Due gruppi di lavoro per superare la fase di stallo. Dieci saggi per concentrare l’attenzione della politica sui problemi del Paese. E magari per aiutare il prossimo presidente della Repubblica a trovare un’intesa tra i partiti e dare vita a un governo di scopo. Il capo dello Stato Giorgio Napolitano ci ha provato. Per quanto irrituale, la soluzione individuata dal Colle sembrava poter funzionare. Ma a pochi giorni da quell’intuizione, l’obiettivo appare più lontano.
Salvo qualche eccezione, i partiti non sembrano voler seguire il percorso individuato da Napolitano. Non fino in fondo, almeno. C’è chi ha paura di una trappola, chi teme di essere estromesso dal confronto e chi sospetta l’ennesimo tentativo di inciucio. Ma anche chi, molto più semplicemente, considera il progetto come una perdita di tempo.
Nel Pdl la sfiducia è chiara. «Questi saggi non mi convincono perché la storia insegna che le commissioni vengono fatte quando non si vogliono risolvere i problemi» spiegava nel pomeriggio la responsabile organizzazione del Pdl Daniela Santanchè. Tra i berlusconiani sono in tanti a chiedere di limitare – almeno nel tempo – il lavoro delle commissioni. Per non parlare dei tentativi, veri o presunti, di boicottare il progetto. Saggi o non saggi, il Popolo della Libertà punta subito a un governo di larghe intese. In assenza di un accordo, l’unica soluzione resta un rapido ritorno alle urne.
Altrettanto netta la chiusura del Movimento Cinque Stelle. Mentre, almeno ufficialmente, la posizione del Partito democratico è più possibilista. Non per questo meno dubbiosa. «Non abbiamo obiezioni a questo lavoro – ha spiegato Pier Luigi Bersani in conferenza stampa – Non credo che sarà un lavoro inutile». Eppure il segretario è convinto che i temi all’attenzione dei due gruppi di lavoro debbano essere affidati alla politica. In ogni caso il tentativo del Colle non può prescindere dalla doppia prospettiva del governo di cambiamento e della convenzione delle riforme che Bersani immagina. Ecco il punto: se i dieci saggi dovevano aprire la strada a un governo di larghe intese, l’obiettivo può dirsi già mancato. «La corresponsabilità è necessaria» ha chiarito Bersani. Ma il governissimo «sarebbe una risposta sbagliata».
Intanto stamattina il presidente della Repubblica ha dato il via ai lavori dei due gruppi. Non senza scusarsi – dopo le polemiche degli ultimi giorni – per il mancato coinvolgimento di personalità femminili. E proprio il capo dello Stato ha dovuto porre dei chiari limiti temporali alle commissioni. Per formulare ipotesi di riforme – un gruppo si occupa di temi istituzionali, l’altro di materie economico-sociali – i saggi avranno poco tempo. Otto, dieci giorni al massimo, ha spiegato Napolitano. Non è l’unico paletto: al centro delle riflessioni dei gruppi di lavoro non ci sarà «nulla che possa interferire né nell’attività del Parlamento, anche in questa fase in cui lavora nei limiti noti, né nelle decisioni che spettano alle forze politiche».
Alla fine della prossima settimana i dieci esperti saranno convocati al Quirinale per riferire al presidente. L’obiettivo è quello di individuare non più di sei obiettivi su cui il Parlamento potrebbe iniziare a lavorare. Punti programmatici comuni. La riforma delle legge elettorale, quasi sicuramente. Ma anche i temi degli esodati, del fisco e del finanziamento della cassa integrazione. Intanto, oltre allo scetticismo dei partiti, sulle due commissioni rischia di calare il silenzio. Come ha raccontato in serata il capogruppo di Scelta Civica al Senato Mario Mauro, uno dei dieci saggi: «In questa fase di lavoro abbiamo garantito al capo dello Stato il massimo riserbo».