Il destino del governo di Enrico Letta è appeso a 19 parlamentari grillini. Altro che Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze critica incessantemente l’esecutivo, pungola il premier. Ma il vero pericolo viene da un’altra parte. È sufficiente che una piccola pattuglia di senatori pentastellati lasci il gruppo e inizi a dialogare con il Pd. Gli equilibri parlamentari sarebbero rivoluzionati d’un colpo. Il centrosinistra si troverebbe la maggioranza sia alla Camera che a Palazzo Madama. L’archiviazione del governo di larghe intese potrebbe essere solo la logica conseguenza dei nuovi rapporti di forza.
Del resto all’interno dei gruppi parlamentari grillini la parola scissione non è più un tabù. I dissidi all’interno del Movimento hanno raggiunto i livelli di guardia. Il fronte dei dubbiosi cresce. Non è un caso se gli esponenti più vicini alla linea di Beppe Grillo abbiamo apertamente avviato la caccia alle «spie». Ieri gli ultimi attacchi dal blog dell’ex comico alla figura di Stefano Rodotà hanno finito per aumentare il disagio di molti parlamentari.
Non occorre scomodare “L’Italia migliore”, il nuovo partito fondato da Antonio Venturino, vicepresidente dell’Assemblea regionale siciliana epurato dal M5S. Per i senatori a Cinque Stelle più in difficoltà il passo da compiere sarebbe molto più breve. Fino al gruppo misto, assieme ai sette parlamentari di Sel.
Sinistra, Ecologia e Libertà. Ecco l’interlocutore privilegiato che potrebbe spingere qualche grillino a tentare la nuova avventura. Dopotutto le iniziative tra i due gruppi parlamentari sono frequenti. I contatti non si sono mai interrotti. Solo ieri a Montecitorio gli esponenti di Sel e M5S hanno presentato una mozione per sospendere il programma dei cacciabombardieri F35 (con la presenza di alcuni deputati Pd). A Palazzo Madama, chissà, il fronte potrebbe saldarsi attorno alla mozione di ineleggibilità di Silvio Berlusconi.
E così basta che un terzo dei senatori a Cinque Stelle si iscriva al misto per rivoluzionare gli equilibri del Parlamento. Diciannove su cinquantatré. I numeri sono evidenti. Per avere la maggioranza a Palazzo Madama servono 160 senatori. Al momento il Pd ne ha 108. Un totale di 115, contando i sette esponenti di Sel parcheggiati nel gruppo misto. Farebbero ovviamente parte della nuova maggioranza di centrosinistra il grillino epurato Marino Mastrangeli e i socialisti Enrico Buemi (appena entrato in sostituzione di Ignazio Marino), Riccardo Nencini e Fausto Longo. Mettiamo anche il senatore a vita Emilio Colombo. Siamo a 120. A cui vanno aggiunti i 21 senatori di Scelta Civica. Con la nascita di un nuovo governo di centrosinistra, i montiani avrebbero la grande opportunità di tornare al centro della scena politica. Certo, nelle scorse settimane ci sono stati numerosi contatti con il Popolo della libertà. Ma è difficile che i centristi possano rifiutare una simile occasione.
I conti tornano. Ai 141 esponenti di centrosinistra basta l’apporto di 19 senatori grillini per ottenere la maggioranza assoluta al Senato. A Montecitorio – grazie al premio del Porcellum – Pd e Sel controllano già l’Aula. A quel punto cosa succederebbe? Per i pontieri democrat che stanno lavorando al dialogo con i grillini, il nuovo asse sarebbe solo un pungolo alle larghe intese. Costringendo Silvio Berlusconi e i suoi a non tirare troppo la corda, di fatto le nuove maggioranze parallele finirebbero per blindare l’esecutivo Letta. Non sfugge un’altra conseguenza. Liquidate le larghe intese, Il Pd potrebbe dar vita a un esecutivo di centrosinistra con il sostegno dei pentastellati. Il sogno di Bersani che diventa realtà (seppure con sei mesi di ritardo). Con tanti saluti al premier Enrico Letta e agli esponenti democrat presenti al governo.