M5s: “Costa 2 milioni al giorno, andiamo via da Kabul”

Di Battista, "ministro" degli esteri grillino, spiega le ragioni della mozione stellata

«Parliamo di contenuti, non di gossip, siamo parlamentari, mica vip». Alessandro Di Battista è uno dei volti noti del Movimento 5 stelle alla Camera. Laurea al Dams e master in tutela internazionale dei diritti umani, è l’uomo di punta dei grillini per la politica estera, tra i più stimati dallo Staff milanese. Ha fatto il cooperante in Guatemala e Congo, scritto un libro sui fenomeni delinquenziali latinoamericani e lavorato in Kosovo, Bosnia e Serbia.

Negli ultimi giorni, insieme ai colleghi del gruppo esteri, ha presentato una mozione per il ritiro dei militari italiani dall’Afghanistan. «Un’iniziativa politica che chiarisce la posizione del Movimento su tutte le guerre», ma anche un’occasione per testare il dialogo concreto con alcune forze del centrosinistra, Sel in testa. Di Battista individua le tappe della politica estera a cinque stelle. D’altronde, spiega il deputato, «siamo un fenomeno mondiale raccontato in tutti i paesi e io ho ricevuto due inviti a parlare del Movimento 5 Stelle nelle università spagnole».

Cosa aggiunge la vostra mozione al ritiro delle truppe, che era già previsto per il 2014?
La mozione spiega politicamente la posizione del Movimento: riguarda l’Afghanistan ma è come se l’avessimo scritta per ogni altra sporca guerra. Ritirare le truppe anche un mese prima significa salvare vite e risparmiare soldi, dato che il conflitto ci costa 2 milioni di euro al giorno. Poi vogliamo che ci venga comunicata un’exit strategy degna del suo nome. Al momento nessuno la sa. D’altronde è una guerra persa, i talebani controllano gran parte del territorio e ormai gli americani trattano con loro, ma non ce lo dicono. La stampa si sofferma sul nodo della mia cravatta o sulla Lombardi che perde il portafoglio e non chiede al governo la strategia di uscita dall’Afghanistan.

Ok il ritiro delle truppe, ma avete idee per la fase di transizione?
Ci stiamo ragionando, lavoreremo per un piano di cooperazione da presentare al Governo. Non diciamo “via e basta”, ma abbiamo delle nostre proposte per uscire dall’Afghanistan nel miglior modo possibile e garantire diritti, pace e una vita degna alla popolazione martoriata da dodici anni di guerra vergognosa.

La vostra mozione ha seguito varie tappe: prima la commissione esteri, poi un passaggio in assemblea, dunque il forum interno e di nuovo l’assemblea. Infine la versione ufficiale. Non le pare un meccanismo farraginoso?
Assolutamente no. Basta guardare i tempi: siamo in Parlamento da tre settimane e abbiamo già presentato la mozione. Per di più il passaggio in assemblea è durato poco, giusto il tempo di leggere la mozione. Poi l’abbiamo messa sul forum così che chiunque abbia competenze possa proporre una modifica. Dopodiché noi otto della Commissione esteri abbiamo letto i suggerimenti, li abbiamo selezionati e aggregati alla mozione.

In che modo la base partecipa alle iniziative parlamentari?
Quindici giorni fa ho chiesto agli attivisti materiale sul tema Afghanistan da condividere coi miei colleghi, un vero e proprio lavoro di ricerca. Ho ricevuto 400 mail con articoli, reportage e dossier, oltre a quattro libri arrivati alla mia casella di posta presso la Camera. Con i colleghi degli esteri ci siamo divisi il lavoro, abbiamo studiato e approfondito tutto il materiale ricevuto per poi scrivere la mozione.

Avete iniziative in serbo anche per gli altri fronti in cui l’Italia è impegnata?
Ci stiamo occupando della crisi coreana e di Mali. Su quest’ultimo paese nessuno sa perché, pur non essendo noi in guerra, diamo supporto logistico ai bombardieri francesi. Non sappiamo neppure se Al Qaeda sia veramente presente e le sue eventuali connessioni coi Tuareg o il colpo di stato del presidente Traorè. Ci stiamo informando per poi valutare mozioni, interrogazioni, interpellanze. Nonostante sia tutto fermo per colpa dei partiti, il M5s è al lavoro coi suoi gruppi tematici. Siamo pagati per questo.

Sulle questioni militari avete il placet di Sinistra Ecologia e Libertà. Ci sono margini per iniziative condivise?
Ci chiediamo come Sel possa stare ancora col Pd! Da parte nostra siamo disposti a parlare con tutti. Nei giorni scorsi abbiamo partecipato ad un convegno organizzato dal deputato Marcon di Sel sul tema degli F-35 e c’è piena sintonia sul fatto che questo programma debba essere abbandonato quanto prima. Vediamo se le altre forze politiche passeranno dalle parole ai fatti. Noi abbiamo dimostrato che siamo liberi di farlo, non avendo inciuci, né connivenze massoniche, mafiose o legami coi gruppi di potere. Noi siamo liberi, ma il Partito Democratico lo è?

Lei ha avuto anche un incontro ravvicinato con Vendola.
Sì, mi ha detto che su questi temi è d’accordo con noi e non abbiamo bisogno di convincerlo. Io allora gli ho risposto: “Cerca di convincere i tuoi alleati”, ma a quel punto se n’è andato.

Insomma, non avete paura di dialogare?
Certo che no. Se il Pdl volesse abolire il finanziamento pubblico ai partiti, andremmo a dialogarci senza problemi. Ma la fiducia è un’altra cosa: non possiamo fidarci di questa gentaglia che ci ha messo in condizioni di crisi totale.

Sull’apertura delle commissioni, Civati e Madia vi hanno proposto un «intergruppo per il cambiamento».
Con Civati ci parleremo in settimana e mi spiegherà cosa intende, dopodiché porterò l’argomento in assemblea, perché io non prendo nessuna decisione ma da noi comanda l’assemblea. A lui, alla Madia e alle persone più esterne all’apparato, chiediamo di tirare fuori gli artigli e farsi sentire nelle loro sedi. Non devono convincere noi ad aprire le commissioni, lo diciamo dal primo giorno! Evidentemente hanno capito che abbiamo ragione.

La politica estera può essere il banco di prova per un dialogo con il centrosinistra?
Non ne ho idea. Nessuno del Pd ci ha detto nulla rispetto alla mozione di ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Siamo disponibili a dialogare con tutti, ribadendo però che la fiducia se la possono dimenticare.

Sul caso Marò lei ha fatto un discorso in Aula lodato e citato da molti. Ma ora, che fare?
Il governo non ci ha ancora risposto e continueremo a pretendere quello che abbiamo già chiesto, utilizzando altre armi parlamentari nei prossimi giorni. Non finisce tutto col bel discorso, proseguiamo a chiedere ciò che è diritto che il popolo sappia.

L’ambasciatore americano vi ha espresso attestati di stima e una vostra delegazione è stata ricevuta in ambasciata. Qual è la posizione del M5s nei confronti degli Usa?
Non ero all’ambasciata, non so se l’ambasciatore ci stimi. Comunque non abbiamo pregiudiziali nei confronti di nessuno, tantomeno verso gli Stati Uniti. Certo, siamo per una politica di disarmo totale, per cui anche la presenza eccessiva di basi sul nostro territorio, come il Dal Molin, non piace al Movimento.

@MarcoFattorini 

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