Sono le prime ore del pomeriggio quando a Montecitorio si scatena la caccia al “nome coperto”. Giornalisti, parlamentari, portaborse. Dagli affollati divanetti del Transatlantico ai capannelli nel cortile del Palazzo si cerca di indovinare il prossimo presidente della Repubblica. Qualcuno è già in grado di descrivere con precisione il curriculum del futuro capo dello Stato, l’outsider proposto in extremis da Pier Luigi Bersani a Silvio Berlusconi. «È l’asso nella manica del segretario». I soliti bene informati – raramente al corrente delle trattative in corso – smentiscono categorici. «Ma quali novità, la rosa dei papabili è sempre la stessa» Giuliano Amato, Massimo D’Alema, Franco Marini. La confusione è totale. Salvo poi spuntare nel tardo pomeriggio un’altra coppia di potenziali presidenti: Stefano Rodotà e l’ex Dc Sergio Mattarella.
La giornata che precede l’elezione del presidente è scandita dagli appuntamenti cancellati all’ultimo. Una lunga sequela di buche. I vertici di partito vengono convocati e sconvocati con disarmante frequenza. L’ufficio di presidenza del Pdl viene spostato per ben tre volte – dalle 11 alle 15.30 – prima di essere rimandato a data da destinarsi. Da ieri si rincorrono le voci su un incontro tra le delegazioni di Pd e Movimento Cinque Stelle che forse non è mai stato neppure all’ordine del giorno. I parlamentari democrat si aggirano per la Camera attendendo l’ora di cena. Alle 20 è stato fissato un vertice al Teatro Capranica per ricevere delucidazioni direttamente dal segretario Bersani. Ovviamente non è confermato neppure questo appuntamento. Anzi pure questo incontro all’ultimo viene cancellato. O almeno dovrebbe.
Intanto Montecitorio si riempie. Dalla sala fumatori alla buvette si affollano parlamentari e ed ex deputati. Si cominciano a riconoscere i primi “grandi elettori” selezionati nelle Regioni e spediti a Roma per votare l’inquilino del Colle. Con loro decine di giornalisti. L’élite della professione: per le sale di Montecitorio è facile individuare alcuni dei volti più noti di tv e carta stampata. Tutti informatissimi, ovviamente. Alla frenesia della transizione istituzionale si accompagna il trambusto della ressa. Era da qualche giorno che alla Camera non si vedeva tanta gente. E il bello è che oggi l’Aula è chiusa.
Gli assistenti parlamentari non nascondono la preoccupazione. Quando domani inizieranno le votazioni l’affluenza è destinata a crescere. Oltre ai mille parlamentari e ai grandi elettori sono attesi circa 400 tra operatori e giornalisti. «Ci saranno almeno duemila persone» racconta sorridendo un commesso. Intanto la giornata prosegue tra veti e controveti. I partiti si avvicinano, poi si allontanano improvvisamente. Accordi e rotture si susseguono a ritmi forsennati. I nomi dei candidati girano, si diffondono, si fanno insistenti. Quando ormai sono dati per certi si sgonfiano. «No, quello ormai è fuori dai giochi».
Si studiano sospettosi i franchi tiratori che domani potrebbero impallinare i candidati selezionati dai leader di partito. L’elezione del presidente della Repubblica è anche una lotta tra correnti. Ecco perché nel pomeriggio i renziani, presenti alla Camera in gran numero, decidono di incontrarsi per fare il punto. Le trattative per il Colle vanno avanti senza pausa. Trattano Berlusconi e Bersani, tanto che a ora di pranzo si diffonde incontrollata la voce di un incontro segreto. Trattano i dirigenti passeggiando sotto braccio nella più riservata galleria dei presidenti. Trattano tutti. Anche i parlamentari appena eletti, che degli accordi sul Quirinale finora hanno letto solo sui giornali.
I tecnici continuano a lavorare per l’allestimento di domani. Nel cortile vengono sistemati gli stand che serviranno per le dirette televisive. Tra i curiosi che chiacchierano lì vicino improvvise si diffondono le indiscrezioni. Pd e Pdl sono vicinissimi all’accordo. Anzi, hanno già trovato il nome. Ecco perché gli incontri ufficiali sono stati cancellati: non si vuole far trapelare l’identità del prescelto. Alle notizie seguono le smentite. «Nessuna intesa, siamo ancora in alto mare». Mentre Nichi Vendola apre all’intesa con Beppe Grillo, con scarso tempismo esplode lo scontro all’interno di Scelta Civica. Trenta deputati montiani avrebbero scritto una lettera all’ex premier per denunciare le manovre dei colleghi Udc.
Nel frattempo i giornalisti – e non solo loro – ripassano le regole del voto. Si comincia domani con i primi due scrutini. Si andrà avanti a oltranza fino all’elezione del presidente della Repubblica, sabato e domenica compresi. «Quante preferenze servono per essere eletto?». In sala stampa si apre il dibattito. «E dalla quarta votazione quanti voti bastano?». In Transatlantico ci si confronta ossessivamente sui nomi in lizza. Marini, Amato. «D’Alema è ancora in campo?». Anche chi sembra fuori gioco prova a giocarsi le ultime carte. In mattinata il comitato Bonino Presidente ha lasciato una lettera nella casella di posta di tutti i parlamentari. Si cerca di convincere in extremis un numero sufficiente di elettori. La lista dei papabili presidenti della Repubblica si allunga e si accorcia un minuto dopo l’altro. La vincitrice delle Quirinarie Milena Gabanelli ringrazia e annuncia di voler continuare a fare la giornalista?Improvvisamente torna d’attualità la conferma di Giorgio Napolitano. «Questa sarà una lunga giornata» racconta un deputato. È una delle poche certezze.