Disillusi, lontani dalla politica e per nulla fiduciosi nel ruolo delle amministrazioni locali. Sempre più italiani disertano le urne. Eravamo un Paese fortemente politicizzato, la morte delle grandi ideologie e gli scandali del Palazzo ci stanno togliendo la voglia di andare a votare. Le amministrative che si chiudono oggi non fanno eccezione. Ovunque si è registrato un forte calo dell’affluenza. Dai dati del Viminale la percentuale dei votanti si è fermata al 62%, 15 punti in meno della scorsa tornata, che salgono a più di 20 nella Capitale, dove ha votato praticamente un romano su due. Intanto i principali sondaggisti hanno iniziato a interrogarsi sul crescente astensionismo. Un elemento condizionato da molte variabili, non ultima la nascita del governo di larghe intese. Un dato destinato a crescere nel tempo.
«Oggi c’è una conferma di quanto già visto alle scorse Politiche – spiega il vicepresidente Swg Maurizio Pessato – E ancora di più alle recenti regionali del Friuli Venezia Giulia, dove si è recato alle urne solo il 50 per cento degli elettori». Nell’analisi del fenomeno non si può prescindere dalla crescente disaffezione verso la classe dirigente. «L’antipolitica influisce, certo» spiega Antonio Noto, direttore Ipr Marketing. Pessato è d’accordo: «Siamo ancora in una fase di piena disaffezione e non credibilità della politica». Alle motivazioni di chi disertava le urne per ragioni di sfiducia generale, si sono aggiunte quelle di chi si dichiara lontano da qualsiasi partito. «Parliamo degli elettori – racconta Nicola Piepoli, presidente dell’omonimo istituto – che non vanno a votare perché sono “contro tutti”. Sono quelli che hanno cessato di essere grillini e sono passati nelle fila dell’astensionismo».
Molto hanno influito le recenti Politiche. La tornata elettorale di febbraio sembra essere riuscita a scoraggiare anche i votanti più motivati. «Il risultato delle urne ha deluso tutti gli elettorati», analizza Pessato. «I simpatizzanti del Movimento Cinque Stelle che si aspettavano un forte cambiamento, ovviamente gli elettori del centrosinistra. Ma anche molti militanti di centrodestra, che ora soffrono la grande coalizione». Non è tutto. «Dai radicali all’Italia dei Valori, ci sono almeno sei partiti che sono quasi scomparsi dalla scena», ricorda il vicepresidente Swg. È probabile che stavolta gli elettori più fedeli di questi movimenti siano rimasti a casa. «Gli elettori sfiduciati dal governo delle larghe intese? Mi sembra un’ipotesi altamente attendibile» chiarisce Piepoli.
Alle dinamiche più generali si aggiungono aspetti specifici. Stavolta il calo dei votanti era in parte fisiologico. «Negli ultimi tempi – racconta Antonio Noto – è cambiato l’immaginario popolare nei confronti delle amministrazioni locali». L’epoca dei grandi sindaci è definitivamente tramontata. «Negli anni della crisi economica tutti i sindaci continuano a ripetere che non hanno i soldi. Non gli arrivano dal governo. Lo dicono tutti, dal primo cittadino del grande centro a quello di paese». È così agli occhi degli italiani il ruolo delle amministrazioni locali ha iniziato a perdere importanza. «Non è più ritenuto influente per quanto riguarda la qualità della propria vita» spiega ancora Noto.
Difficile tracciare il profilo di chi ha iniziato a disertare le urne. «L’astensione colpisce in maniera trasversale» dice Noto. Certo, ci sono alcuni elementi ricorrenti. «Chi vota di più sono gli elettori tra i 40 e 60 anni. Molto meno i giovani. I nostri sondaggi hanno confermato questo dato anche nelle elezioni di questi giorni». Maurizio Pessato entra nei dettagli. Ci sono alcune tipologie di elettori tradizionalmente meno propense a votare. «Specie al Sud, tra i più giovani e i più anziani. Ma anche tra i meno informati e chi vive nelle aree più isolate. A queste categorie stavolta si è aggiunta una fascia del tutto trasversale».
L’italiano medio sta perdendo interesse nella politica. «Cresce il numero delle persone indifferenti al risultato elettorale» sintetizza Pessato. «È in aumento la quota di italiani che non avendo grandi stimoli ideologici o valoriali non si reca più alle urne. Per loro va bene un governo o l’altro, senza troppe differenze». Una piccola ma costante erosione del corpo elettorale. Del resto già fotografata alle Politiche di febbraio. Non tutti ne sono preoccupati. «Io guardo al futuro con parziale ottimismo – spiega Piepoli – Dopotutto se diminuisce il numero dei votanti ci avviciniamo alle altre realtà europee. In Francia alle comunali va a votare il 50 per cento degli aventi diritto. Noi siamo su livelli anche più alti. Ci stiamo solo uniformando all’Europa».
Una dinamica inarrestabile, che porterà il numero degli elettori italiani a diminuire di anno in anno. A cambiare le cose potrebbe essere solo una nuova legge elettorale. «Un altro sistema di voto può invertire in parte questa tendenza – racconta Pessato – La legge elettorale influenza il voto, questo è dimostrato». Nessuna rivoluzione. Ma archiviare per sempre il Porcellum aiuterebbe quantomeno a «fermare l’erosione di voti».