazione.