Come due giovani amanti, in passato hanno flirtato. Ma l’amore non è mai sbocciato. E oggi, si tengono a debita distanza, evitando di parlarsi, di incrociarsi anche solo fortuitamente sullo stesso marciapiede. Per chi ancora non se ne fosse accorto, la Guerra Fredda su internet è già cominciata: protagonisti sono, manco a dirlo, Facebook e Twitter, i due social network che stanno erigendo alti muri digitali con lo scopo deliberato di ostacolarsi a vicenda, cercando – paradossalmente – di favorire l’incomunicabilità reciproca.
C’era una volta la pace nel mondo social, quello spirito hippie per cui tutto era di tutti, o quasi. A quel tempo, un contenuto poteva scivolare senza attrito tra una piattaforma e l’altra (il vero frictionless sharing, per usare un concetto caro a Zuckerberg), mentre ponti ampi e rapidi connettevano tra loro le varie “isole” del web. Erano tempi in cui Biz Stone, fondatore di Twitter, ne elogiava l’ecosistema aperto, elevandolo a una delle caratteristiche imprescindibili del social network: anzi, “la più importante di tutte”. Poi sono arrivati i soldi, e tutto è cambiato.
Se dovessimo trovare una data d’inizio alla social war, potremmo concordare sul 9 aprile 2012, giorno in cui Facebook, staccando un assegno record da 1 miliardo di dollari, si assicurava le prestazioni di una piccola società di photo-sharing – Instagram – e dei suoi tredici dipendenti. Per tutta risposta Twitter, che per gli scatti di Instagram rappresentava l’approdo naturale, nel tentativo di limitare l’effetto del colpo grosso di Zuckerberg disattivò una funzione che permetteva agli utenti di Instagram di “importare” i propri follower all’interno dell’applicazione. La contromossa non tardò ad arrivare: nel giro di poche settimane, Facebook decise di impedire che la visualizzazione delle foto di Instagram sulle bacheche Twitter, ignorando il malcontento di milioni di utenti.
Nel frattempo, tutti i social network hanno deciso di limitare la disponibilità e l’apertura delle Application programming interface (API), imbrigliando il più possibile l’azione degli sviluppatori esterni, con Twitter, Google+ e Pinterest in prima fila. E più di recente, dopo il lancio di Vine – l’applicazione Twitter che permette di realizzare brevi clip video simili a delle gif animate – Zuckerberg ha deciso di bloccare la possibilità, per gli utenti, di trovare i propri amici attraverso i contatti Facebook. Tante piccole scaramucce, insomma, che hanno contribuito ad alimentare un clima teso, e che hanno coinvolto a catena anche altri attori dell’ecosistema: Linkedin e Google, entrambi “vittime” della censura preventiva di Twitter.
La domanda è: perché sta accadendo tutto questo? Ovviamente, la ragione principale è economica. Più un social network riesce a trattenere gli utenti al suo interno, impedendogli una facile utilizzazione delle piattaforme rivali, più protegge il suo traffico, fondamentale in un ecosistema vorace che si sostenta sempre di più attraverso i ricavi ottenuti dalla pubblicità. È per questa stessa ragione che lo scorso quattro marzo Tweetdeck, popolare servizio Twitter che permettere di gestire contemporaneamente diversi account, ha affermato di voler sospendere l’integrazione con Facebook.
La nuova frammentazione sociale del web sta causando diversi disagi non solo agli utenti, oggi più che mai l’ultima ruota del carro, ma anche alle compagnie, costrette non solo ad elaborare strategie diverse per piattaforme diverse, ma anche a fare i conti con un sistema che impedisce la piena e totale diffusione virale dei contenuti. E il prossimo futuro sembra tutt’altro che roseo: piano piano, la guerra dei social potrebbe diventare sempre più “violenta” e confusa, con l’ingresso di nuovi attori sul campo di battaglia. Al punto che, secondo i più ironici, gli utenti, stufi delle web-scaramucce dei colossi, riscopriranno il vecchio Friendster.