Due prove. Due fotografie nei giorni della fiducia a Camera e Senato che dimostrano come Lega Nord e Partito Democratico siano sempre di più interlocutori affiatati, nonostante gli attacchi insensati da parte dell’europarlamentare Mario Borghezio al ministro per l’Integrazione Cecile Kienge. La prima istantanea è di lunedì a Montecitorio. Appena terminato il discorso di Enrico Letta, il capogruppo del Carroccio Giancarlo Giorgetti si stringe intorno al piddino di Varese Daniele Marantelli per limare gli ultimi dettagli del suo discorso.
La seconda è di martedì a palazzo Madama. Ancora una volta, appena finito l’intervento di Letta, il senatore Roberto Calderoli scende dal suo scranno e gli si fa incontro. Gli passa un foglietto, dove ci sono scritti i ringraziamenti per il discorso appena terminato: il premier del Pd ha appena detto di aver ascoltato “l’apertura di credito che la Lega ha voluto dare, l’ho colta e con grande attenzione”. È in questo clima da “bastone e carota”, come lo definisce un leghista a Montecitorio, che si sta sviluppando in queste ore un asse ormai composito tra il Carroccio e il governo.
Del resto la Lega alza la voce, si astiene dal votare sì alla fiducia, chiede spiegazioni su come saranno fatte le riforme, ma allo stesso tempo parla, discute e ragiona sulle riforme. Il vero obiettivo in queste ore è la presidenza della commissione Affari Istituzionali. Sarebbe questo alla fine il vero obiettivo di Giorgetti, il saggio che vanta un ottimo rapporto con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Se la convenzione per le Riforme sarà composta dalle due commissioni agli affari costituzionali di Camera e Senato, la presidenza della prima potrebbe andare proprio alla mente economica del Carroccio. E in questa chiave, gli ammiccamenti degli ultimi giorni non fanno che presagire proprio un coinvolgimento dei leghisti nel dialogo per le riforme. La Lega, quindi, potrebbe tornare a breve costola della sinistra, a quasi vent’anni di distanza dall’abbraccio tra l’ex leader Umberto Bossi e Massimo D’Alema dopo la caduta del primo governo Berlusconi.
Fa certo pensare che proprio in questo momento, con il Senatùr e “baffino” fuori dai giochi, leghisti e democratici ritrovino il filo delle comunicazioni. Bossi durante la votazione non si è astenuto, ma ha votato no. Cosa che ha creato un piccolo giallo dentro la Lega, poi però subito rientrato. A quanto pare ci sarebbe stato un errore di comunicazione nel momento del voto. Del resto, Roberto Maroni resta un appiglio nel centrodestra per scongiurare Silvio Berlusconi dall’andare a votare. E questo Enrico Letta lo sa bene, soprattutto dopo che sono iniziati a circolare sondaggi che danno il Pdl insieme con Monti al 40%. Il Carroccio, quindi, che mantiene le alleanze con il Pdl in Lombardia, Veneto e Piemonte, diventa sempre più pontiere tra le parti tra il Cavaliere e i democratici.
C’è persino il deputato Alberto Pagani del Partito Democratico che si ritrova a condividere su Facebook l’attacco ai grillini da parte del leghista Gianluca Pini dopo l’attentato di Luigi Preiti : “I grillini strillano, lo interrompono” dice Pagani “e fanno buuuuuu, costringendolo ad interrompere il suo intervento. Si vede che hanno la coda di paglia, perché molto agitati”. Per dirla come un senatore della Lega: «Non siamo tanto noi a essere diventati costola della sinistra, quando la sinistra una nostra costola». Ma i contatti tra Maroni e Letta si continuano a intensificare. Su Expo 2015 per esempio, dopo la nomina a commissario unico di Giuseppe Sala. E sulle riforme è Flavio Tosi, sindaco di Verona, a puntualizzare.
«Spero che la Lega possa votare a favore di provvedimenti sensati. La nostra non sarà opposizione ’a prescindere’ come quella di M5S – assicura infine Tosi – che gioca al tanto peggio tanto meglio». E infine il capitolo Mario Borghezio. L’eurodeputato in questi giorni sta alzando i toni. Ha parlato con la Zanzara di Giuseppe Cruciani sparando a destra e manca sempre contro la Kyenge”, con frasi tipo “Bonga Bonga” o “negra”.
A intervenire per sedarlo è intervenuta una bossiana di ferro come Manuela Dal Lago: Borghezio la smetta e stia zitto. Sono assolutamente disgustata da queste affermazioni. Si può non essere d’accordo su provvedimenti come lo ius soli, ma questo deve rimanere nel rispetto della dialettica democratica. È difficile dimostrare tali ragionamenti quando la critica non è costruttiva, anzi distruttiva». E in via Bellerio, sede del Carroccio, inizia già a circolare una parolina: espulsione. «È la volta buona che lo cacciamo», dopo che già a Pontida provarono a non farlo entrare.
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