Altro che larghe intese, quando si parla di Giustizia la maggioranza scricchiola. A Palazzo Chigi lo stanno imparando in questi giorni. Tra Pd e Pdl è in corso un confronto serrato, parallelo. Uno scontro neppure troppo sotterraneo, combattuto tra piazze e aule parlamentari. Botta e risposta. Provocazioni e minacce. Una sfida buona per tranquillizzare i rispettivi elettorati, dicono in tanti. Dopotutto nessuno sembra aver voglia di mettere a rischio il governo. Silvio Berlusconi, giurano i suoi, se romperà non lo farà certo sulla giustizia. Eppure è proprio questo il dossier che fa tremare i fragili equilibri dell’esecutivo.
L’ultimo fronte è l’ineleggibilità del Cavaliere. Da tempo il Movimento Cinque Stelle assicura di voler presentare nella Giunta delle elezioni e le immunità parlamentari del Senato una mozione ad hoc. Un documento che, in caso di approvazione, potrebbe allontanare Berlusconi dal Parlamento, riconoscendo una legge del 1957 e il suo ruolo di concessionario pubblico.
Nel Pd qualcuno ha iniziato ad accarezzare l’ipotesi. Forse è solo propaganda, ma tra gli otto componenti democrat della Giunta c’è chi strizza l’occhio all’iniziativa grillina. Nessuna allusione nascosta: una settimana fa lo stesso capogruppo Pd a Palazzo Madama Luigi Zanda ha pubblicamente dichiarato di essere a favore dell’ineleggibilità di Berlusconi (peraltro definito non meritevole di una nomina a senatore a vita). A Palazzo Chigi seguono la vicenda con preoccupazione. Alle 14 era in programma nella sede di Sant’Ivo alla Sapienza la prima riunione della Giunta. I ventitré componenti avrebbero dovuto eleggere il nuovo presidente dell’organismo. Una scelta forse decisiva per il futuro dell’esecutivo.
Nei giorni scorsi sembrava che Pd e Pdl avessero trovato un accordo di massima sulla nomina dell’unico esponente leghista, Raffaele Volpi. Ma in mattinata le intese saltano. Nel Partito democratico qualcuno preferisce dare la presidenza a Movimento Cinque Stelle o Sinistra Ecologia e Libertà (dopotutto il Carroccio non può essere considerato un partito di opposizione, dato che a Palazzo Madama si è astenuto al momento di votare la fiducia a Enrico Letta). Un’ipotesi vissuta con estrema preoccupazione dai berlusconiani.
A provocazione, minaccia. In caso di votazione dell’ineleggibilità del Cavaliere, il Pdl è pronto a far cadere il governo. Lo dicono in tanti, stamattina l’ha confermato il presidente della commissione Giustizia del Senato Nitto Palma. Ma il contrattacco pidiellino non si ferma alla Giunta per le immunità. Tanto per alimentare il fuoco delle polemiche, il Pdl continua a depositare in Parlamento discussi progetti di legge. Bandiere o provocazioni?
Una settimana fa, a pochi giorni dalla manifestazione di Brescia contro i magistrati, il Pdl ha presentato alla Camera un documento sulle intercettazioni che ricalca il progetto già depositato la scorsa legislatura. Stamattina, mentre infuriavano le polemiche per l’elezione del presidente nella Giunta del Senato, un altro disegno di legge. Il senatore Luigi Compagna deposita a Palazzo Madama una modifica al codice penale per alleggerire le pene in caso di concorso esterno in associazione mafiosa. Una norma che – sottolineano in molti a Palazzo – offrirebbe un inatteso aiuto processuale al berlusconiano Marcello Dell’Utri.
Lo scontro sulla giustizia aumenta. A gettare acqua sul fuoco è Renato Schifani. Poco fa il capogruppo Pdl al Senato ha assicurato che il ddl sul concorso esterno sarà ritirato. Intanto il Parlamento si blocca. Nel pomeriggio la conferenza dei capigruppo del Senato è costretta a sconvocare la Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari. A pochi minuti dall’avvio dei lavori, i presidenti dei gruppi sospendono la seduta, rimandando a data da destinarsi. Si prende tempo in attesa di trovare una nuova intesa tra Pd e Pdl. Il voto segreto mette a rischio la nomina di Volpi e la stabilità del governo. Trattative in corso: adesso la maggioranza ha una settimana di tempo per disinnescare la mina.