Il 21 maggio 2013 è uscita anche in Italia la biografia, edita da Einaudi, di David Foster Wallace (Ithaca, 21 febbraio 1962 – Claremont, 12 settembre 2008) firmata da D.T Max Ogni storia d’amore è una storia di fantasmi. Da molti anni un sito italiano, Archivio David Foster Wallace Italia si occupa di raccogliere e diffondere materiali relativi allo scrittore americano. Chi cura l’archivio ha intervistato l’autore della biografia di Wallace; l’intervista è in forma integrale sul sito. Ne riportiamo un estratto.
Ricorda la prima volta che ha sentito parlare di David Foster Wallace? Quali furono le sue prime impressioni?
Ho saputo di David molto tempo fa. Avevo una ventina d’anni ed ero a New York come editor, quando Gerry Howard, l’editor di DFW, mi ha mandato una copia de La Scopa del Sistema, sperando in una mia recensione. Ce l’ho ancora quel libro, un po’ ingiallito e invecchiato, ma a cui tengo molto.Abbiamo fatto un sondaggio tra i fan italiani, ma vorremmo chiederlo anche a lei: quale libro di David raccomanderebbe come introduzione a qualcuno che non lo abbia mai letto prima?
Credo sia meglio iniziare con Una Cosa Divertente… [la versione originale combina Una cosa divertente che on farò mai più e Tennis, TV, Trigonometria e Tornado] Il tono speciale di DFW è già presente, ma il libro è sicuramente più facile da leggere rispetto alla narrativa…
Il libro è un’espansione del suo ottimo articolo sul New Yorker nel 2009: Ci chiediamo come (e se) il suo approccio al lavoro di DFW come lettore sia cambiato a seguito delle sue ricerche nella sua biografia. Più in generale, ci dovremmo aspettare che il nostro modo di leggere i suoi libri cambi dopo aver saputo così tanto sulla loro origine?
Più cose ho imparato sulla vita di David maggior è il rispetto che nutro nei suoi confronti come scrittore, ancora più estasiato e innamorato. Mi sono spesso meravigliato della maniera formidabile in cui riusciva a trasformare in fiction le cose che vedeva attorno a sé. Dico sempre che una biografia riesce a dirti tutto quello che vuoi sapere tranne l’unica cosa che davvero vuoi sapere: in cosa consista il genio. Di fronte a questo, come forse Freud potrebbe aver detto, il biografo deve arrendersi.Parlando del titolo che ha scelto per il suo libro: sappiamo che è una frase usata almeno due volte da Wallace (in Tri-stan… e ne Il Re Pallido). Cosa significa per lei? E per David?
Per David, chi può dirlo. Lo scrive alla fine di una lettera ad uno dei suoi insegnanti nel corso di master, quando ancora era poco più che ventenne. E poi riappare diverse volte. E’ chiaro che gli piaceva molto la frase. In un pezzo sul New Yorker ripercorro le origini della frase in un racconto inedito di Christina Stead, una storia che David di sicuro non poteva aver visto. Quindi non so.
Per me riassume gli sforzi del biografo, che troppo spesso sta lì ad inseguire un fantasma, metaforicamente e letteralmente. Quando penso a DFW e alla sua speranza che la scrittura potesse liberarlo dai suoi demoni, be’ che cos’è se non un’altra storia d’amore che finisce con un fantasma?Nella sua recensione del 2004 della biografia di Borges [presente nella raccolta Both Flesh and Not, di prossima uscita anche in italiano], DFW discute le difficoltà di un biografo che cerca di creare un qualcosa di interesse letterario con una storia che potrebbe essere non necessariamente interessante. Sostiene che la vita di Kafka o Dostoevsky meritino una biografia, ma non quella di Borges. Per questo ci chiediamo: perché la vita di David è una storia interessante da raccontare?
In maniera intuitiva credo di essere d’accordo con David nella sua distinzione: c’è uno scarto tra la vita e la narrativa che nel caso di Borges non si può colmare. DFW mi sembra un caso quasi opposto: la biografia chiarisce tanti punti della sua narrativa, le preoccupazioni della vita e del lavoro si accavallano molto profondamente che sembra quasi che DFW sia il perfetto esempio di autore “da biografia”. C’è poco di ciò che sperimenta nella sua narrativa che non abbia già sperimentato nella sua vita.
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