Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è stato chiaro. «Un elemento di concreta certezza nell’attuale situazione del nostro paese è rappresentato dalla operatività del governo tuttora in carica». Mentre i partiti si affrontano a colpi di veti reciproci rendendo impossibile la formazione di un nuovo esecutivo, il capo dello Stato conferma la presenza di quello ancora insediato a Palazzo Chigi. Dilaniato da scontri interni – non ultime le dimissioni del ministro degli Esteri Giulio Terzi – il governo Monti resta al suo posto. «Benché dimissionario – ha chiarito il presidente della Repubblica – e peraltro non sfiduciato dal Parlamento».
Il governo del Professore ha il compito di gestire gli affari correnti. Ma anche di rassicurare i mercati: per il Colle la presenza del l’ex commissario Ue dimostra che l’Italia non è un paese allo sbando. Costituzione alla mano, resta un dubbio. Data la difficoltà nell’individuare un nuovo esecutivo – probabilmente se ne occuperà il nuovo presidente della Repubblica – non sarebbe il caso di rinviare Monti alle Camere? L’articolo 94 della Carta è piuttosto esplicito. «Il governo deve avere la fiducia delle Camere». Ma al momento l’esecutivo ne è sprovvisto. L’ultimo voto di fiducia risale al vecchio Parlamento. Politicamente parlando, un secolo fa.
Senza considerare il risultato delle ultime elezioni. Un voto che ha chiaramente delegittimato l’esperienza del governo tecnico guidato da Mario Monti. Eppure negli ordini del giorno di Camera e Senato non c’è traccia di votazioni. I presidenti dei due rami del Parlamento sembrano essersi dimenticati di calendarizzare il fondamentale passaggio istituzionale.
La vicenda non è così semplice. Ecco l’ennesimo paradosso di una situazione drammatica e inedita allo stesso tempo. Difficile individuare analoghe esperienze del passato a cui ispirarsi. «Questo stallo – racconta Fulco Lanchester, professore ordinario di diritto costituzionale italiano e comparato all’Università La Sapienza – rappresenta una situazione nuova. Inutile andare a cercare altri precedenti, non ce ne sono». Su una cosa i costituzionalisti sono tutti d’accordo. Come ha chiarito Napolitano, il governo Monti resta in carica. «Non c’è dubbio – spiega Augusto Barbera già parlamentare e ordinario di diritto costituzionale all’Università di Bologna – l’esecutivo resta in carica per l’ordinaria amministrazione, cioè tutto ciò che è necessario e non rinviabile». Lanchester conferma: «Quello di Monti è un governo in carica per il disbrigo degli affari correnti. Ma non si può dire che sia un governo a pieno titolo». Per quello dovrebbe prima ottenere la fiducia delle Camere.
La stessa dichiarazione di Napolitano lascia qualche dubbio. Sabato scorso il presidente della Repubblica ha confermato l’operatività del governo, sottolineando il fatto che non è stato «sfiduciato dal Parlamento». In realtà quando a dicembre il Pdl ha deciso di togliere il proprio sostegno all’esecutivo ha, di fatto, sfiduciato l’esecutivo Monti. Altrimenti perché il Quirinale avrebbe firmato il decreto di scioglimento delle Camere? «Ci troviamo di fronte a una situazione particolare – prosegue Lanchester – A questo punto o il governo si presenta alle nuove Camere o se ne forma uno nuovo». Insomma, il nuovo Parlamento deve votare la fiducia al governo Monti?
«È una situazione fuori dall’ordinario – conferma Barbera – che va affrontata quanto prima con la formazione di un nuovo governo». Peccato che al momento non sia possibile individuare una maggioranza in Parlamento. E la nascita di un altro esecutivo resta lontana.