C’è una partita che sta logorando il governo guidato da Enrico Letta: quella per la nomina del Capo della Polizia. Sono due mesi che a reggere il dipartimento di Pubblica sicurezza è il vicecapo vicario ed ex questore di Milano Alessandro Marangoni «che lavora a tempo pieno» come disse l’ex-ministro Cancellieri. Il 24 febbraio (il giorno delle elezioni politiche) Antonio Manganelli, guida della Polizia da cinque anni e mezzo, fu ricoverato d’urgenza a causa di un edema celebrale. Morirà il 20 marzo 2013.
L’allora ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri si trovò alle prese con il problema della successione. Ma sono gli stessi giorni in cui il governo Monti è alla fine della sua parabola. Infatti l’8 aprile l’ex commissario prefettizio di Bologna dichiara: «C’è una questione di rispetto perché mi sembra giusto lasciare la scelta al nuovo governo che verrà. Se poi le cose dovessero protrarsi si faranno delle scelte. Penso che il capo della polizia deve essere un uomo di fiducia del presidente del Consiglio in carica». Dopo 20 giorni il governo Letta giura da Napolitano al Quirinale. Un mese più tardi, a fine maggio, i tempi sembrano essere maturi perché il governo delle larghe intese dia il via libera al successore di Manganelli.
Consuetudine vuole che sia il titolare del Viminale a indicare il Capo della Polizia. Infatti Angelino Alfano, ministro dell’Interno e vice premier, fin dai primi giorni di attività del governo avrebbe spinto per la nomina di Giuseppe Pecoraro, prefetto di Roma vicino al Popolo della Libertà. Su Pecoraro si sarebbe speso in prima persona anche Silvio Berlusconi. Ma sul nome del prefetto di Roma sarebbe arrivato il niet del Partito democratico e dei centristi di Scelta civica. Secondo un parlamentare del Pd, prima vicino a D’Alema e oggi a Veltroni, Pecoraro «non sarebbe all’altezza». Per altri deputati democratici la candidatura del prefetto di Roma sarebbe arrivata «ancora prima della morte di Manganelli». Meglio sarebbe, almeno per una parte del Pd, Franco Gabrielli, attuale capo della Protezione civile. Un amico di vecchia data di Enrico Letta, con cui condivide l’esperienza fra i giovani democristiani. Oltretutto, nel 2006 Gabrielli, fu nominato da Romano Prodi al vertice del servizio segreto civile. Sul numero uno della Protezione civile si sarebbe consumato uno strappo tra il centrosinistra e il centrodestra. «È un amico di Enrico Letta: noi non ci stiamo», avrebbero fatto sapere da via dell’Umiltà, sede nazionale del Pdl.
Uno stallo che conferma la distanza fra le decisioni dell’esecutivo e il personale della polizia. Con i primi impegnati a spartirsi le nomine applicando il manuale Cencelli e i secondi preoccupati dell’operatività del corpo, in particolare della gestione dell’ordine pubblico. Esponenti dei sindacati di polizia sottolineano a Linkiesta l’urgenza della nomina «già nel giorno della scomparsa del dott. Manganelli» dice Daniele Tissone, segretario generale del Silp/Cgil. «Un’urgenza che dopo due mesi è ancora più stringente, anche in vista dell’avvio di una serie di riforme che riguardano la Polizia di Stato». Per Tissone è necessario discutere e dare esecuzione alla nomina «già dal prossimo Consiglio dei Ministri in programma, perché questo stato di cose non fa bene a nessuno».
Nicola Tanzi, segretario generale del Sindacato Autonomo di Polizia, dice a Linkiesta «i partiti stanno giocando con la sicurezza dei cittadini. Lasciano la Polizia in un clima di incertezza istituzionale che certo non è di aiuto». Sulla stessa linea anche il segretario generale del sindacato di Polizia Coisp Franco Maccari, che individua in questa «non nomina» una situazione di «paralisi interna e di scarso coordinamento interno: basti pensare» aggiunge Maccari «che al momento dal governo manca addirittura una delega alla sicurezza».
Sui papabili i delegati sindacali non vogliono sbilanciarsi, soprattutto «per non bruciare sul nascere anche un nome gradito». Tuttavia nelle ultime ore, anche nelle stanze dei sindacati di polizia prende forma con una certa insistenza il nome di Alessandro Pansa, prefetto che fu anche poliziotto dal 1975. Un nome che sembra essere gradito proprio in virtù di questa doppia veste: un «peso istituzionale importante» confida a Linkiesta un addetto ai lavori «e membro del corpo, che conosce a fondo la Polizia di Stato». Ma il nome di Pansa, che da alcuni è dato come favorito, avrebbe un solo handicap: la vicinanza con il presidente della Commissione Giustizia, Nitto Francesco Palma del Popolo della Libertà.
Chi si espone di più, rispetto ai suoi colleghi sindacalisti, è Valter Mazzetti, segretario generale Ugl Polizia: «Se da un punto di vista formale» spiega Mazzetti raggiunto telefonicamente da Linkiesta «al momento un capo della Polizia di Stato non c’è, bisogna dire che da un punto di vista sostanziale, l’attuale vicecapo vicario Marangoni sta svolgendo egregiamente il suo compito. Oltretutto si è dimostrato fino a ora disponibile al confronto. Per noi sarebbe un nome ideale». Non è da scartare secondo Mazzetti, anche l’ingresso di un outsider nella corsa alla poltrona di capo della polizia. Ad esempio potrebbe trattarsi di «una donna», dicono dal Viminale. Ma fra i nomi più gettonati al momento sembrano essere quelli del prefetto Alessandro Pansa, dell’attuale vicecapo vicario Marangoni e infine quello di Giuseppe Caruso, attuale Direttore dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
Il 31 maggio, ore 11:00, dal consiglio dei ministri potrebbe arrivare il nome giusto. «Tra poche ore avremo il nuovo Capo della Polizia», annuncia il vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno Angelino Alfano. Una dichiarazione già sentita.