Ricordate The Master, il film di Paul Thomas Anderson, Leone d’Argento per la regia al Festival di Venezia e Coppa Volpi per i due protagonisti, Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman? Anderson non ha mai nascosto che la genesi dell’opera è ispirata a Scientology e al suo fondatore, L. Ron Hubbard.
Le storie che seguono non sono ambientate nell’America degli anni Cinquanta e i protagonisti non sono veterani di guerra, traumatizzati dal fronte. Eppure Scientology c’entra, eccome. Si parla di due medie aziende italiane attive nella nautica e nelle calzature, società rinomate e apprezzate, che esportano in tutto il mondo, oltre al proprio marchio, l’identità e l’immagine di una nazione. Imprese, probabilmente non sono le uniche, che spesso adottano strategie singolari, orientate secondo i dettami della “chiesa”.
Di Scientology si è detto e si è scritto molto, negli ultimi anni. Tonnellate di inchiostro e quantità industriali di click, dedicati soprattutto all’influenza sullo star system hollywoodiano – un personaggio su tutti, Tom Cruise – e alle battaglie per mettere fuori legge l’organizzazione, accusata di plagiare le menti e di truffare le persone. Poco si sa, però, sull’impatto che la “chiesa” può avere sulla gestione quotidiana di una normale impresa lavorativa.
La setta è nata nel 1953 per diffondere le credenze e le pratiche spirituali hubbardiane, espresse nel saggio Dianetics. La scienza moderna della salute mentale, uscito nel 1950. Nel 1957, poi, lo stesso Hubbard pubblicò un volume, The Problems of work, in cui elencava una serie di regole e di tecniche che chiunque avrebbe potuto applicare per migliorare il proprio rendimento in un settore che rappresenta «il settanta per cento dell’esistenza». Per i seguaci di Scientology questo testo rappresenta una sorta di Bibbia in ambito lavorativo.
Non sorprende che alcune imprese italiane, i cui titolari sono adepti della “chiesa”, abbiano deciso di seguirne i dettami nell’elaborare le proprie strategie aziendali. Roberto, ex addetto alle vendite, racconta l’impatto della filosofia di Hubbard sull’organizzazione del lavoro: «Ad ogni dipendente veniva assegnata una statistica settimanale di produttività. Nel mio caso si trattava delle vendite effettuate, per i magazzinieri l’ammontare di merce spedita in una settimana, per l’addetto marketing il numero di cataloghi spediti o le telefonate fatte ai clienti».
Questa statistica rappresentava la base per stabilire una strategia d’azione. Spiega ancora Roberto: «Ogni settimana veniva controllato questo andamento statistico, in modo da definire una “condizione” per ogni reparto o lavoratore. Ad esempio, si poteva trattare della condizione Affluence o della condizione Danger. A partire da questa considerazione venivano adottate tutte le soluzioni definite da Scientology. In caso di Affluence, bisognava pagare tutti i debiti e non modificare la struttura operativa. Qualora la condizione fosse stata quella di Danger, il titolare o il manager avrebbero dovuto bypassare i sottoposti ed occuparsi di persona della soluzione dei problemi».
Ma l’influenza non c’è unicamente sulle strategie. Alcuni impiegati lamentano pressioni sui luoghi di lavoro, al limite del mobbing. La diffusione, in tutta l’azienda, di volumi ed enciclopedie di Scientology, fatti leggere e studiare ai dipendenti. L’imposizione di test attitudinali, i cui risultati vengono poi inviati all’Hubbard college of administration di Modena, per una loro valutazione. Più in generale, il tentativo, a volte sottile, a volte esplicito e diretto, di coinvolgere i dipendenti nelle attività della setta.
Ricorda Guido, addetto al marketing in un’impresa esportatrice: «Mi è stato recapitato il saggio di Hubbard, The problems of work. Credevo fosse un dono ed ho accettato. Dopo due settimane il titolare, con un atteggiamento piuttosto aggressivo, mi ha chiesto cinquanta euro per quel libro. Se avessi acconsentito, e se avessi compilato il test allegato, i miei dati sarebbero finiti a Scientology, sarei entrato nel loro database e quindi bersagliato di telefonate e mail per procedere nei corsi. Un mio collega è arrivato a fare addirittura delle saune purificatrici. Quando gli hanno chiesto 1500 euro per acquistare l’enciclopedia della setta si è tirato fuori. Volete sapere la conseguenza? È stato allontanato dall’azienda nel giro di pochi mesi».
Uno degli obiettivi dei seguaci di Scientology, come per ogni movimento religioso, è quello di trovare ulteriori adepti. Per questo sul luogo di lavoro il rapporto tra titolare e dipendente può diventare uno strumento di pressione. Alcuni testimoni parlano della presenza in azienda di consulenti affiliati alla setta, provenienti dall’accademia modenese o appartenenti a una nota agenzia di comunicazione del Nord Italia, legata a doppio filo alla Chiesa.
Un ripetuto tentativo di influenzare i cuori e le menti, che si spinge persino sotto l’albero di Natale. Dove alcuni dipendenti – sempre della stessa impresa commerciale – trovarono un libro curato dagli scientologist, dal titolo programmatico: La via della felicità.
@vannuccidavide