Il Cavaliere e quel sogno proibito del voto anticipato

L’ultima parola spetta ancora al Quirinale

Un Cavaliere rinunciatario, e chi se l’aspettava? Gli italiani erano abituati al protagonismo di Silvio Berlusconi. Sempre in televisione, sempre all’attacco, in campagna elettorale permanente. Invece da qualche tempo devono assistere all’immagine del leader Pdl che si morde la lingua. Costretto a sfogarsi con i suoi dirigenti di partito nelle riunioni di Palazzo Grazioli, lontano da telecamere e taccuini. Obbligato – forse per la parola data al presidente Napolitano – al ruolo di leale alleato di governo. Senza mai alzare troppo la voce, per non mettere in pericolo i delicati equilibri della fragile maggioranza.

Eppure se il Cavaliere decidesse di rovesciare il tavolo avrebbe solo da guadagnarci. Così almeno sembra da una prima analisi. Facendo cadere il governo Letta con un buon pretesto, Silvio Berlusconi si troverebbe davanti un’autostrada verso Palazzo Chigi. Basta solo un po’ di cinismo.

I sondaggi sono chiari. Nelle intenzioni di voto degli italiani il Pdl è largamente in testa. Il Partito democratico non sembra ancora essersi ripreso dal KO delle elezioni di febbraio. Il Movimento Cinque Stelle è sicuramente più in forma, ma al momento anche i grillini sono lontani dai numeri pidiellini. Con un voto anticipato, magari in ottobre, il Cavaliere prenderebbe tutti in contropiede. Il Pd, ancora in attesa di celebrare il congresso. E anche Matteo Renzi, il suo probabile avversario. Per candidarsi, il sindaco di Firenze dovrebbe attendere la celebrazione di nuove primarie. Non è così facile: lo Statuto del partito deve essere ancora modificato.

Tornare al voto in tempi rapidi avrebbe un altro indubbio vantaggio. La legge elettorale. Con pochi mesi a disposizione il Parlamento non avrebbe il tempo di modificare il Porcellum (con buona pace del paracadute immaginato dal premier Enrico Letta). Sondaggi alla mano, il Popolo della libertà conquisterebbe senza troppi problemi lo spropositato premio di maggioranza. Per evitare di correre rischi sembra che il Cavaliere abbia già siglato un patto elettorale con i centristi di Mario Monti. Fagocitando Scelta Civica in una nuova alleanza di centrodestra. Non è tutto. La fine anticipata della legislatura avrebbe un altro vantaggio. L’automatica scomparsa del dibattito parlamentare sull’ineleggibilità di Berlusconi.

Invece il Cavaliere sembra aver scelto il basso profilo. Ufficialmente spera ancora nella nascita di una nuova stagione di pacificazione politica. Più probabilmente teme di esasperare lo scontro con la magistratura. E così ha deciso di disertare le piazze. Dopo il discusso comizio di Brescia il leader Pdl non incontrerà più i suoi fan (fa eccezione l’incontro a Roma con Alemanno di questo pomeriggio). Niente bagni di folla, né comparsate televisive. Domani andrà in vacanza per qualche giorno a Sochi, in Russia, dall’amico Putin. Ieri l’ultima grana giudiziaria sembra averlo ulteriormente turbato. La pubblicazione delle motivazioni del mancato spostamento a Brescia dei suoi processi e della condanna in Appello per il procedimento Mediaset hanno lasciato il segno. Dopo essersi sfogato con i suoi, sembra che il Cavaliere abbia confermato la linea: per ora meglio non alzare troppo lo scontro con i giudici.

Ma perché? Berlusconi potrebbe mandare tutti al diavolo, sparigliare, rompere le alleanze. In campagna elettorale i processi e le condanne non scoraggiano certo i suoi simpatizzanti. Servirebbe solo trovare un pretesto per archiviare l’esperienza delle larghe intese. Non è un problema. Non lo è stato nemmeno al momento di mandare a casa il governo Monti. E invece chi lo conosce racconta di un Cavaliere avvilito dalle vicende giudiziarie. Deciso a confermare la lealtà e il suo sostegno al governo Letta. Un occhio preoccupato al Quirinale.

Già, perché il vero legame che vincola Berlusconi all’esecutivo risiede proprio al Colle. Il leader Pdl deve essersi fatto due conti. Chi gli garantisce che una volta tolta la fiducia al governo, Giorgio Napolitano non si dimetta? Questa volta Partito democratico e Movimento Cinque Stelle potrebbero trovare un accordo ed eleggere un presidente della Repubblica “di parte”. Uno alla Rodotà. Ancora peggio: chi assicura al Cavaliere che il capo dello Stato decida di sciogliere le Camere? Caduto il governo Letta, a Palazzo Chigi potrebbe insediarsi un nuovo esecutivo, stavolta con il sostegno di democrat e grillini. Ipotesi difficile, se non impossibile. Ma vale la pena rischiare? Forse è meglio tenere bassi i toni. 

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